Papa Ratzinger ha dimostrato, in questi giorni, di avallare e perseguire, con tutti i mezzi dei quali dispone, la politica del suo predecessore. Come stupirsi, ormai, delle ‘uscite’ che il Ministro della Chiesa cattolica ha esternato durante questo suo viaggio in Africa? Non è la prima volta che un Pontefice si espone apertamente alla critica di tutto il mondo civile e raziocinante, affermando con candore che il preservativo “non è la via migliore più lungimirante e più efficace per contrastare il flagello dell’Aids”. Ricordo quando forse ancora l’Italia non era un Paese così ‘schiavo’ di una Chiesa paternalistica come oggi, ed io adolescente andai con il mio gruppo politico durante l’Angelus del Papa in via della Conciliazione a distribuire preservativi gratis a tutti, uomini e donne, laici e cattolici, preti e suore. E tutti, proprio tutti, accettarono il nostro dono simbolico con un sorriso, perfino le suore, un po’ imbarazzate all’inizio, non si tirarono indietro e presero il preservativo che veniva loro offerto. Forse solamente per gentilezza, per cristiana carità o per la consapevolezza che quell’oggetto così tanto discriminato, tutto sommato rimanesse l’unico strumento atto a proteggere la vita di miliardi di individui in tutto il mondo. E non mi riferisco esclusivamente all’Aids, ma a tutte le altre malattie trasmissibili per via sessuale e che, per secoli, sono state la piaga della nostra società, come la sifilide o la gonorrea. Sono passati più di dieci anni da quella famosa visita in Africa di Papa Giovanni Paolo II durante la quale egli si schierò contro l’uso del preservativo quale mezzo per evitare il contagio dell’Aids, auspicando e incoraggiando i credenti ad astenersi dall’avere rapporti sessuali, perché l’astinenza è l’unico mezzo per “schivare” il contagio. Il Papa ovviamente si rivolgeva esclusivamente ai credenti non sposati, perché il fine del matrimonio cattolico è proprio quello riproduttivo: andate nel mondo e moltiplicatevi e anche se metterete al mondo bambini sieropositivi, già malati, già condannati prima ancora di vedere la luce, la carità cristiana e la fede forse li salverà. È questo il ‘messaggio provvidenzialista’ che vive talmente rinchiuso nella sua teologia da non riuscire a prendere coscienza delle ‘vere piaghe’ del mondo, delle tragedie che quotidianamente vivono milioni di uomini, donne e bambini. Perché in Africa, oltre alle guerre locali, tribali, religiose e politiche che l’affliggono da secoli, vi è anche la guerra dell’Aids, che miete vittime ogni giorno e che non sembra possibile fermare se non con una politica sanitaria coraggiosa, priva di qualsiasi colore religioso, ideologico o politico. Probabilmente, Benedetto XVI è capace di osservare il mondo solo con gli occhi di uno studioso. E, forse, il compito cui è stato chiamato qualche anno fa non gli si addice. Egli non è in grado di comprendere gli aspetti della vita ‘extra – mondana’, anche se non riesce a fare a meno dall’intromettersi anche in ambiti che, spesso, non gli appartengono. Egli mostra così tutta la sua ‘arroganza intellettuale’, che da un lato non intende ‘abbassarsi’ alla comprensione del mondo che lo circonda, mentre dall’altro pretende di sentenziare attraverso il proprio giudizio moralistico sulle questioni della vita quotidiana, aspettandosi che questo venga accolto con l’approvazione dei più. Il Papa critica apertamente le politiche sanitarie adottate nei Paesi africani senza porsi limiti o scrupoli nei riguardi delle proprie affermazioni e convinzioni. In Cameroun, ha condannato l’uso del preservativo (parola talmente imbarazzante che è stata perfino modificata sul sito del Vaticano in “profilattico”), oggi attacca le agenzie dell’Onu in Angola dichiarando che “l’aborto non aiuta le donne”, condannando tutti coloro che intendono “la soppressione della vita una questione di salute riproduttiva”. Domani forse ci sveglieremo e questo Papa avrà deciso che tutte noi donne dovremo tornare a curare il focolare domestico. E la nostra educazione tornerà ad essere separata da quella dei nostri fratelli uomini, magari sottraendoci il nostro ‘diritto – dovere’ di voto. Perché alle donne le questioni della società e della politica non si addicono: noi siamo utili solo in quanto abbellimento e svago per ogni uomo. Tutto ciò è ovviamente un paradosso, anche se non così infondato se si dà uno sguardo alla nostra società e alla nostra politica. Ma questo è tutto un altro discorso: ciò che qui mi preme considerare è che il nostro Governo, dopo le affermazioni deliranti del Papa non abbia avuto il coraggio o la volontà di controbattere come tutti gli altri Paesi europei hanno fatto. Tutti hanno espresso il loro disappunto, nonché il disagio di fronte a parole talmente sconcertanti e prive di fondamento scientifico - sanitario, o di semplice buon senso. E qui non c’entra essere credenti, praticanti, religiosi, fedeli. In questo discorso, il punto fondamentale è la tutela della vita delle persone, di milioni di individui che vivono in condizioni disperate e che, probabilmente, hanno come unico strumento di tutela della propria salute e quella dei propri figli una seria politica ‘anti – Aids’ che Benedetto XVI sta mettendo in discussione. La domanda che, in ultimo, mi pongo diviene dunque la seguente: se la Chiesa ha come fine quello caritatevole di aiutare tutti gli individui, perché Benedetto XVI si ostina a ‘bendarsi gli occhi’ davanti alle devastanti condizioni dei malati in Africa, a tapparsi le orecchie per non sentire le richieste di aiuto o i gemiti di dolore, a non porgere la propria mano verso chi ne ha veramente bisogno? Negare l’uso del preservativo nella regione che ospita i due terzi dei malati di Aids di tutto il mondo appare un gesto sconsiderato e dissacrante, che nega il valore massimo della carità cristiana di cui il Papa dovrebbe essere il principale rappresentante.