La Repubblica Centrafricana è una ‘terra di mezzo’ sconosciuta al mondo, apprezzata dai rifugiati del Congo e del Ciad che trovano in questo Paese un luogo sicuro per sfuggire al resto delle guerre che insanguinano la fascia centrale dell’Africa. Nessuno è a conoscenza di quel che accade realmente in questi Paesi. Dalla metà dello scorso anno, la violenza nella Repubblica Centrafricana è cresciuta drammaticamente di intensità nelle regioni settentrionali, con gravi conseguenze per i civili che si sono trovati in mezzo al fuoco incrociato di diversi gruppi armati. Più di recente, la provincia nord - orientale di Vakaga è stata anch’essa colpita da una spirale di violenza. Alla fine di ottobre, un gruppo armato di nuova costituzione ha iniziato a prendere il controllo di diverse ‘città – chiave’ nella provincia di Vakaga. A dicembre, il governo ha annunciato di avere ripreso il controllo della zona. Il problema è che nessuno aveva alcuna informazione sulla situazione umanitaria. I tentativi da parte delle organizzazioni internazionali di valutare i bisogni della popolazione nella regione sono stati bloccati dal governo per oltre un mese. I civili, a Vakaga, sono intrappolati nel mezzo del conflitto, poiché vengono sospettati di sostenere l’una o l’altra parte. La violenza tra i gruppi armati si è tramutata in interi villaggi saccheggiati e bruciati. La gente teme le rappresaglie da parte dell’uno o dell’altro gruppo armato. La maggioranza della popolazione è stata obbligata ad abbandonare i propri villaggi e quasi 15 mila persone ormai si nascondono nei boschi, dove tentano di sopravvivere in condizioni di estrema miseria. La maggioranza della popolazione – si stima tra le 35 mila e le 55 mila persone in tutta la provincia – non ha alcun accesso a nessun tipo di assistenza sanitaria. I centri di salute sono abbandonati, molti dei pochi operatori sanitari hanno lasciato la regione e le poche scorte mediche che, in tempi normali, sarebbero state spedite a Vakaga non hanno raggiunto la gran parte delle province da quando sono iniziati i combattimenti. La popolazione vive in uno stato di insicurezza costante a causa degli attacchi dei banditi, dell’Aprd e delle rappresaglie delle truppe governative. Si stima che, dal 2004 ad oggi, 30 mila Fulbhe, famiglie di pastori particolarmente prese di mira dai banditi di strada, siano scappati in Camerun per sfuggire alle violenze. Almeno lo stesso numero di persone è fuggito nelle foreste vicino ai loro campi, a pochi chilometri dai loro villaggi e vivono sotto ripari di fortuna. Inoltre, la minaccia di nuovi attacchi fa sì che la gente tenda a dileguarsi al minimo allarme. Continua ad aggravarsi la qualità della vita della popolazione e dei rifugiati che cercano, nel Centrafrica, un luogo sicuro dove trovare riparo. Durante gli spostamenti verso il nord, grazie a Padre Aurelio, Missionario dei Frati Carmelitani, ho avuto la possibilità di interagire con i banditi dell’Aprd, alcuni dei quali si sono messi in contatto con i missionari per cercare di uscire fuori da questo vortice di violenza. I loro occhi erano pieni di odio verso qualcosa di sconosciuto, perché non hanno la minima idea di quello che stanno facendo, come spesso succede in queste terre abbandonate in cui tanti giovani africani scelgono la guerra per sfuggire alla povertà. La maggior parte dei miliziani scaglia la propria ‘rabbia’ sui bambini, rapiti e usati come forma di baratto e ricatto nei confronti della popolazione. Questi ‘ragazzini’ sono in possesso delle armi di ultima generazione, divise nuove, droga e alcol. Chi finanzia questi banditi? Non sono ribelli, né guerrieri: sono solo ‘banditi’ che bruciano villaggi, violentano le donne, rapiscono i bambini dei commercianti per poi chiedere in cambio del bestiame. E non si capisce chi li rifornisca di armi, munizioni e di tutto l’equipaggiamento di ultima generazione. L’insicurezza paralizza ogni cosa: gli abitanti dei villaggi continuano a fuggire nella foresta, dove sono particolarmente vulnerabili alla malaria, soprattutto durante la stagione delle piogge, che va da aprile a novembre. Innumerevoli domande non hanno riposta. E la maggior parte dei nostri pensieri intorno a questa terra hanno avuto, invece, regolare conferma: un Paese abbandonato non solo da chi lo governa, ma anche dalle associazioni umanitarie che dicono di svolgere qui da anni le loro attività! Chi lavora seriamente sono solo l’associazione internazionale ‘Medici senza frontiere’, i missionari cattolici e l’Unchr. Il resto, sono solo parole.