Antonio Di Giovanni

La Chiesa cattolica è contraria all’uso del preservativo. E l’inaspettato immunologo Ratzinger, meglio conosciuto come Papa Benedetto XVI, lo ritiene illecito sia come strumento di prevenzione dell’Aids, sia come mezzo per evitare gravidanze indesiderate. Il Santo Padre ha inoltre affermato che “l’unione del corpo e dello spirito deve compiersi solo all’interno del sacramento del matrimonio ed esclusivamente in funzione della procreazione”. E va bene: la Chiesa ormai si occupa di ciò che vuole, dalla politica alla medicina. Tuttavia, a mio avviso dovrebbe fare maggior attenzione a ciò che dice, soprattutto nel mandare messaggi sbagliati, come nel caso dell’uso del profilattico. Quando il Santo Padre fa un affermazione, dovrebbe pensare che non sta al ‘bar dello sport’ dove, al massimo, oltre al barista, non ti sente nessuno, bensì che lo ascolta tutto il mondo. Quindi, prima di assumere determinate posizioni dovrebbe avere quel sano senso di responsabilità che deriva proprio da ciò che rappresenta, evitando inutili e deprecabili polemiche. Già il suo predecessore, Papa Wojtyla, non aveva mai approvato l’uso di mezzi artificiali di contraccezione e, difatti, nell’enciclica “Sollicitudo rei socialis” del 1987, definiva allarmante il fatto che in molti Paesi i Governi realizzassero campagne sistematiche contro la natalità. Nello stesso periodo, quando ancora era cardinale, l’attuale capo della Chiesa, Joseph Ratzinger, scrisse nella 'Istruzione sul rispetto della vita umana nascente': “Ciò che è tecnicamente possibile non è per questo moralmente ammissibile”. Insomma, nonostante le timide aperture nel 2006 dopo i dati allarmanti sull’ Aids, oggi il Sommo Pontefice torna a ribadire con forza che l’unico rimedio contro questa grave infezione sono “la fedeltà e l’astinenza sessuale” e, in sostanza, che non esiste nessun caso in cui si possa consentire l’uso di contraccettivi, né tra un uomo e una donna, non sposati o sposati, né tanto meno tra due uomini, visto che questi comportamenti sono ugualmente condannati. C’è da rabbrividire, da una parte e indignarsi, dall’altra, per una simile presa di posizione, dopo tanti anni di battaglie scientifiche e di campagne a sostegno dell’uso del profilattico come mezzo per evitare il dilagare di questa tremenda malattia, nonché di quelle sessualmente trasmissibili. Non è più possibile sopportare l’ingerenza della Chiesa su cose che esulano dal campo delle proprie specificità spirituali. Quale messaggio arriva ai giovani, ai fedeli, a coloro che comunque vivono la loro vita affettiva anche attraverso il rapporto sessuale? Noi non siamo una generazione di repressi, come invece traspare negli atteggiamenti di lor signori. Ed è sconcertante leggere l’Osservatore Romano il quale, a firma dello studioso francese Jacques Suaudeau, sostiene che “mentre il preservativo rappresenta solo un mezzo per ‘contenere’ la trasmissione della malattia, la Chiesa punta a una prevenzione efficace”. Ma chi sono costoro per prendersi delle responsabilità del genere? In Kenya, la Chiesa si è opposta alla costruzione di una fabbrica di preservativi per paura che ciò avrebbe incoraggiato “immoralità e promiscuità”, senza pensare ai danni che ne sono derivati in termini di prevenzione di malattie virali e sessualmente trasmissibili per milioni e milioni di africani. Ogni tanto, a dire il vero, qualche Vescovo prova timidamente a mascherare qualche ‘consiglio’, anche se non proprio in maniera diretta, cercando, per lo meno, di dare un messaggio più concreto ai giovani i quali, soprattutto nella fase adolescenziale, hanno bisogno di linee guida assai chiare e marcate. Il Vescovo in questione si chiama Patrick Dunn, della città neozelandese di Auckland, il quale ha dichiarato che “i giovani dovrebbero usare il condom se non riescono a mantenersi casti" e, pur ribadendo la contrarietà della Chiesa al sesso fuori dal matrimonio, ha aggiunto: “Se le persone vogliono comportarsi come credono, suggerisco che siano molto prudenti e che usino tutte le precauzioni del caso. Non parlo solo dei rischi fisici, ma anche di quelli psicologici e morali in caso di gravidanze non desiderate”. Inutile sottolineare come abbiano reagito i vertici cattolici a tali prese di posizione del monsignore. Sta di fatto che molti ‘portavoce’ della Santa Sede non hanno commentato, limitandosi a osservare: “Ogni vescovo è responsabile della sua diocesi. Se poi le sue opinioni non sono in linea con la Santa Sede, ne dovrà rispondere”. Per fortuna, dopo le dichiarazioni dell’altro giorno di Benedetto XVI, l’Europa ha reagito definendo il suo comportamento come "una pericolosa visione dottrinaria". Mi auguro che la ragionevolezza illumini questa presa di posizione decisamente ‘oscurantista’ del Vaticano e mi auguro che la Chiesa torni a fare ciò per la quale è deputata, cercando di risolvere il proprio fallimento dopo secoli di dottrina cattolica e, soprattutto, limitando le proprie ingerenze contro la laicità dello Stato su settori ed argomenti molto diversi dal ‘Padre, figliolo e Spirito Santo’…


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Antonio Di Giovanni - Roma - Mail - sabato 4 aprile 2009 9.55
Egregio Sig. Salerno, intanto le riporto uno stralcio del "CAPITOLO TERZO
I SACRAMENTI AL SERVIZIO DELLA COMUNIONE", dove si evince chiaramente, che se anche la chiesa contempli l'unione dei corpi, lo fa comunque impedendo qualsiasi forma che possa impedire la donazione reciproca che si apra sulla fecondità. I seguenti articoli, meglio possono servire ad una più specifica comprensione.
1643 « L'amore coniugale comporta una totalità in cui entrano tutte le componenti della persona – richiamo del corpo e dell'istinto, forza del sentimento e dell'affettività, aspirazione dello spirito e della volontà –; esso mira a una unità profondamente personale, quella che, al di là dell'unione in una sola carne, conduce a non fare che un cuore solo e un'anima sola; esso esige l'indissolubilità e la fedeltà della donazione reciproca definitiva e si apre sulla fecondità. In una parola, si tratta di caratteristiche normali di ogni amore coniugale, ma con un significato nuovo che non solo le purifica e le consolida, ma anche le eleva al punto di farne l'espressione di valori propriamente cristiani ». 303
L'apertura alla fecondità
1652 « Per sua indole naturale, l'istituto stesso del matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati alla procreazione e all'educazione della prole e in queste trovano il loro coronamento »
Ora Sig. Salerno, non ho nulla in contario a chi si voglia adeguare ad un modello cattolico, dico solo che nessuno in questo mondo è costretto a farlo, di conseguenza la Chiesa cattolica deve limitarsi come Istituzione alle indicazioni di massima, senza in nessun modo criticare o intromettersi nelle problematiche di sessuale, rispettando, come del resto la stessa chiesa esige il lavoro ed il pensiero degli altri e di tutti coloro che con il loro impegno nella ricerca e nella prevenzione scientifica, ogni giorno cercano di fare un passo in avanti per contrastare malattie ed epidemie.
paolo frosini - pistoia - Mail - venerdi 3 aprile 2009 10.31
che la Chiesa sull'argomento preservativo tenga una posizione eccessiva è palese
m l'affermnazione esatta del papa "non è col preservativo che si debella l'aids" è seria
lo confremano coloro che operano in africa dove il problema è l'ignoranza e la mancanza spesso di dignità di vita e dti scoientifici usa sul fallimento della distribuizone dei preservativi nelle grandoi cottà
stupisce in tal senso che a washington e in ugnda nella fascia d'età 18-60 la percentuali di malati sia simile
Riccardo Biffoli - Firenze - Mail - venerdi 3 aprile 2009 8.25
Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire, né peggior cieco di chi non vuol vedere. Il signor Salerno invita l'articolista a citare meglio; perché il signor Salerno ignora quello che intere comunità scientifiche e capi di stato e di governo hanno espresso contro le parole del papa sul preservativo?
Semmai suggerisco al signor Di Giovanni di provare a immaginare se altrettante autorità civili mettessero bocca sulle questioni religiose. Immaginiamo ad esempio che i sindaci comincino a dire ai preti del proprio comune come comportarsi, i presidenti regionali ai vescovi e i capi di stato a tutta la comunità religiosa. Probabilmente ne rideremmo come di uno scherzo magari di cattivo gusto. Invece, purtroppo, è quello che la gerarchia cattolica fa da tempo immemorabile nei confronti della vita civile. Temo che di questo passo arriveremo a dover battezzare un neonato per potergli dare un nome e farlo esistere ai fini anagrafici.
Giorgio Salerno - Roma - Mail - giovedi 2 aprile 2009 17.49
Per criticare bisogna sapere. E' impossibile che il Papa abbia detto esattamente che «l'unione del corpo e dello spirito deve compiersi… esclusivamente in funzione della procreazione", perché contrario alla corretta dottrina da sempre affermata. Provi, se le riesce, a fare una citazione esatta come da lei riportata ed allora leggerò tutto il suo articolo, perché, se la premessa è questa, il rimanente è senza valore.

Giorgio Salerno


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