Carmen PostaSull’importanza dell’amicizia sono stati scritti trattati interi. Il rapporto con l’Altro, infatti, è un riflesso di chi si è, di come ci si mostra, della tolleranza e benevolenza che abbiamo verso noi stessi e gli altri. Delle nostre criticità, che scivolano via da noi con la fresca risata che solo un vero amico sa regalarci. Spontaneità, accettazione, rispetto, condivisione: il senso della vita nella semplicità del rapportarsi senza aspettative, liberamente, con chi semplicemente vuol essere e farci essere. Per comprendere il rapporto umano più antico della Storia, bisogna aprire una finestra nel tempo. Fino ad arrivare alle remote epoche di cui abbiamo, oggi, più contezza e una buona documentazione: le antiche civilizzazioni dei greci e dei romani. I primi svilupparono un’elaborata teoria, che analizzava l’amore in tutte le sue forme. Una di queste era l’amicizia, che loro chiamavano “philía”: una forma di affetto fraternale, dove prevalevano sentimenti come la stima, il rispetto, la fiducia e la simpatia. La visione dei romani, invece, era senza dubbio quella spiegata nel 'Laelius de amicitiaì di Marco Tullio Cicerone, che la descrive come un “rapporto onesto e virtuoso, alla cui base vi è la fiducia, la verità e la morale”. Aristotele, per parte sua, aveva scritto nell’Etica a Nicomaco: “Nessuno sceglierebbe di vivere senza amici, neppure se avesse tutti gli altri beni messi insieme. Il desiderio di amicizia è rapido a nascere, l’amicizia no. L’amico è un altro se stesso”. In termini filosofici, dunque, l’amicizia è un sentimento che matura lentamente, che va soppesata e messa alla prova. Noi, infatti, ci conosciamo continuamente attraverso il rapportarci. Scopriamo chi ci circonda e ciò che è la verità dell’essere amici. Un mistero che si svela, che accade e si cerca di mantenere intatto. Come un piccolo tesoro, che ci salverà da noi stessi e dalle rigidità del mondo adulto. Perché con i nostri amici torniamo bambini: non c’è filtro, niente da nascondere. Possiamo fluire ed essere noi stessi, senza pretensioni. Crescendo, diventiamo responsabili e mettiamo qualcosa da parte: una parte di noi. Ed ecco che tutto riaffiora in un ricordo, che è più che una memoria o un’immagine composta di sensazioni. Sono le emozioni di chi eravamo, di una parte di noi che ancora è viva nel rapporto con l’amico: quella ricerca spasmodica, adulta, dell’ordine in un’apparente stabilità inesistente. Ci annichilisce e ci trasforma nei nostri piccoli incubi nascosti. Amabilmente, senza malizia, con dolcezza: così ci si prende cura tra amici. Si vive con sofficità e semplicità. Si è e basta. Come elaborato splendidamente nel pensiero di Mikayel Ohanjanyan: “Non sai bene se la vita è viaggio, se è sogno, se è attesa, se è un piano che si svolge giorno dopo giorno e non te ne accorgi, se non guardando all’indietro. Non sai se ha senso. Ma in certi momenti, il senso non conta: contano i legami”.





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