Daniele Capezzone è il Segretario Nazionale dei Radicali Italiani, emanazione diretta del Partito Radicale Transnazionale.
Ecco il suo parere sulla situazione della sinistra italiana, anche alla luce delle recenti divisioni sorte in tutto il centrosinistra in tema di politica internazionale.

Capezzone, dopo il girotondo organizzato da Nanni Moretti, Lei ha espresso numerose perplessità nei confronti di questo tipo di manifestazioni "movimentiste": da un radicale non ce lo aspettavamo…
"Chiariamolo subito: nessuna ostilità a un 'certo tipo di manifestazioni'. Contrarietà nel merito a quella manifestazione. Ho chiesto e mi sono chiesto se possa esistere un’opposizione che non propone nulla, che non ha una sola ricetta su nulla e che è tenuta insieme solo dall’odio nei confronti del nemico Berlusconi (anche se poi il buon Moretti si fa finanziare i film dalla Medusa, che appartiene a un 'Berlusca' "estraneo alla democrazia"…)".

Ma i Radicali Italiani la dicono, ogni tanto, una cosa di sinistra?
"Non solo la diciamo: la facciamo anche. Quanti sanno che - proprio noi, i “liberisti selvaggi”- abbiamo proposto, sul modello inglese, l’introduzione del sussidio di disoccupazione? Invece, la sinistra ha preferito che 200mila miliardi fossero spesi, in tutti questi anni, per la cassa integrazione della Fiat: con quei soldi si sarebbe potuto riscrivere il sistema degli ammortizzatori sociali. O ancora: quanti sanno che, con il sistema delle pensioni di anzianità voluto innanzitutto dalla 'sinistra ufficiale' (e che nessun paese d’Europa si concede), i cinquantenni se ne vanno in pensione (e ovviamente continuano a lavorare in nero), mentre i trentenni che iniziano a lavorare devono versare un terzo del loro stipendio in contributi per pagare la pensione dei primi? Davvero in questo modo la sinistra ha difeso i più deboli? Non mi pare… La verità è che bisognerebbe scrivere quello che noi chiamiamo “Statuto degli outsider”, per tutelare quel mondo vastissimo ed eterogeneo (piccoli e piccolissimi imprenditori, disoccupati, sottoccupati, pensionati sociali e al minimo, immigrati) di esclusi dal fortino del privilegio costruito dalla Cgil".

Come si spiega la vostra strana posizione di 'terzietà' nell'attuale panorama politico nazionale?
"Strana? Io credo che vi siano tanti italiani che hanno votato Polo, ma non vogliano il Polo di Bossi, Gasparri e Buttiglione; così come credo che vi siano tanti italiani che hanno votato Ulivo, ma non vogliano un Ulivo egemonizzato da Cofferati, Moretti e Flores, con il 'concorso esterno' di Casarini e Agnoletto. La mia opinione è che esista un grande popolo di liberali di destra e di sinistra che si sentono senza casa e senza famiglia, e a cui noi radicali vogliamo parlare".

Questo centrosinistra ha le carte in regola per sostituire, nel 2006, la Casa delle Libertà al governo del Paese? Voglio dire: ce la farà, secondo lei?
"Se il problema è solo quello di vincere, può darsi che l’Ulivo ce la faccia, vista la costante perdita di slancio della maggioranza; se invece il problema è governare in senso liberale, le cose stanno molto diversamente. Oggi i liberali del centrosinistra sono costantemente umiliati su tutto: sull’economia, sulla giustizia, sulla politica internazionale…".

E quali sono i principali nodi politici che dovrà sciogliere assolutamente, nei prossimi anni, per riuscire a recuperare consenso?
"Vale per tutti, anche a destra. Primo: riforma americana delle istituzioni, con due-tre partiti e non coalizioni rissose in cui ogni fedele alleato è, in realtà, un ricattatore del premier. Secondo: riforma americana dell’economia, con quelle iniezioni di flessibilità che in tutta Europa (dall’Inghilterra di Blair alla Spagna di Aznar) mostrano la propria efficacia. Terzo: riforma americana della giustizia, per tagliare le unghie alle prepotenze del partito dei giudici. Quarto: il capitolo delle libertà individuali, a cominciare dalla libertà di cura e di ricerca. Voglio ricordare che un uomo come Umberto Veronesi è stato letteralmente espulso dalla politica dagli attacchi che ogni giorno gli venivano dalla Bindi e da Castagnetti".

Comunque questo centrosinistra, pur gravemente diviso al proprio interno soprattutto sui temi attuali della politica internazionale, talvolta sembra avere qualche sussulto di risveglio, per quanto generico possa essere: colpa del 'riformismo a metà' del governo Berlusconi?
"Magari fosse a metà: sarebbe già qualcosa! Il problema è che l’asse Bossi-Tremonti ha paralizzato tutto, a partire dalla riforma istituzionale per arrivare a quelle duramente liberiste. E’ per questo che io desidero rivolgermi anche e soprattutto al 'popolo del ‘94', a coloro che sperarono e votarono per un Polo riformatore e oggi devono fare i conti con l’attuale deriva della Casa delle Libertà".

Voi radicali vi siete spesso dimostrati, in passato, credibilmente profetici: cosa vede nel futuro della sinistra italiana? Un Partito Democratico all'americana o una 'grande ammucchiata' sotto l'Ulivo?
"Per il momento vedo un’insalata a-liberale. Ma insomma: ci hanno raccontato che a Pesaro, al Congresso dei Ds, avevano vinto i 'riformisti': oggi, mi pare che il 'povero' Fassino sia tutti i giorni costretto ad inseguire qualcuno, da Bertinotti a Cofferati, dai girotondisti a Gino Strada…".

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