Ad alcuni giorni dal voto europeo, vorrei permettermi alcune sommesse riflessioni relative ai risultati. Nulla di nuovo sul fronte italiano. Risultati più che prevedibili, salvo qualche percentuale in meno raccolta PdL e qualche percentuale in più andata al Pd rispetto alle ipotesi iniziali. Prigionieri entrambi, con l’attuale legge elettorale, dei più esagitati e populisti partiti italiani: Lega Nord e Italia dei Valori, che aumentano i loro voti grazie ad un sapiente utilizzo dello slogan facile. Il dato che risalta di più è invece l’astensionismo, con ogni probabilità dovuto a una legge elettorale con sbarramento al 4% che – come accade già da anni in alcuni Paesi europei – ha falcidiato milioni di voti sul nascere. E così milioni di elettori, temendo di non essere rappresentati, hanno preferito astenersi direttamente. In effetti, non sono poche le liste che non hanno raggiunto il 4%, ma ad ogni modo hanno raggiunto un dignitosissimo 3% o 2%. Comunisti a parte, che dimostrano di aver ormai perduto il loro zoccolo duro, pensiamo ai Radicali della lista Pannella – Bonino, che addirittura hanno ottenuto un risultato percentualmente superiore, anche se di poco, alla Rosa nel Pugno (in cui si erano presentati in alleanza ai Socialisti democratici di Boselli) e alla precedente lista Bonino delle europee 2004. L’unico dato confortante è forse la stabilità del governo Berlusconi, con un PdL che non sfonda, ma che raccoglie a pieno titolo l’eredità della Democrazia Cristiana. Lo stesso Pierferdinando Casini dovrebbe riflettere. In casa Pd, diversamente, si ‘straparla’. Si dice che non è stata una sconfitta e verrebbe da chiedersi se ci credono davvero. Probabilmente no, ma ci si deve pur salvare la faccia in qualche modo. Qualcuno addirittura dice che quel 26% di oggi è al netto della presenza dei Radicali, dimenticando che questi ultimi han sempre preso più voti, sia quando hanno corso da soli, sia quando erano alleati a Berlusconi. E dimenticando che, sempre i Radicali, quei nove posticini sicuri nel Pd se li sono dovuti sudare a suon di scioperi della fame. Il Pd, dunque, se esisterà ancora è destinato a una lunghissima opposizione. Specie se, come ventilato, deciderà di imbarcare ancora una volta i comunisti: rossi o verdi che siano. E così non rimane che attendere il referendum o, meglio, una nuova legge elettorale. Una legge elettorale che, ci auguriamo, non sia “ad personam”, ovvero fatta su misura per i due calderoni più grossi. Una legge autenticamente seria potrà essere unicamente: o puramente proporzionale o puramente maggioritaria. La prima ipotesi è probabilmente al di là da venire; la seconda, sarebbe quasi a portata di mano se passasse il SI' al referendum del 21 giugno. Dico quasi, perché il sistema delle preferenze bloccate rimarrebbe inalterato e non vi sarebbe alcuna introduzione di collegi uninominali. Tuttavia, sarebbe anche l’unico sistema per sbarrare la strada alla Lega Nord e per garantire al Paese un governo stabile con in sella l’unico partito che oggi ha la possibilità di garantire riforme che altri nemmeno si sognerebbero: il PdL. Non sarà il massimo, ma il male minore di sicuro.
(articolo tratto dal blog www.lucabagatin.ilcannocchiale.it)