Giuseppe Orsini

L’astronomia moderna è nata con Galilelo Galilei, che nel 1609 rivoluzionò lo studio dell’universo. Nel 1610, egli pubblicò, in latino, “Sidereus Nuncius”. In esso, lo scienziato per la prima volta parlò del telescopio - o “perspicillum” - e delle scoperte sensazionali che aveva fatto grazie a questo strumento. Questo volume è stato recentemente ristampato a cura di Flavia Marcacci, con la traduzione di Pietro A. Giustini, per la Lateran University Press Editore, nonché presentato lo scorso 26 febbraio scorso presso la Pontificia Università Lateranense. Galileo Galilei è di viva attualità anche per sua la riabilitazione da parte della Chiesa cattolica. Nel “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo”, pubblicato nel 1632, Galileo confrontò “eliocentrismo” (il sole al centro del creato, di cui era sostenitore) e “geocentrismo” (la Terra e l’uomo al centro del creato, sostenuto dalla Chiesa). Il “geocentrismo” era sostenuto anche da Martin Lutero (1539) e da moltissimi studiosi del tempo. Nello stesso giorno di uscita di “Sidereus Nuncius”, l’Ambasciatore inglese a Venezia ne inviava una copia a re Giacomo I, annunciandolo come “la più strana notizia mai ricevuta da qualche parte del mondo (letteralmente “strangest piece of new”). L’ambasciatore concludeva così la lettera di accompagnamento: “L’Autore corre il rischio di diventare o eccessivamente famoso o eccessivamente ridicolo (exceeding famous or ewceeding ridicolous)”. Insomma, non fu solamente la Chiesa cattolica contestò il pensiero di Galileo. Per il “Il dialogo sui massimi sistemi”, l’Inquisizione lo processò condannandolo all’ergastolo il 22 giugno 1633. Ma la Chiesa non si accanì contro di lui: il carcere fu mutato dapprima nel confino nella villa dell'ambasciatore del Granduca di Toscana in Roma, quindi nella casa dell'arcivescovo Ascanio Piccolomini a Siena. Da ultimo, Galileo finì nella villa da lui stesso posseduta nella campagna di Arcetri. Con la cecità e l'aggravarsi delle condizioni di salute, nel 1639 fu permessa a Galilei l’assistenza dell’allievo Vincenzo Viviani e, dall’ottobre 1641, anche di Evangelista Torricelli. Assistito dai due, Galileo Galilei si spense ad Arcetri l’8 gennaio 1642. Nel tempo, la Chiesa ha modificato il giudizio su Galilei: nel 1734, il Sant’Uffizio consentì l’erezione di un mausoleo in suo onore a Santa Croce, in Firenze. Nel 1757, Benedetto XIV tolse dall’Indice i libri che insegnavano il moto della Terra. L’insegnamento del moto della Terra e dell’immobilità del Sole fu autorizzata da Pio VII nel 1822. Nel 1968, Paolo VI fece avviare la revisione del processo del 1633, riesame sancito nel 1978 da Giovanni Paolo II, che costituì un’apposita Commissione. Per giunta, nel 1992, di fronte alla Pontificia Accademia per le Scienze, parlando di Galileo, Papa Wojtyla affermò: “L’errore dei teologi del tempo nel sostenere la centralità della Terra fu quello di pensare che la nostra conoscenza della struttura del mondo fisico fosse, in un certo qual modo, imposta dal senso letterale della Sacra Scrittura”. La riabilitazione di Galileo prosegue oggi con Benedetto XVI, che lo scorso 21 dicembre 2008, all’Angelus, ha ricordato come “gli scienziati, sulle orme di Galileo, ci hanno mostrato la ricchezza del creato e, in questo modo, ci hanno avvicinato all’opera del Signore”. Domenica 15 febbraio 2009, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, si è tenuta una Messa solenne in onore di Galileo Galilei. Promossa dalla Federazione mondiale degli scienziati, guidata da Antonino Zichichi, la cerimonia è stata celebrata da Monsignor Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Durante la celebrazione è stato letto il seguente saluto del Segretario di Stato vaticano, Cardinal Tarcisio Bertone: “Galileo è stato chiamato a ragione ‘divin uomo’, perché ha saputo leggere e studiare la scienza attraverso gli occhi della fede”. L’Osservatore Romano del 27 febbraio u. s. ha inoltre pubblicato un articolo di Flavia Marcacci: “La nuova edizione del ‘Sidereus nuncius’. Galileo, il perspicillum e il messaggio del cielo”. L’attenzione della Chiesa verso Galileo culminerà infine con il Congresso internazionale “Il caso Galileo. Una rilettura storica, filosofica, teologica”, che si terrà a Firenze dal 26 al 30 maggio p. v. Per riuscire a far comprendere come e quanto il pensiero di Galilei e quello della Chiesa cattolica siano stati vicini o lontani, riporto uno ‘stralcio’ di un’intervista rilasciata a ‘Zenit’ dalla stessa Flavia Marcacci. “Con ‘Sidereus Nuncius’, Galileo mandava in crisi l’immagine aristotelica del cosmo: è ben cosciente di farlo e di farlo finalmente in maniera ufficiale. Si pensava che la luna fosse liscia e levigata, ed invece Galileo dimostra che è piena di monti e valli; si pensava che le nebulose fossero parti dense di cielo ed invece Galileo mostra che si tratta di un insieme numerosissimo di stelle; e così descrive Orione, le Pleiadi fino ad annunciare che attorno a Giove ci sarebbero dei satelliti, proprio come attorno alla Terra c’è la Luna! In altre parole, la Terra è come ogni altro pianeta, e la Luna pure. Non c’è differenza tra terra e cielo: ecco distrutto in poche pagine uno dei dogmi aristotelici più solidi. La nuova fisica costrinse filosofi e teologi a riflettere su come interpretare le Scritture (il celebre problema dell’immobilità del Sole); in termini più moderni, su come coniugare ragione e fede”. Dunque, la Chiesa Cattolica ha sempre dimostrato (e questo è un caso emblematico) di essere talmente forte da ricredersi – quando necessario – arrivando perfino a scusarsi dei propri errori.


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