Aldo Torchiaro

Voi fareste accomodare il massacratore della vostra famiglia nel salotto di casa? Quella che è andata in scena a Montecatini, sotto le insegne del congresso socialista, è la tragedia che, ripetendosi, si è tramutata in farsa. Al Partito Socialista appena l’altro ieri, con le elezioni, è stata inferta non una ferita ma uno squarcio, e di nuovo i nostri si tormentano per non dispiacere troppo al loro carnefice. Il quale ha un nome un cognome. Walter Veltroni è l’uomo che alla vigilia della campagna elettorale, dopo aver commissionato a Goffredo Bettini una valutazione del caso, ha puntato il pollice verso rispetto ai socialisti di Enrico Boselli, decretandone lo sterminio. Proprio lui, il massacratore, si è presentato al congresso di Montecatini, accompagnato da inesauste salve di fischi ma anche da un imbarazzante abbraccio: quello della nuova dirigenza affinché, naufraghi in acqua alta, dal Pd arrivino almeno i salvagente. Dalla tribuna socialista, Veltroni – malgrado la vacuità, ma che volete? – ha potuto parlare. Gli si potrebbe chiedere perché non ha consentito, quando poteva, lo stesso diritto di tribuna ai socialisti. Gli si potrebbe chiedere perché ha scelto e sposato Di Pietro e la linea giustizialista. Perché ha tanto brigato per trovarsi tra le mani il boomerang dei tanti parlamentari di Italia dei Valori. Perché ha detto di no, sulle schede del 13 e 14 aprile, ad un corretto, naturale affiancamento tra i simboli della storia riformista. Perché, dopo un incontro insolitamente clandestino con Boselli e Villetti al Loft, ha deliberato di troncare l’asse italiano del Pse. Ma a tutto questo Veltroni non ha risposto, anche perché nessuno gli ha sollevato la questione a chiare lettere. Il neosegretario socialista, Riccardo Nencini, sostiene anzi che “Veltroni è cambiato, ed è cambiato il suo atteggiamento”. Non sapremmo dire in cosa sia cambiato il segretario del Pd a meno di novanta giorni dalla notizia criminis di cui sopra, né è sembrato di scorgere segni evidenti di pentimento. Piuttosto abbiamo visto a Montecatini la processione degli autoflagellanti, tutti protesi ad infliggersi ogni pena per i tanti, troppi errori platealmente commessi. “Troppa laicità”, ha detto uno. “Troppo poca laicità”, ha detto un altro. E un terzo: “Benissimo la laicità. Ma se ci fossimo occupati anche di qualcos’altro forse sarebbe andata meglio”. Battilocchio, Craxi, Del Bue, De Michelis, Intini, Locatelli (rispettiamo l’abc) e infine Nencini hanno fatto, chi più chi meno, mea culpa davanti a Veltroni. E chi non ha fatto “mea culpa” si è prestato ad incolpare il vicino di posto: siamo stati fessi, hanno concluso in coro. E ci hanno giustamente puniti. Roba da Buio a Mezzogiorno, il romanzo dove Arthur Koestler racconta del perverso ingranaggio dei tribunali staliniani che mandarono a morte nel 1938 molte migliaia di “controrivoluzionari”. I massacratori imponevano ai condannati a morte, prima dell’esecuzione, di salire su un palco a enumerare a gran voce le ragioni per le quali avevano sbagliato, e per cui meritavano la massima pena. Peccato che a Montecatini non ci fosse Bucharin ma qualche assessore che, tenendo famiglia, cerca riparo. Ma chi ha più sentito parlare del pantheon del Pd, dove secondo Fassino avrebbero posto Bettino Craxi? Chi ha più avuto notizie di Ottaviano Del Turco? A qualcuno la storia evidentemente non insegna niente. C’è sempre chi, fulminato dalla sindrome di Stoccolma, o da quella di Koestler, si mette in fila senza farsi troppe domande sulle purghe che lo aspettano.


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Fabrizio Federici - Roma - Mail - lunedi 28 luglio 2008 9.51
Bravo, Aldo! Condivido non al 100, ma al 1000%! A presto Fabrizio Federici ( coordinatore rivista "Genesi")


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