‘Solo la verità lo giuro’ è il titolo dell’ultimo libro del giornalista e saggista,
Antonio Padellaro. Divenuto giornalista professionista nel
1968, il collega ripercorre la propria storia personale nel mondo del giornalismo, dagli esordi alle direzioni dei
maggiori quotidiani italiani. Il volume, edito da
Piemme, è scritto con molta
sincerità, con un linguaggio vivo ed efficace, senza giri di parole, permettendo al lettore di scorrere piacevolmente le pagine
senza annoiarsi attraverso aneddoti e curiosità che riguardano non solo la vita del
giornalista, ma anche quella dei
potenti personaggi politici che sono stati al centro delle vicende della Storia italiana. Si intrecciano
storie personali di colleghi, politici e uomini d’affari che hanno condizionato il
giornalismo italiano; e incuriosiscono gli
scoop e i
retroscena che spesso hanno accompagnato le
notizie. Interessante la
narrazione di come sia cambiato il modo di
fare giornalismo con l'avvento di
internet, che ha frenato la produzione del
cartaceo. Nel corso della narrazione, traspare ogni tanto la
malinconia dell’autore e la nostalgia per le vecchie
redazioni, per quegli
stanzoni 'spartani' dove sono nati gli articoli più letti o che hanno venduto numerose copie, mentre oggi sono poche le persone che si recano in
edicola ad acquistare un
quotidiano, perché la maggior parte dell’informazione passa attraverso la
rete. Tutto è più rapido e immediato: il
'pianeta cartaceo' ha perso il
primato. La
rete non dorme mai: ci sono aggiornamenti continui e istantanei. E il
pericolo diviene quello di una
mancata verifica delle notizie o di una
scarsa attendibilità delle fonti.
Antonio Padellaro scrive di sentirsi
“come il sopravvissuto di un pianeta che progressivamente scompare”. L’idea
d'informazione com'era concepita negli
anni ’60 del secolo scorso si è sostanzialmente
esaurita. E il concetto del
giornale come
immagine del mondo è
svanita. L’autore ripercorre più di
cinquant’anni di giornalismo con ricordi personali, ritratti di amici, colleghi e persone che sono state, per lui, dei
“maestri”. A tratti, più che un libro, questo lavoro sembra quasi un
diario, per via delle riflessioni e dei ricordi che sono quasi
confessioni, considerazioni
‘di dentro’ mantenute in serbo per lungo tempo che volevano emergere con forza. Nei vari capitoli, si possono cogliere alcuni
consigli per i giovani scrittori e redattori. Come, per esempio:
“Il vero peccato imperdonabile del giornalismo: la noia”.