La legge sulla procreazione medicalmente assistita approvata alla Camera dei Deputati è una normativa dal cui impianto traspare evidente il valore dissuasivo, direi anche deterrente, che si è voluto adottare rispetto alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita, che vengono rese più difficili, più costose, più dolorose.
Basti pensare al divieto di congelamento degli embrioni, in virtù del quale, le donne saranno sottoposte, per ogni impianto, ad interventi medici ripetuti, pericolosi ed altamente invasivi. Si dovranno avere stimolazioni ovariche per ogni impianto ed addirittura si vorrebbe indicare per legge il numero di gameti che si dovrebbero incubare ed il numero di embrioni che si produrranno, scavalcando così, completamente, gli stessi medici, come se loro non sappiano molto meglio di noi, del legislatore, quali siano gli atti tecnici e le procedure che conseguono a queste pratiche. Inoltre, il comma tre dell’art.4 vieta espressamente il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, mentre al comma 4 dell’art 14 si vieta in caso di procreazione medicalmente assistita la riduzione embrionaria di gravidanze plurime, anche se in questo caso non si è potuto fare a meno di tener conto di quanto stabilito dalla 194. Non solo, l’esclusione delle tecniche di procreazione assistita dalle prestazioni sanitarie garantite crea un’evidente ed inaccettabile discriminazione economica, ed apre la strada al triste ed umiliante turismo procreativo ed, ipotesi ancora peggiore, al mercato clandestino.
Questa legge con tutti i suoi divieti entra con violenza nella vita dei cittadini nella loro libertà di scelta, nella vita privata delle coppie.
Con la formulazione di una legge sulla tecniche di procreazione medicalmente assistita avevamo tre obbiettivi da raggiungere: il primo, colmare il vuoto legislativo esistente in materia ed eliminare così il far west biologico, evitando fenomeni come quello delle nonne-mamme e consacrando invece il principio che la libertà non ha niente a che vedere con la manipolazione genetica; il secondo, quello di difendere il principio della libera ricerca scientifica; il terzo, quello di garantire la possibilità di essere genitore anche a quelle donne e a quelle coppie affette da sterilità o infertilità. Ebbene nessuno dei tre mi pare sia stato raggiunto con sufficiente efficacia.
In aula si è discusso poco, troppo poco, di standard qualitativi e di come garantire prestazioni adeguate, molto di più, si è invece discusso di cosa vietare e di come farlo. Peggio ancora ci si è soffermati, quasi esclusivamente, a discutere su quali principi etici e morali imporre ai cittadini.
Quando si è parlato delle tutele del concepito, molti hanno affermato, con disarmante certezza, la qualità di persona umana per l’embrione, che dunque dovrebbe essere per questo soggetto di diritti. Io rispetto chi per convinzione e formazione religiosa sostiene questo principio, ma non credo che lo Stato, in quanto tale, possa fare sue queste convinzioni, imponendole alla collettività, anzi sono convinta del contrario.
Ci si è addirittura soffermati a rimarcare il presunto status giuridico dell’embrione, da giungere fino a metterlo in contrapposizione diretta con quello della donna, i diritti del nascituro sembrano cioè prevalere su quelli della madre, il cui diritto di scelta è violato e vincolato. Sinceramente, non mi pare utile né, tantomeno, opportuno dare il via libera con una legge ad una sorta di competizione tra i diritti della madre e quelli del concepito.
In generale, l’impostazione che sostiene la legge lascia palesemente trapelare il timore del progresso scientifico, rispetto al quale si vorrebbe mettere la testa sotto la sabbia, sotto un cumulo di divieti, come se questi fossero sufficienti a garantirci, quando invece avrebbe dovuto e dovrebbe prevalere la volontà di gestire e governare il cambiamento. Si è parlato poi tanto di famiglia, dando anche a questa una connaturazione squisitamente cattolica, come se i laici, pur non vincolandola esclusivamente all’istituto religioso del matrimonio, non possano condividerne i valori, non siano in grado di riconoscerla come luogo di amore, di rispetto e di educazione dei nuovi individui.
Ho l’impressione che la legge sulla procreazione assistita così come è uscita dalla Camera, risenta troppo di un “debordamento” della cultura cattolica verso posizioni di fondamentalismo ed integralismo, a scapito della realtà, dei desideri, dei bisogni, dei cittadini e di una società moderna ed evoluta.
Si è voluto dare al provvedimento un'impostazione etica che riconosce allo Stato la facoltà di scegliere per i propri cittadini ed imporre a questi le proprie scelte.
Al contrario, personalmente sono convinta che per uno Stato civile il compito fondamentale sia, invece, quello di tutelare i cittadini e di garantirli con servizi adeguati, lasciando i più ampi margini possibili alla libertà individuale.
Purtroppo alla Camera è prevalsa alla concezione di Stato di diritto quella di Stato etico, mi auguro davvero che al Senato si ponga rimedio.
Non basta. Infatti se si legge tra le pieghe, senza neanche tanto sforzo, si comprende facilmente che questo provvedimento, così come è stato pensato, potrebbe innescare un pericoloso meccanismo, potrebbe essere, infatti, un primo passo verso la messa in discussione della 194, la legge sull’aborto.
Già, perché se il ragionamento sull’embrione in caso di procreazione assistita, viene fatto valere in maniera rigorosa, allora tutti i diritti e i divieti concepiti dovrebbero a rigor di logica essere estesi anche in caso di procreazione naturale. Sinceramente mi sembrerebbe troppo, sarebbe un grave errore, se si finisse con l'utilizzare strumentalmente la legge sulla procreazione assistita per rimettere in discussione quella sull’aborto.
Di fronte a tutto questo, per difendere lo Stato di diritto, la legge 194, la libertà individuale e il libero arbitrio, come donna, come socialista ed ancor prima come laica ho intenzione di battermi poichè sono convinta che l’identità laica in questa occasione saprà coagularsi e farsi valere come è gia successo in passato per l’aborto,il divorzio e per tante altre battaglie di civiltà che fanno parte della storia del nostro Paese.




Capogruppo alla Camera dei Deputati del "Nuovo Psi"
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