Vittorio Craxi

E’ ormai giunto il momento di trarre un primo bilancio politico di questi primi sei mesi di assenza socialista dalle istituzioni parlamentari e dal dibattito nella sinistra italiana. Il saldo è negativo per noi, ma anche per il resto del fronte progressista: mentre in tutta Europa la sinistra s’interroga non solo sul proprio destino, ma anche sulle risposte politiche possibili da dare alla crisi e alla recessione, in Italia non solo non si vuole avviare una seria discussione autocritica sulle ragioni che hanno condotto alla sconfitta un Partito democratico fintamente autosufficiente, ma si è condotta contro il Governo e contro Silvio Berlusconi una politica di opposizione a ‘zig zag’, tanto più poco credibile dopo che l’intera campagna elettorale si era fondata sulla fine della delegittimazione reciproca. In Italia ci sono ormai troppe anomalie, che rappresentano un di più che aggraverà il peso della crisi economica e della recessione: o i due schieramenti avranno il coraggio di assumersi comuni responsabilità o, diversamente, essi aggiungeranno alla crisi finanziaria e di sfiducia che circola nel Paese, l’incapacità di essere all’altezza dei loro compiti. La qual cosa diverrà certamente il debito più alto che verrà lasciato dalla gestione di questi ultimi quindici anni. Non si possono governare le crisi dal sindacato o dal Governo, a cavallo tra i veti pregiudiziali di Epifani e gli atteggiamenti vendicativi e capricciosi di Sacconi: siamo di fronte a poteri politici e di Governo mai così potenti ed arroganti dal dopoguerra ad oggi, mai così irresponsabile innanzi ad un parlamento vistosamente delegittimato dalla stessa forma attraverso la quale è stato eletto. I socialisti devono essere presenti alle prossime elezioni europee in una cornice elettorale che dovrà essere la più vasta ed unitaria possibile. Indubbiamente, vi è stato qualche errore e qualche ritardo da registrare. Tuttavia la condotta del nuovo gruppo dirigente socialista è da considerarsi buona in un momento assai difficile.


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