Piero Ostellino“Confesso di non riuscire a capire perché una donna di sinistra che «frequenta» molti uomini «attraversa un momento di oggettiva contraddizione nella battaglia per l’emancipazione femminile», mentre una che non è di sinistra e fa la stessa cosa è una poco di buono. Capisco, in compenso, perché la sinistra perde consensi. Perché il suo linguaggio, quando non è ridicolo, è fasullo; stravolge la realtà — il centrodestra «in declino», che ha vinto le elezioni — come faceva «la lingua di legno» comunista. Mi chiedo che senso ha domandare, non dico al capo del governo, ma a chiunque, se «ha frequentato e frequenta altre minorenni», ben sapendo che nessuno risponderebbe mai a una tale domanda, che sottintende un’accusa (Giuseppe D’Avanzo, la Repubblica, 26 giugno). Capisco, in compenso, perché la stampa che fiancheggia i post-comunisti ne impedisce l’evoluzione riformista. Giacobina, illiberale, influenza la parte reazionaria del Paese — che li vota — non offrendole altra prospettiva ideale che non sia la difesa dello statu quo mascherata da anti-berlusconismo. Il comunismo è stato una tragedia umana e un fenomeno sociale. Ha generato fior di assassini — Stalin, Mao, Castro, Pol Pot — e avviato la transizione della Russia e della Cina alla Modernità: i soviet più l’elettrificazione, secondo la definizione di Lenin del comunismo sovietico; il riscatto nazionale della Cina di Mao dalla condizione semi-coloniale in cui era caduta. Ha rappresentato una minaccia alla libertà e uno stimolo al riformismo delle società democratico-liberali e capitaliste. Anche il suo crollo è stato una tragedia. In Italia, il comunismo ha generato personalità politicamente non meno discutibili, anche se moralmente non altrettanto compromesse; ma sarebbe sbagliato negare che Gramsci, Togliatti, Berlinguer facciano parte della storia della nostra democrazia e ne abbiano influenzato, ancorché negativamente, la cultura politica e istituzionale. Da noi, però, la tragedia è diventata farsa. Che ha generato: 1) un ricco ceto sociale ostile al capitalismo, col quale si è arricchito, e alle libertà individuali, di cui gode, che si dice «di sinistra» (non sapendo perché); 2) un giornalismo della sinistra «militante» dove piccoli squadristi dell’estrema destra giustizialista e incolta esercitano la loro vocazione alla diffamazione e al linciaggio; 3) il capo di quella stessa destra, fatto eleggere, a suo tempo, dagli ex comunisti in un loro feudo e col quale chiedono oggi le dimissioni di due giudici costituzionali; uno per aver invitato (privatamente!) a cena il capo del governo, l’altro per avervi partecipato. Ridatemi Fortebraccio.




(articolo tratto dal quotidiano 'il Corriere della Sera' del 4 luglio 2009, pag. 43)
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