La storia raccontata dal giornalista
Gianluigi Nuzzi, inviato di
‘Panorama’ e autore di
‘Vaticano Spa’, il libro - inchiesta edito da
Chiarelettere, è totalmente inedita: racconta di truffaldine operazioni finanziarie mascherate da opere di carità e fondazioni di beneficenza inoppugnabilmente provate da quasi quattromila documenti riservati della Santa Sede, lettere, relazioni, bilanci e bonifici. Un vero e proprio paradiso ‘fiscale’ in Terra, che non risponde ad alcuna legislazione diversa da quella dello Stato Vaticano. Tutto, naturalmente, in nome di Dio.
“Rendete pubblici questi documenti, affinché tutti sappiano quanto è accaduto”: questa è stata la volontà di monsignor Renato Dardozzi, una delle figure più importanti dello Ior tra il 1974 e la fine degli anni ’90 del secolo scorso. Gianluigi Nuzzi, come è avvenuto l’accesso a questo immenso archivio, custodito in Svizzera e oggi accessibile a tutti?
“Un colpo di fortuna e un’occasione irripetibile: le persone più vicine a monsignor Dardozzi avevano ricevuto espresso incarico di diffondere l’archivio del monsignore dopo la sua morte. Così, hanno preso contatto con la redazione di ‘Panorama’ e il direttore, Maurizio Belpietro, per sottoporre alla nostra attenzione alcuni documenti. Mi sono subito accorto della rilevanza del materiale: è forse la prima volta nella storia della Santa Sede o quantomeno nella storia dello Ior, la banca del Papa, che diventano pubblici migliaia di atti di questo misterioso istituto di credito su affari poco chiari. Per lunghi mesi ho studiato carta per carta questo archivio, che ricostruisce quanto accaduto dopo Marcinkus nelle segrete stanze dei Sacri Palazzi. Ovvero, la storia dello ‘Ior parallelo’, un sistema di conti celato da fondazioni fittizie sul quale sono transitati in una manciata di anni circa 275 milioni di euro”.
Il protagonista assoluto del suo libro è, appunto, lo Ior, l’Istituto per le Opere di religione, la banca del Papa, il ‘forziere santo della Vaticano spa’, la cui esistenza è persino ammessa a fatica: ‘only business’ dietro certe fantomatiche fondazioni caritatevoli e di beneficenza come ‘Mamma de Bonis’ o ‘Jonas Foundation’?“Monsignor Donato de Bonis, per trent’anni segretario generale dello Ior e fedelissimo di Marcinkus, nel 1987 ereditò proprio dall’arcivescovo di Chicago le chiavi dello Ior. Così, costruì una ragnatela di conti: dieci, venti, trenta depositi intestati, appunto, a fondazioni fittizie indicate al solo scopo di proteggere clienti eccellenti. I nomi erano persino ‘cinici’, come ‘Fondazione lotta alla leucemia’ o ‘Fondazione per i bambini poveri’, o quasi blasfemi, come ‘Fondazione Madonna di Lourdes’. Nel mio libro, ‘Vaticano Spa’, racconto chi erano i titolari dei conti occulti, dove sono finiti i soldi e, soprattutto, perché venivano utilizzati tanti ‘schermi’ nella banca del Papa”.
Agli inizi degli anni ‘80, dopo il ‘crack’ del banchiere Michele Sindona, la mafia, la P2, il Banco Ambrosiano e la vicenda misteriosa di Calvi, gli inquirenti danno la caccia a un arcivescovo americano, Paul Casimir Marcinkus, celebre per le sue alchimie finanziarie, che entra, giovanissimo, nella ‘stanza dei bottoni’. Ma la magistratura sarà costretta a fermarsi di fronte a un provvidenziale articolo 11 dei Patti Lateranensi: immunità per tutti i dipendenti della Santa Sede, anche questo un dettaglio trascurato e taciuto. Il silenzio è una regola di vita del Vaticano?“Lo Ior e i suoi dipendenti sono protetti da una moltitudine di garanzie e immunità che hanno determinato il loro libero agire lontano da occhi indiscreti, sottoposti unicamente alla propria coscienza. Sono passati oltre 22 anni da quando, nell’inverno del 1987, i giudici di Milano chiesero l’arresto di Marcinkus e dei suoi più stretti collaboratori, vedendosi poi la decisione bocciata dalla Cassazione. Ebbene, in questi 22 anni non è cambiato nulla. All’epoca, Marcinkus evitò l’arresto, perché l’articolo 11 dei Patti Lateranensi concede una sorta di immunità ai dipendenti di enti centrali del Vaticano. Lo Ior non viene mai indicato nei bilanci aggregati della Santa Sede, come fosse un’unità periferica. Eppure, i suoi dipendenti sono considerati “dipendenti di enti centrali”. Oggi è come prima, con in più una vistosa contraddizione: tutti i Paesi più avanzati hanno dichiarato guerra ai paradisi fiscali e ai Paesi ‘offshore’, dall’amministrazione Obama sino all’Ue, ma nessuno si preoccupa dello Ior che, dal pieno centro di Roma, oltre il ‘Collonato’ di San Pietro, continua a operare senza rispondere ad alcun trattato interbancario e norme internazionali. Ciò potrebbe indurre in tentazione, come accaduto con l’Ambrosiano e negli anni ’90 come racconto in ‘Vaticano SpA’, diversi malintenzionati”.
Intanto, ai vertici dello Ior arrivò un ‘degno’ erede, monsignor Donato de Bonis, che ricordava bene la più celebre frase di Paul Marcinkus: “Non si può dirigere la Chiesa con le sole Ave Maria”. Perfino il denaro lasciato ai fedeli per le Sante Messe venne trasferito in conti personali: cosa accadde veramente dopo la fuoriuscita di Paul Marcinkus?“Quanto accadde è sotto gli occhi di tutti: Marcinkus, nel 1989, uscì definitivamente di scena e, allo Ior, il suo fido De Bonis modula gli insegnamenti del maestro secondo i desiderata di quegli anni. Già nel 1987, nelle stesse ore in cui Marcinkus rischiava l’arresto, De Bonis predispose le basi dei conti segreti, ad iniziare dal conto ‘Fondazione cardinale Francis Spellman’, in cui, tra le firme autorizzate, spicca quella di Giulio Andreotti, con movimentazioni, solamente ‘in contanti’, di quelli che oggi sarebbero 26,4 milioni di euro”.
David Yallop, nel suo libro ‘In nome di Dio’, sostiene che Albino Luciani, ovvero Papa Giovanni Paolo I, sia stato ucciso dopo soli trentatré giorni di pontificato per avvelenamento proprio perché voleva ripulire lo Ior e trasferire tutti. E’ plausibile pensare che ci siano stati anche personaggi ‘illuminati’ che non volevano far parte di questo sistema di aggressività finanziaria quanto meno inconsueta, considerando i protagonisti?“In Vaticano era arduo distinguere i ‘buoni’ dai ‘cattivi’, come talvolta, anche per facilità, noi giornalisti facciamo per rendere più agevole al lettore schierarsi. E’ vero, invece, che complotti, minacce e congiure erano all’ordine del giorno. La storia di Albino Luciani ne è un esempio, ma il filo delle trame certo non si spezza con la morte del patriarca di Venezia: lo stesso Wojtyla assicurò che la vicenda Ambrosiano era chiusa, garantì trasparenza per il futuro per poi doversi confrontare con chi da una parte, magari, agevolava i finanziamenti a ‘Solidarnosc’ ma, forse, in cambio chiedeva qualcosa…”.
Negli anni ‘90, lo Ior finì nel mirino di ‘Mani Pulite’. La maxitangente Enimont, che concludeva il divorzio tra Eni e Montedison, fu ripulita e riciclata in Vaticano, ma anche in quella occasione le indagini dovettero fermarsi, perché il Vaticano negò qualsiasi chiarimento e respinse le rogatorie: quali inquietanti verità, spesso celate da codici ‘criptici’ come ‘Omissis’, sono state da lei svelate per la prima volta?“La storia è andata in maniera un po’ diversa: in realtà, il Vaticano non respinse le rogatorie, ma cercò di depistare i magistrati di ‘Mani pulite’ diffondendo notizie parziali e fuorvianti. L’archivio di monsignor Dardozzi, infatti, documenta e racconta che la storia era diversa: i miliardi della tangente Enimont passati per lo Ior erano quasi il doppio, ma ai magistrati non venne mai detto chi erano i titolari dei conti sui quali transitarono quei soldi, ad iniziare proprio dal conto ‘Spellman’, su cui Andreotti aveva potere di firma. Ma Andreotti andava protetto in tutti i modi, sia appunto celando il presidente dietro l’efficace nome in codice ‘Omissis’, sia cercando e ottenendo notizie riservate sulle indagini milanesi ‘brevi manu’, sia evitando di dire che l’allora candidato al ‘colle’, Andreotti appunto, aveva la firma su uno dei conti incriminati”.
Anche il centro psichiatrico ‘Don Uva’ di Bisceglie, il manicomio più grande d’Europa, che finì nel mirino dei giudici per presunti maltrattamenti dei malati mentali, morti sospette e appalti ‘chiacchierati’, è stato fonte di preoccupazioni per il Vaticano: a chi o a che cosa sono state ricondotte le motivazioni?“La storia è mortificante: da una parte, i malati di mente che vivevano in condizioni miserrime; dall’altra, lo Stato che pagava rate pari a 100 euro a paziente; dall’altra ancora, le ‘Ancelle della Divina provvidenza’ che avevano sul conto corrente dello Ior un saldo di 55 miliardi di lire di allora. Anche quel deposito finì nel mirino della commissione segreta, istituita nel 1992 proprio per capire l’estensione di questo sistema. Ma dopo che la relazione venne inviata a don Stanislao, segretario del Papa, tutto si fermò…”.
L’ultima parte del suo libro è dedicata alle confessioni recenti rese alle Procure da Massimo Ciancimino jr, da lei intervistato, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino. Si descrivono i rapporti di suo padre con il boss ‘corleonese’ Bernardo Provenzano e le transazioni di danaro in questa ‘banca vaticana’ che opera come un vera e propria ‘lavanderia’ nel centro di Roma al fine di ripulire il denaro sporco: perchè le ‘piste vaticane’, soprattutto al sud, vengono valutate ancora con scetticismo?“Non è scetticismo ma, credo, comprensibile prudenza, proprio perché i magistrati ben conoscono i limiti fissati dai Patti Lateranensi per un’azione su determinati soldi in Vaticano che, tra l’altro, non avrebbe il sostegno degli anni di ‘Mani pulite’…”.
Il fondo personale e riservato del Papa rappresenta uno dei tanti segreti sulle finanze della Chiesa cattolica, ma sulla provenienza di questo danaro si è sempre ‘favoleggiato’ e, secondo i calcoli del matematico Piergiorgio Odifreddi, la Chiesa arriverebbe a costare agli italiani 9 miliardi di euro ogni anno: come mai tanti bilanci vengono taciuti e tanti altri mancano all’appello?“Perché sebbene “la Chiesa non si amministra con le Ave Maria”, come ripeteva Marcinkus, è importante tener lontani i fedeli dalle questioni economiche. Una Chiesa povera si aiuta, una Chiesa disinvolta si critica. Basterebbe, forse, mettere norme più chiare di trasparenza per avvicinare i fedeli e togliere loro dubbi assillanti”.
Nel 1977, un giovane e arrabbiato Joseph Ratzinger diceva che “la Chiesa sta diventando, per molti, l’ostacolo principale alla fede: non riescono più a vedere in essa altro che l’ambizione umana del potere”: qual è la situazione oggi in Vaticano?“Di rado ho letto frase più efficace: oggi, io credo che si voglia che si faccia ordine e pulizia, ma lo Ior rimane una banca fuori dai sistemi bancari. Ritengo che un gesto in questa direzione avrebbe il sostegno della comunità finanziaria e politica internazionale”.
‘Vaticano spa’ è un libro contro la Chiesa?“E’ un libro che svela atti, storie e trame senza ‘bolle’ anticlericali. Infatti, i primi a ringraziarmi per quest’inchiesta sono stati diversi amici sacerdoti, che leggono in ‘Vaticano SpA’ un libro che non va per ‘tesi’, bensì per documenti”.