Secondo alcuni, i mali del nostro Paese sarebbero da attribuire alla politica. Quindi, sarebbe necessario ridurne il ruolo e il potere. A mio parere, invece, ciò che davvero serve a questa nostra Italia, non è meno politica ma, al contrario, più politica di qualità, magari fatta con un minor numero di politici. Ciò che infatti servirebbe davvero e che, credo, i cittadini in questo momento desiderino maggiormente è un tipo di politica che in prima persona sappia assumersi delle responsabilità dei propri fallimenti, compiendo scelte ed elaborando progetti attraverso una gestione attenta e rigorosa: una politica che diriga e serva il Paese, che restituisca alle istituzioni e allo Stato autorevolezza e credibilità nell’ottica di un liberismo moderato che non lo ponga sempre nella condizione di dover abbattere numerosi ostacoli per perseguire il progresso. Nello scorso articolo sulle Autonomie territoriali, avevo posto l’attenzione sul trasferimento dei poteri a Regioni e Comuni metropolitani, poiché ritengo opportuno che lo Stato si occupi di questioni importanti e più complesse laddove, in questi ultimi anni, le amministrazioni locali hanno dimostrato l’incapacità di saperle gestire, creando un danno ai cittadini e all’intero Paese. I molti fallimenti delle politiche, delle leadership e delle amministrazioni degli enti locali, in un modo o nell’altro finiscono sempre con l’esporre l’Italia ad un severo giudizio della Comunità internazionale, ad esempio su problemi quali l’energia, l’acqua o i rifiuti, settori nei quali non capisce più chi deve decidere, se lo Stato o le Regioni. Approfondendo meglio il problema, ci si accorge che il nostro Paese è prigioniero di una classe politica che pratica lo ‘spoil system’, anziché il ‘merit system’, che ha steso sulla società una rete sempre più fitta, tale da impedire a chiunque qualsiasi azione di cambiamento, riducendo gli spazi e mortificando le vocazioni. Si è superato, in particolar modo negli ultimi anni, ogni precedente storico, estendendo il potere ed il controllo della politica sull’organizzazione sociale in maniera ramificata, aumentando la capacità di controllo pur non avendo né credibilità, né consenso effettivo. In effetti, il curioso fenomeno al quale si assiste oggi è che la politica più perde di considerazione da parte dei cittadini e più il suo potere si estende. E, fatto ancor più increscioso, più nella nostra società cresce il desiderio di partecipazione per adoperarsi all’esercizio di una politica fatta di buonsenso, più questa diventa distaccata, indifferente, autoreferenziale. La politica, per gli stessi politici che la esercitano è ormai ostaggio di ‘poteri forti’ come le banche, le assicurazioni, il sistema dell’informazione e della comunicazione, delle miriadi di corporazioni che hanno fatto venir meno quell’equilibrio che caratterizza la giusta regola tra interessi e bisogni del nostro Paese. Ci viene quasi da rimpiangere la prima Repubblica, che almeno, con tutti i difetti che ormai conosciamo, riusciva ad esprimere valori culturali e ideali e i cui leader di allora non possono essere paragonati a quelli di oggi, poiché la loro moralità, la loro onestà intellettuale, la dignità di rappresentare la parte politica del Paese li spingeva a dimettersi al primo scandalo o alla prima tangente. Oggi, personaggi come Bassolino, che ha sottovalutato i rischi di un’intera città di ritrovarsi sommersa dai rifiuti, o la Jervolino ignara, a suo dire, di una Giunta affarista e collusa, non provano alcun rimorso nel continuare a ricoprire i propri incarichi e a rappresentarci agli occhi dell’opinione pubblica internazionale. Non voglio cadere nella trappola del disfattismo tout court. E non mi piace nemmeno generalizzare, perché conosco il valore della politica, i suoi sacrifici, i suoi meccanismi e il suo percorso e, di certo, non aspiro alla perfezione utopica. Ma ritrovare il filo di una politica più utile e intelligente per il nostro Paese, che non è affatto privo di risorse umane e professionali, in tal senso. Rimango convinto che nel nostro panorama politico e in ciascun schieramento ci siano persone capaci e rispettabili, in grado di imprimere all’Italia la spinta necessaria. Solo che queste stentano a riconoscersi e a dialogare tra loro, proprio perché, nonostante siano in grado di esprimere indipendenza, intelligenza e sensibilità sociale, sono prigionieri delle logiche di partito. Che essi ne siano consapevoli o meno, a loro è affidato il compito di evitare il declino dell’Italia.