Maria Grazia d'Errico“Perché ha scelto Gianni Chiodi come candidato alla presidenza della Regione Abruzzo”? “Perché è giovane e bello” fu la risposta del premier, Silvio Berlusconi, dopo le elezioni abruzzesi svoltesi nell’autunno scorso. Concetto Vecchio, giornalista catanese della redazione politica de ‘la Repubblica’, vincitore dei premi ‘Capalbio’ e ‘Pannunzio’, con il suo libro ‘Giovani e belli’, edito da Chiaralettere, descrive la realtà di un Paese avvilito e sfiduciato, delle nuove ‘leve’ che non diventeranno mai classe dirigente, dei praticanti avvocati in un rapporto di ‘servus dominus’, delle fughe all’estero e dei maniaci delle chat, divenute la ‘grande bolla’ della comunicazione.

Concetto Vecchio, lei ha utilizzato le testimonianze di numerosi giovani per descrivere un quadro fosco di tanti ragazzi piegati da insuccessi privati e professionali, toghe sfruttate, talenti non valorizzati, convinti che non valga più la pena di lottare: qual è dunque il risultato della sua ricerca, durata un anno?
“Il mio libro è nato, molto semplicemente, dall’osservazione della realtà, dal fatto di avere molti amici che erano tornati a vivere con i propri genitori dopo delusioni professionali o private, dalle continue lamentele che sentivo. M’interessava capire cos’era successo nel nostro Paese negli ultimi venti anni, andare a fondo alla questione giovanile, indagare sulle ragioni del mancato ricambio generazionale. Per farlo, occorreva armarsi di ‘buone scarpe’ e nessun pregiudizio. Per cui, ho deciso di seguire 40 giovani per un anno intero. E quel che ho trovato è stata soprattutto rassegnazione, amarezza e sfiducia. I libri spesso prendono una direzione non voluta dagli autori. Io sono una persona ottimista, fiduciosa, ma questo libro, senza volerlo, mi è venuto così: molto amaro…”.

Nel dicembre del 2007 ha fatto scalpore un’inchiesta del 'New York Times' sugli italiani, definiti “il popolo più infelice d'Europa”. Si respira un'aria ferma, stagnante, che vive di ‘penosi sussulti anarchici’, come afferma Corrado Augias: come si è scesi a tali livelli di assuefazione?
“Nel 1980 eravamo il Paese più giovane tra i ‘Grandi’ della Terra, quelli con il tasso di fertilità più alto. Oggi siamo il più vecchio: il 25 per cento della popolazione ha più di 60 anni. E siamo la nazione che meno di tutte investe in ricerca e conoscenza. Per oltre un decennio il nostro tasso di fertilità è stato fermo al 1,1: cosa ci dicono questi dati, se non che c'è stato nel Paese un gigantesco crollo di fiducia? Non guardiamo più al futuro…”.

Il Censis di recente ha pubblicato un rapporto da cui emerge che la cosiddetta fuga dei cervelli è, per l’85%, composta da ricercatori che non tornano in Italia per l'eccessiva burocratizzazione della ricerca e per le retribuzioni troppo basse. Eppure, Romano Prodi è arrivato a proporre di pagare i ragazzi affinché frequentino facoltà scientifiche:  perché da noi fatica a nascere una nuova classe dirigente?
“Le ragioni sono tre: 1) un Paese vecchio, dove i giovani sono sottorappresentati; 2) chi sta al potere è molto più aduso a fare rete, a sostenersi a vicenda, soprattutto perché, a differenza dei trentenni, ha socializzato con la politica, una palestra decisiva; 3) i giovani non fanno rete, non creano massa d’urto, perché apparentemente niente li unisce”.

L'Università è lo specchio del Paese, considerata un’istituzione poco importante per la società, un luogo di ‘parcheggio’, poco sostenuta economicamente. Gilberto Capano, preside della facoltà di Scienze politiche dell'Università di Forlì, sostiene che è impossibile, qui da noi, che diventi Presidente del Consiglio il figlio di un alcoolizzato, come accaduto negli Usa con Bill Clinton: in un sistema così gestito, conta soltanto avere buone situazioni familiari o un solido network di relazioni?
“Conta tantissimo: restiamo una società chiusa. In Italia ti chiedono soprattutto: da dove vieni? Di chi sei figlio? In America: cosa sai fare? La famiglia è vista come un’agenzia di raccomandazione, ma anche come un ‘salvagente’ in caso di sconfitte personali o professionali. Al Sud, questo network è ancora più pervasivo: lì è molto difficile farsi largo, farsi una posizione, se non godi di protezioni familistiche o politiche, che spesso coincidono”.

Nel suo libro, lei afferma che Catania ha quasi 900 milioni di Euro di debiti, che è giunta ad un passo dal dissesto, che la città è uno sfacelo mai visto, senza classe dirigente e con il più alto tasso di emigrazione in Europa, battuta solo da Napoli e Caserta: quanto sta incidendo il fenomeno dell'emigrazione sulla realtà del Mezzogiorno?
“L’emigrazione intellettuale e la mobilità, in sé non sono un male. Anzi: possono essere un  fatto positivo, di crescita. A patto però che si possa tornare più ricchi e più forti. Invece, chi emigra dal Sud al Nord o dall’Italia all’estero, in genere non torna perché le condizioni di lavoro e di retribuzione sono peggiori. Al Sud, questa situazione è acutissima: chi non ha un ‘network’ di famigliari forti, chi non dispone di ‘agganci’ politici ed è costretto a cavarsela da solo, in genere emigra. Dal Mezzogiorno si emigra come negli anni Sessanta del secolo scorso, provocando un impoverimento della società scoraggiante. A Catania, poi, sono proprio saltate le basi della democrazia se, dopo un simile disastro amministrativo, l'80% rivota per il centrodestra…”.

Poi lei arriva a Montecitorio e scopre anche gli altri trentenni: la casta dei “giovani e belli”, talvolta unici requisiti richiesti, soprattutto alle donne. Si ha una chance solo se belle, giovani e dinamiche?
“Berlusconi seleziona la nuova dirigenza in larga parte secondo criteri estetici: avvenenza, telegenia e un buon curriculum. Quando gli si obietta che le sue candidate sono soprattutto belle, lui replica che sono anche laureate. Lo teorizza apertamente: “Mica possiamo candidare le Rosy Bindi”. Nel libro c’è la testimonianza di Versace che guarda ammirato le deputate del Pdl a Montecitorio ed esclama soddisfatto: “Siamo messi proprio bene”! Questa ‘velinizzazione’ ha raggiunto il suo acme durante la compilazione delle liste per le elezioni europee, prima che la moglie lo ‘stoppasse’ parlando di “ciarpame”. Il casting applicato alla politica credo sia un fatto unico nelle democrazie occidentali ed è l’estrema conseguenza della forte personalizzazione della politica innescata dalla discesa in campo del Cavaliere”.

L'analisi si allarga anche alla condizione di ‘smarrimento psicologico’: grandi città, grandi distanze da riempire, solitudini culminate in una vera ossessione per le chat. Le trentenni libere rappresentano un fatto sociale nuovo: quanta vita stanno perdendo i giovani in questi contenitori virtuali?
“Io vedo che adesso i grandi giornali cominciano a porre dubbi su Facebook e sui social network: è stata una moda e sta passando. Non ho nulla contro i social network, sia chiaro, ma ho sempre pensato che fosse un’illusione pensare di affermarsi in società solo attraverso simili strumenti, come pure molte giovani ‘teste d’uovo’ hanno teorizzato a lungo. C’è Facebook, ma c’è anche la vita e le cose si decidono ancora nella seconda. Questo per la politica. Dopodiché, m’interessava molto raccontare la ‘singletudine’ delle trentenni, che sono un fatto sociale nuovo: benché carine e di buona cultura, esse non trovano un partner. E molte si rifugiano nelle chat: mi pareva un tema interessante, da sviscerare”.

I sopravvissuti del ‘68 sono al comando della politica, tengono conferenze, scrivono libri autocelebrativi, si sentono giustamente figli di una stagione irripetibile: il futuro dell’Italia dipende dai ‘troni’ spodestati alla ‘casta’?
“Sì, ma penso anche che non se ne andranno volontariamente: bisogna che qualcuno li spodesti, dimostrando di avere più idee, fiato e passione”.

In che cosa può credere un giovane per non perdere la fede nella vita?  Steve Jobs, il ‘padre’ dell’Apple, consiglia di cercare quello che si ama e di non ‘mollare’: lei trova che sia un consiglio realistico in Italia?
“La storia di Jobs è bellissima, perché lui ha avuto una ‘vocazione’: avere una ‘vocazione’ è una fortuna. Questa generazione, bombardata di stimoli, ne ha di meno rispetto ad altre. Anche per questo è così sfortunata”.


Lascia il tuo commento

Lucia Di Pasqua - Alberona Italia - Mail - venerdi 29 maggio 2009 23.33
Purtroppo è proprio così in questa nostra bella Italia. Specialmente al sud é difficile che ai giovani venga data la fiducia per farli camminare e crescere con le proprie gambe (a volte troppo protetti a volte troppo sfruttati).
E' ancora più difficile che una persona che vale veramente venga capita e per questo allora o soffre o scappa.
Io credo che la prima cosa da fare per cercare di superare questo problema è di non essere egoisti e di aiutare a far venir fuori quellli che valgono veramente invece di affossarli.
Brava M. Grazia

Alberto - Caserta - Mail - giovedi 28 maggio 2009 16.36
Analisi terribile e allo stesso tempo riflessiva, questo libro focalizza la questione giovanile con una amarezza che sorprende. Ma quello che mi disturba tanto è la rassegnazione delle 'vittime'..e se si cercasse di reagire finalmente?
Maria Rosaria - Alberona - Mail - mercoledi 27 maggio 2009 21.25
E' un libro che comprerò sicuramente. Sono d'accordo con lo scrittore, io sono insegnante e per il solo motivo di essere nella condizione di precario sono considerata un docente di serie B, dai "miei cari colleghi di ruolo". Complimenti Magghy riesci sempre a colpire nel segno!!!!! Intervista molto sobria ed equilibrata. Brava come sempre!!!
Santina - Calabria - Mail - mercoledi 27 maggio 2009 21.12
Ti faccio i miei complimenti Maria Grazia per non sbagliare un colpo quando si tratta di far emergere ciò che interessante. Hai questo dono di selezionare il meglio; con l'augurio che a tanti giovani la strada possa essere spianata da tante difficoltà.
Giovanna - Ostia - Mail - mercoledi 27 maggio 2009 14.27
L'Italia è un posto dove non ci si può permettere più nulla, tanto meno una vocazione. Amara verità.
Elisa - Avezzano - Mail - mercoledi 27 maggio 2009 11.39
Sono una giovane laureata in fisica e già ho fatto i miei sopralluoghi a Chicago per sondare davvero tutto un altro mondo. Siamo una casta ignorata, sottopagata, super sfruttata e condivido ogn singola parola di Concetto Vecchio.

Quindi grazie per questo libro.

Elisa L.
Maurizio - Roma - Mail - mercoledi 27 maggio 2009 9.50
Anche se si chiama Vecchio Concetto mi sembra abbia invece le idee molto chiare e moderne. Complimenti a lui e alla splendida, come sempre, intervistatrice!
Ilario Maiolo - Colorado Springs, CO - Mail - mercoledi 27 maggio 2009 9.43
Il rinnovamento della politica passa attraverso una ritrovata capacità di dialogo e di interpretazione delle esigenze della società civile, in continua crescita ed evoluzione. Nessuna impresa di rinnovamento potrebbe essere pensata se non si rivolgesse, come primi interlocutori, ai giovani dai quali giunge una forte domanda di partecipazione e un’attesa di rinnovamento radicale della politica che devono trovare una puntuale risposta.
Vittorio Lai - Torino - Mail - mercoledi 27 maggio 2009 7.52
Ho letto questa intervista, è terribilmente spaesante vedere quanti sono i nostri punti deboli.
Ne parlavo anche oggi con un mio amico-collega è quello che Vecchio ha scritto è la sintesi del nostro discorso.
Bello eh?


 1