Vittorio Lussana

Il recente successo di Gianni Alemanno alla corsa per la carica di sindaco di Roma ha dimostrato, una volta di più, che la sinistra italiana non può rinunciare alle proprie origini cultural – popolari e deve assolutamente tornare alle ‘sudate carte’ delle proprie analisi di costume più rovistanti e razionali, anziché continuare ad affidarsi ad operazioni ‘cosmetiche’ meramente di facciata. Ricostruire il Pci, ‘travestendolo’ da Democrazia cristiana, non offre nulla di nuovo ad un elettorato in grado di accertare da solo l’impronta burocratica di un ceto politico che si è illuso di poter inseguire Berlusconi sulla strada del paternalismo più effimero e di basso profilo: queste sono operazioni che rischiano solamente di rinchiudere la sinistra italiana all’interno di stucchevoli ‘torri d’avorio’, impedendole di interessarsi alle difficoltà concrete della vita quotidiana dei cittadini. Una sinistra che dimentica, oltre al proprio nome, persino il proprio cognome, non può essere in grado di offrire alcuna valida alternativa al ‘berlusconismo’, all’orgoglio ‘territorialista’ della Lega Nord o a quello ‘nazional – populista’ di Alleanza Nazionale. Una cultura progressista degna di questo nome non deve mai dimenticare i problemi dei più deboli, il degrado imperante nelle periferie, la scarsa mobilità sociale imposta dalla più antimeritocratica e ricattatoria delle democrazie occidentali. La vittoria delle destre ha dunque il merito di aver svelato i molteplici errori commessi da una classe dirigente puramente autoreferenziale, buona solamente per animare qualche ‘salotto pariolino’, ma che non intende più ‘piegare la schiena’ al fine di analizzare le vere movenze di fondo di una società divenuta multiforme, complessa, variegata. Ciò, tra l’altro, con la tacita complicità di un sistema dell’informazione superficiale ed ingenuo il quale, per interi decenni, si è lasciato abbagliare dai ‘lustrini’ di una ‘pseudo-cultura’ servita solamente, soprattutto nel caso ‘romano’, a coprire un sottobosco parassitario di protezioni clientelari, mentre numerose famiglie oneste e lavoratrici venivano letteralmente espulse dalla cerchia urbana della capitale senza che nessuno fosse in grado di porvi un benché minimo rimedio. Una sinistra divenuta mentalmente pigra, insomma, che si rifiuta ostinatamente di ritornare alle proprie origini riformiste più autentiche e che non è nemmeno in grado di comprendere di essere orfana più di Nanni Loy che di Enrico Berlinguer.




(articolo tratto dalla rubrica settimanale '7 giorni di cattivi pensieri', pubblicata sul sito web di informazione e cultura www.diario21.net)
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Vittorio Lussana - Roma - Mail - mercoledi 14 maggio 2008 18.23
Grazie, Guglielmo. Innanzitutto, perché hai capito perfettamente cosa intendevo nel mio brano. In secondo luogo, perché lo sforzo di tuo padre è stato generoso, originale e prezioso, apprezzabilissimo anche da chi non si ritiene legato ad appartenenza, ideologica e politica, alcuna. Intellettuali come Nanni Loy erano la vera forza propulsiva della sinistra di allora. E ci mancano tanto, per il valore di indagine e di ricerca del loro contributo.
Grazie ancora per il commento.
VL
Krizia - Chiavari - Mail - mercoledi 7 maggio 2008 10.56

Il potere logora chi non lo ha
guglielmo - roma-italia - Mail - lunedi 5 maggio 2008 10.37
non è comune imbattersi in commenti così originali come questo. Per me, in particolare, vedere associato il nome di mio padre alla "crisi" di una sinistra che non sa "leggere" la società colpisce molto. Immagino si faccia riferimento al lavoro televisivo e cinematogrifico, modello "specchio segreto" che, dando la voce alle gente, senza forzature e pregiudizi, le rendeva non solo protagoniste ma anche testimoni di ciò che si vive, nel bene e nel male. Complimenti.
Guglielmo Loy


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