Elisabetta Chiarelli

'Le regole della casa del sidro' è un film del 1999 diretto dal regista Lasse Hallstrom e tratto dall’omonimo romanzo di John Irving. La pregevolezza di quest’opera risiede nell’aver trattato in modo ineccepibile un tema assai doloroso e complesso, tornato oggetto in questi ultimi anni di un intenso dibattito socio-culturale. L’argomento è l’interruzione volontaria di gravidanza. L’intento dell’attuale governo italiano di rafforzare l’opera dei consultori a supporto delle donne che intendano prendere questa decisione, impone una serie di riflessioni. Faceva notare la giornalista Stella Pende, in un noto talk show televisivo, quanto sia importante chiarire la portata di questi contributi al sostegno psicologico delle donne in difficoltà. Il timore è che provengano, in prevalenza, da membri dell’organizzazione ‘Pro-life’, non sempre sufficientemente abilitati nel trovare le argomentazioni migliori per accompagnare le donne in una fase così delicata. Il tema richiede un approccio estremamente umile e cauto: non è consentito arroccarsi su posizioni precostituite. Anche perché, chi decide di abortire è spesso una persona che si trova con le 'spalle al muro', intenta ad assumere una decisione che forse non avrebbe mai pensato di intraprendere. Per tale ragione, ci chiediamo come ancora possa essere ammessa, in un ordinamento statale che si professa laico, l’obiezione di coscienza. In casi diversi da quello in oggetto, la condotta di un medico che si astiene dal prestare la propria opera integrerebbe un reato: l’omissione in atti di ufficio. Non si comprende come, a  distanza di più di quarant’anni dall’introduzione della Legge 194, non sia ancora abbastanza chiaro che rifiutarsi di intervenire chirurgicamente significa consegnare una donna a rischi altissimi per la sua vita e per la sua salute. E ciò in piena contraddizione con lo spirito stesso della legge in oggetto, che coerentemente con i valori costituzionali si prefigge nel bilanciamento tra il diritto a nascere e il diritto a interrompere la gravidanza, di privilegiare, sempre e comunque, la vita della donna. Infatti, nel film ‘Le regole della casa del sidro’, il personaggio interpretato da Michael Kane riassume perfettamente quell’ideale equilibrio che dovrebbe contraddistinguere l’operato di un medico, di uno psicologo, di chiunque sia chiamato a dare il proprio contributo in una situazione così delicata. Il dottor Larch, oltre a essere uno dei pochi medici abortisti operativi negli Stati Uniti d’America negli anni del secondo conflitto mondiale, è al contempo il direttore di un orfanotrofio, profondamente affezionato ai suoi piccoli ospiti, sinceramente innamorato della vita. I due aspetti non sono affatto in contraddizione: amare la vita e l’umanità significa non giudicare mai, ma cercare di porsi in ascolto, di comprendere la realtà in tutte le sue declinazioni, anche in quelle più dolorose e scottanti. L’operatore sociale non deve mai far mancare il suo soccorso morale e tecnico a chi soffre: questo è l’insegnamento che il dottor Larch tramanda al suo allievo Homer, vero protagonista della storia. L’obiezione di coscienza, in un Paese in cui oltretutto non è ammessa la scriminante culturale, ossia l’esclusione della rilevanza penale di un fatto in ragione dei valori per i quali viene compiuto, non ha un senso, perché svolgere una missione sociale, quale essa sia, non significa fare ciò che è più comodo, ma ciò che è doveroso e indispensabile. Sarebbe auspicabile, ove possibile, che venisse valorizzato il ruolo della coppia, in una vicenda così delicata. Chi sostiene che l’inviolabilità della scelta d’interrompere una gravidanza risieda nel fatto che la donna ha il diritto di disporre liberamente del suo corpo, svilisce imperdonabilmente la complessità di questa problematica. Scegliere se abortire o meno non è la stessa cosa che decidere di sottoporsi a un intervento di chirurgia estetica o una forma di edonismo sociale. E’ una decisione che investe l’anima più che il corpo. Si dica ciò che si vuole, ma il concepimento di una vita cambia le prospettive: è una rivoluzione copernicana a cui nessuno può dichiararsi indifferente. Per questa ragione, una donna che si trova nella delicata condizione di decidere se diventare madre, non deve mai sentirsi sola, né tanto meno colpevole. E’ solo un luogo comune che coloro che decidono di abortire disprezzino la vita e siano incapaci di amare. Anzi, il più delle volte è vero esattamente il contrario. E’ un senso di responsabilità e un amore incondizionato per chi ancora non si conosce, ma per cui si percepisce un profondo senso di appartenenza a far temere per ciò che lo attenderà una volta nato. E forse è proprio questa la scommessa che dovrebbe essere proposta a chi si accinge a prendere una decisione così sofferta. La scommessa dell’amore, che ha diritto di vincere su tutto. In particolare sulla paura.


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