
Di recente, Vittorio Zucconi su Radio Capital rispondeva più o meno con queste parole a un ascoltatore che gli faceva notare, un po’ demoralizzato, come tra i cartelloni elettorali di quest’ultima tornata vi fossero facce di persone (uomini per lo più) con un età media ben superiore ai cinquant’anni: “I giovani non sono presenti perché non sgomitano”. Ovvero, i giovani sono più o meno tutti ‘bamboccioni’ o ‘menefreghisti’. Beh, se il simpatico Zucconi lo permette, vorrei rispondere alla sua affermazione. In qualità di giovane non troppo giovane e non ancora troppo adulta, mi sono sentita chiamare in causa. E soprattutto, mi sono sentita giudicata e criticata per tutto quello che, secondo Zucconi, non avrei fatto in questi miei ultimi trent’anni. “I giovani non sgomitano”. Non sgomitano?! Vorrei evitare di parlare del mio caso per non sembrare troppo ‘autoreferenziale’, ma racconterò di alcuni amici, giovani non troppo giovani, trentenni che sgomitano nel mondo del lavoro e nella nostra ‘geronto - società’. Di certo, non elencherò nomi e avvenimenti, ma solo qualche piccolo aneddoto. La domanda che mi ponevo qualche giorno fa era la seguente: quanti amici hanno un lavoro a tempo indeterminato? E quanti di costoro ci sono arrivati grazie unicamente alle loro forze (ovvero, tramite la tanto invocata meritocrazia italiana)? Il conto è stato rapido: all’incirca dieci. Orbene, di questi, quanti hanno dovuto ‘faticare’ e ‘sudarsi’ il posto di lavoro (che per qualcuno di loro non è certamente sicuro, ancorché indeterminato)? Il conto è stato ancora più semplice: due o tre al massimo. E inoltre, quanti di questi dieci fortunati amici lavorano nel pubblico? Più o meno otto. Ebbene, quanti di questi otto hanno superato un regolare concorso pubblico? Uno. Uno, avete capito bene. Tutti gli altri sono entrati tramite colloquio personale e, quindi, grazie agli ‘aiutini’ di un parente, di un amico, di un vicino di casa o di un conoscente del paese di provenienza. Ottimo: la nostra società, o perlomeno quella che frequento e che conosco, si basa su amicizie e conoscenze, filiazioni e parentadi. La cosa probabilmente non dovrebbe stupirmi, né tanto meno indignarmi. Ma non ci riesco, è più forte di me. Così come non amo le ingiustizie e la violenza gratuita, non accetto che alcuni amici ‘sfortunati’ debbano cercare di sbarcare il lunario con lavoretti senza alcun futuro (per chi è riuscito a trovarlo, perché per altri la vita è disoccupazione e corsi su corsi di specializzazione, concorsi pubblici sempre troppo poco pubblici e la pappa a casa di mamma) correndo su e giù, impegnandosi e presentando ogni volta un curriculum vitae sempre meno gonfio di titoli e paroloni, perché tanto “se sei troppo qualificato non ti chiamano”. I giovani non sgomitano abbastanza: Zucconi dovrebbe raccontarlo a chi, dopo aver conseguito una laurea (vecchio ordinamento), un master in economia e finanza e, talvolta, anche un dottorato, aver studiato diverse lingue straniere, essersi piegato in due con stage, specializzazioni, tirocini e contratti a progetto per anni, oggi si trova con in mano solo della cartaccia: il proprio curriculum vitae. Non sono racconti limite, di poveri ragazzi svogliati, sfortunati, provenienti da paesi di provincia. No: sono uomini e donne di trent’anni o poco più che, come tutti gli altri, hanno diritto ad avere un’opportunità e a non doversi umiliare in un centro commerciale per chiedere un posto da commesso part-time, che probabilmente non otterrà mai, perché troppo vecchio o troppo poco ‘qualificato’. Sono questi i ‘bamboccioni’ che conosco io, quei giovani che non sgomitano abbastanza. Probabilmente non sono rappresentativi di una società intera, ma sono i miei occhi sul mondo. Un’ultima cosa la vorrei raccontare al nostro capo di governo e al suo entourage: l’11 maggio scorso io e altri miei cinque colleghi siamo stati convocati in fretta dal nostro responsabile, il quale, durante una brevissima riunione e senza troppi giri di parole ci ha messo alla porta. Non è stata colpa della crisi e le motivazioni si sono rivelate ben più importanti e pienamente comprensibili. Non c’è stata negligenza da nessuna delle due parti, anzi. Ma purtroppo siamo stati realmente sfortunati. Ebbene, abbiamo perso il lavoro da liberi professionisti in meno di un quarto d’ora. La società ci ha garantito lo stipendio del primo mese (quanti al suo posto lo avrebbero fatto?!) e poi basta. Ammortizzatori sociali? Cuscinetti? Aiuti? Indennità? Assolutamente no. E come noi, tanti altri giovani non più tanto giovani, qualificati, professionisti si trovano a dover ricominciare per l’ennesima volta in una società che parla di flessibilità, ma che premia chi la flessibilità la evita, garantendo lo status quo e l’immobilismo delle gerarchie e delle lobby.