A quanto pare, per il Sindaco Veltroni il ‘modello – Roma’ è ormai fallito. Dal teatro Ambra Jovinelli, infatti, Veltroni è sembrato voler scaricare il modello amministrativo di cui si vantava tanto, presumo per il fatto che si senta un po’ sulla graticola dopo il monito del Papa sul degrado e l’insicurezza di questa città, soprattutto laddove il fallimento dell’attuale amministrazione capitolina è sotto gli occhi di tutti in termini di politica dei trasporti, viabilità, sociale, sicurezza e soprattutto abitativa. L’emergenza abitativa che doveva trovare risposte in quell’ideologia di sinistra favorevole ad una politica per la casa, alla fine si è ritrovata figlia di una politica ‘lobbystica’ dei maggiori costruttori di Roma, non da ultimo il sistema di stipulare contratti d’affitto di milioni di euro con alcuni costruttori compiacenti, al fine di realizzare dei residence esclusivi in varie zone periferiche da utilizzare come centri di permanenza temporanea in attesa di un alloggio popolare. Un piano che non è minimamente riuscito. Non a caso, infatti, l’Unione inquilini di Roma e Lazio ha denunciato quell'accordo tra Comune e costruttori, poiché favorevole soltanto per questi ultimi, facendo passare oltretutto l'intesa come soluzione dell'emergenza abitativa. Per l’ennesima volta, il Comune di Roma ha allora riproposto un accordo finalizzato alla costruzione di 20.000 alloggi per la graduatoria generale delle case popolari, in affitto a canone concordato, previsti dalla delibera 110 del maggio del 2005 che, secondo le promesse dell’assessore Minelli, dovevano essere costruiti ed assegnati nel dicembre di quest’anno. Nel frattempo, l’emergenza casa si è arricchita di altre migliaia di famiglie che non riescono a trovare un’abitazione a costi sostenibili e i nuclei familiari in graduatoria, che nel 2005 erano 24.000, sono ora diventati oltre 32.000. Al momento, alle promesse dell’assessore Minelli non è seguita alcuna realizzazione, mentre la Giunta ha licenziato una proposta di delibera, la n. 206, che con la scusa dell’emergenza abitativa autorizza i grandi costruttori ad edificare oltre 4000 alloggi in zone periferiche - già vittime di carenze infrastrutturali e, quindi, in condizioni non favorevoli per l’integrazione delle famiglie disagiate - senza alcun vincolo in ordine al canone o al costo dell’intera operazione finanziaria. Ma ormai al buon Veltroni, Roma sembra non interessare più. E ‘Valterino’ sembra essersi anche dimenticato che, insieme all’’Assessore Minelli, aveva stipulato un protocollo d’intesa con le organizzazioni dei costruttori - tra cui l’Acer e la Lega delle cooperative - per “la costruzione e gestione, entro il 2011, di 20.000 alloggi destinati all’emergenza abitativa e all’housing sociale”. Tuttavia, sono ormai più di due anni che l’amministrazione parla di un programma di 20.000 alloggi da realizzare dal 2007 al 2011: siamo all’inizio del 2008 e di queste case ancora non si vede neanche l’ombra. In verità, con quest’accordo Veltroni utilizza la promessa di nuove case per fare un altro regalo ai costruttori e agli speculatori. Infatti, il suddetto protocollo non dice dove, come e con quali tempi saranno costruite le nuove abitazioni, né come verranno assegnate e a quali canoni. L’unica cosa certa è che il Sindaco impegna la città di Roma a regalare ai costruttori nuove aree pubbliche su cui costruire. Questo non è che l’ennesimo insulto ai cittadini e al Consiglio comunale, visto che il nuovo Piano Regolatore, che già prevedeva la ‘colata’ di milioni di metri cubi di cemento, non giova affatto all’emergenza abitativa. Ora, è ‘acqua passata’: egli non ha più bisogno del consigliere disubbidiente Nunzio D’Erme di Action, al quale ha delegato il bilancio partecipato per acchiappare i voti dei movimenti. Ora è il momento di scaricare una certa sinistra, anche se gli ha permesso di essere eletto per ben due volte, e di dire (parole sue) davanti alla platea del Pd, che “ho sentito da certe forze di sinistra reazioni del tutto incomprensibili”. Per Veltroni, i panni del Sindaco sono ormai logori: è ora di indossare quelli del premier, con buona pace di Prodi.