Elisabetta Lattanzi

Lo scorso 18 ottobre 2024, presso la sala del Refettorio della Camera dei deputati, si è tenuta la tavola rotonda sulla cittadinanza italiana 'iure sanguinis'. Con questo termine si è aperto il dibattito riguardante gli italiani nati all’estero che chiedono la cittadinanza italiana in base al principio del diritto di sangue (iure sanguinis, ndr). Per ottenere il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis è necessaria la discendenza da famiglia italiana (avi emigrati) e l’assenza di interruzioni nella trasmissione della cittadinanza stessa. La Legge 555 del 1912 consentiva ai figli di italiani nati all’estero di conservare la cittadinanza italiana. Un concetto ribadito dalla Legge 91 del 1992, che rafforza l’idea di “legame persistente” con l’Italia. Il procedimento per ottenere tale cittadinanza è lungo e per niente facile come potrebbe sembrare. L’evento è stato organizzato dall’Auci (Avvocati uniti per la cittadinanza italiana) e dall’Agis (Associazione giuristi iure sanguinis), che hanno sottolineato le numerose difficoltà di questo iter, presentando casi concreti, prassi e organizzazione dei diversi tribunali italiani, modelli comparatistici di integrazione culturale e politica, riferimenti al giusto processo civile e alle tecniche decisorie nei giudizi di riconoscimento della cittadinanza. Recentemente, la questione della cittadinanza è tornata fortemente alla ribalta, a causa di coloro che stanno mettendo in discussione il diritto degli italiani nati all’estero di ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana secondo il principio dello iure sanguinis. Alla base di questa 'marcia indietro' c’è la paura di quelli che pensano che dietro alla richiesta di cittadinanza ci sia solo l’interesse a ottenere il passaporto italiano, per avere così libertà di circolazione e soggiorno nel territorio europeo. Tutti i numerosi partecipanti all’incontro, sociologi, avvocati, antropologi, giudici, professori universitari, esponenti del mondo politico, hanno invece calorosamente sostenuto la difesa del mantenimento della cittadinanza iure sanguinis, sostenendo che sia un valore aggiunto per l’Italia non solo per il calo demografico, per la mancanza di personale qualificato che provoca il grande 'mismatch' (disequilibrio) tra domanda e offerta di lavoro, ma anche perché ciò rappresenterebbe l’ingresso dell’Italia in alcune aree come il Mercosur (America Latina, ndr). La Fondazione Migrantes sottolinea che solo il 3% degli italiani all’estero ha chiesto la cittadinanza. E invita a considerare il potenziale degli italiani all’estero, in particolare in Brasile, dove è stato notevole il loro contributo per l’aumento della ricchezza economica e la crescita del Pil. Da umili emigranti spinti dalla miseria tra il 1880 e il 1914, gli italiani nel mondo si sono distinti per la creatività, la generosità, l’identità culturale, lo spirito d’iniziativa e l’amore per il bello che li ha portati ad avere successo e riconoscimento fuori dalla Patria, sono diventati improvvisamente un problema? Il sociologo genealogista Daniel Taddone, presente all’incontro, ha narrato come "il grande esodo di 15 milioni di italiani, sia stato alla base della scelta della cittadinanza iure sanguinis". Una decisione maturata come un “progetto di Stato”, ossia un piano per mantenere forte il legame tra gli emigrati e la Madre Patria, rafforzato anche da accordi presi con i Paesi di destinazione. L’Italia transoceanica era vista come un nuovo orizzonte: un nuovo tipo di colonialismo, che metteva in moto il capitalismo grazie alle rimesse degli italiani all’estero. Il presidente dell’Auci, dottoressa Monica Restanio, ha poi specificato che "i lavori di questa tavola rotonda è  stata organizzata come omaggio agli italiani costretti a lasciare il nostro Paese, a coloro che hanno sempre mantenuto nella mente e nel cuore l’idea e la volontà di essere italiani e che, per questo, hanno continuato a trasmettere da generazione in generazione i valori, le tradizioni, la Storia e la cultura italiani, affinchè non venissero dimenticati". L’incontro ha dunque rappresentato non solo la necessità di tutelare gli italiani all’estero, ma di riflettere sul tema della cittadinanza con una visione più ampia e costruttiva, che vada oltre i pregiudizi e gli stereotipi. I lavori, infine, si sono chiusi con la notizia della costituzione di una nuova associazione, che riunirà tutti coloro che hanno a cuore la tutela dei diritti degli italo-discendenti.


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