Elisabetta Lattanzi‘Solo la verità lo giuro’ è il titolo dell’ultimo libro del giornalista e saggista, Antonio Padellaro. Divenuto giornalista professionista nel 1968, il collega ripercorre la propria storia personale nel mondo del giornalismo, dagli esordi alle direzioni dei maggiori quotidiani italiani. Il volume, edito da Piemme, è scritto con molta sincerità, con un linguaggio vivo ed efficace, senza giri di parole, permettendo al lettore di scorrere piacevolmente le pagine senza annoiarsi attraverso aneddoti e curiosità che riguardano non solo la vita del giornalista, ma anche quella dei potenti personaggi politici che sono stati al centro delle vicende della Storia italiana. Si intrecciano storie personali di colleghi, politici e uomini d’affari che hanno condizionato il giornalismo italiano; e incuriosiscono gli scoop e i retroscena che spesso hanno accompagnato le notizie. Interessante la narrazione di come sia cambiato il modo di fare giornalismo con l'avvento di internet, che ha frenato la produzione del cartaceo. Nel corso della narrazione, traspare ogni tanto la malinconia dell’autore e la nostalgia per le vecchie redazioni, per quegli stanzoni 'spartani' dove sono nati gli articoli più letti o che hanno venduto numerose copie, mentre oggi sono poche le persone che si recano in edicola ad acquistare un quotidiano, perché la maggior parte dell’informazione passa attraverso la rete. Tutto è più rapido e immediato: il 'pianeta cartaceo' ha perso il primato. La rete non dorme mai: ci sono aggiornamenti continui e istantanei. E il pericolo diviene quello di una mancata verifica delle notizie o di una scarsa attendibilità delle fonti. Antonio Padellaro scrive di sentirsi “come il sopravvissuto di un pianeta che progressivamente scompare”. L’idea d'informazione com'era concepita negli anni ’60 del secolo scorso si è sostanzialmente esaurita. E il concetto del giornale come immagine del mondo è svanita. L’autore ripercorre più di cinquant’anni di giornalismo con ricordi personali, ritratti di amici, colleghi e persone che sono state, per lui, dei “maestri”. A tratti, più che un libro, questo lavoro sembra quasi un diario, per via delle riflessioni e dei ricordi che sono quasi confessioni, considerazioni ‘di dentro’ mantenute in serbo per lungo tempo che volevano emergere con forza. Nei vari capitoli, si possono cogliere alcuni consigli per i giovani scrittori e redattori. Come, per esempio: “Il vero peccato imperdonabile del giornalismo: la noia”.





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