Francesca Liani

La Legge di Bilancio 2025 introduce diverse misure restrittive che sollevano gravi preoccupazioni, tanto per la giustizia civile italiana, quanto per i diritti dei nostri connazionali residenti all’estero. La proposta di manovra configura un attacco diretto a garanzie costituzionali fondamentali e alimenta reazioni negative in tutto il Paese e sui social. L’associazione giuristi Iure sanguinis (Agis) con Avvocati uniti per la cittadinanza italiana (Auci) denunciano l’introduzione di un contributo unificato individuale di 600 euro, previsto dalla manovra 2025, per le cause legate al riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis. Questa misura, tendente a imposta per calcolare il contributo unificato per ciascuna singola parte ricorrente, anche quando la domanda venga presentata congiuntamente, introduce una disparità di trattamento rispetto ad altre tipologie di cause civili in cui la domanda viene proposta da più parti in uno stesso processo e, pertanto, vìola gravemente il diritto costituzionale all’uguaglianza, impedendo di fatto la tutela dei propri diritti e e limitando l’accesso alla giustizia. Questo tipo di contributo stabilisce, infatti, una disparità di trattamento non giustificabile tra processi simili con più parti, creando ostacoli sproporzionati per specifiche categorie di ricorrenti, in particolare i richiedenti il riconoscimento della cittadinanza italiana: un oneroso ostacolo all’esercizio di un diritto fondamentale. La manovra, infatti, con questa modifica al Testo unico sulle spese di giustizia, non solo appesantisce economicamente le domande di riconoscimento della cittadinanza, ma discrimina di fatto i richiedenti provenienti da Paesi in condizioni economiche meno favorevoli, colpendo in particolare i nostri connazionali di origine italiana residenti in Sud America e in altri Paesi a valuta debole. La previsione di un contributo elevato e non proporzionato all’effettiva capacità contributiva dei richiedenti appare in palese contrasto con i principi costituzionali di uguaglianza (art. 3 della Costituzione) e di tutela dei diritti fondamentali (art. 24 C.), compromettendo l’accesso alla giustizia e il diritto di ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis. Tale norma pone una barriera economica ingiustificata, che penalizza i discendenti di italiani nati all’estero, per i quali la cittadinanza rappresenta un elemento di identità e di appartenenza. Inoltre, l’articolo 10 della Costituzione italiana riconosce che “l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute”. E il diritto alla cittadinanza iure sanguinis risponde a questa interpretazione internazionale, essendo riconosciuto come un diritto per i discendenti italiani nati all'estero. Con un contributo così gravoso, la manovra si pone in antinomìa con i principi di tutela e di riconoscimento della cittadinanza per i connazionali all’estero, compromettendo l’effettività di tale diritto. L’articolo 111 della Costituzione assicura il diritto a un “giusto processo”, intendendo con questo un procedimento giurisdizionale accessibile, effettivo ed equo. La sentenza n. 119 del 2015 della Corte costituzionale ha ribadito che la presenza di barriere economiche significative per accedere alla giustizia viola il principio del 'giusto processo', rendendo la giustizia inaccessibile per una parte della popolazione. L’imposizione di contributi aggiuntivi in un unico procedimento per ogni partecipante potrebbe, infatti, limita di fatto l’accesso alla giustizia e rende la tutela giurisdizionale meno equa. Oltre a tutto questo, la misura va a creare un’illegittima disparità di trattamento tra discendenti, poiché coloro che hanno una discendenza paterna e possono ottenere il riconoscimento del proprio diritto presso i Consolati italiani all’estero sono soggetti al pagamento di una tassa di 300 euro a testa, mentre coloro che vantano una discendenza materna e devono necessariamente ottenere la tutela del proprio diritto in via giudiziale, saranno costretti a pagare il doppio (600 euro) per ottenere il riconoscimento del proprio status. Anche all’interno della medesima categoria di diritti, la misura viola palesemente il principio di uguaglianza (art. 3 C.), penalizzando coloro che hanno una discendenza materna. In conclusione, l’introduzione del contributo di 600 euro per la richiesta della cittadinanza italiana appare una manovra ad alto rischio, basata su una stima probabilmente lontana dalla realtà. Se l’obiettivo è quello di garantire entrate fiscali significative, questa previsione potrebbe rivelarsi un’illusione.


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