Sull’importanza
dell’amicizia sono stati scritti trattati interi. Il rapporto con
l’Altro, infatti, è un riflesso di chi si è, di come ci si mostra, della tolleranza e benevolenza che abbiamo verso noi stessi e gli altri. Delle nostre
criticità, che scivolano via da noi con la
fresca risata che solo un
vero amico sa regalarci. Spontaneità, accettazione, rispetto, condivisione: il senso della vita nella semplicità del
rapportarsi senza aspettative, liberamente, con chi semplicemente vuol essere e farci essere. Per comprendere il
rapporto umano più antico della Storia, bisogna aprire una finestra nel tempo. Fino ad arrivare alle remote epoche di cui abbiamo, oggi, più
contezza e una
buona documentazione: le antiche civilizzazioni dei
greci e dei
romani. I primi svilupparono
un’elaborata teoria, che analizzava
l’amore in tutte le sue forme. Una di queste era
l’amicizia, che loro chiamavano
“philía”: una forma di
affetto fraternale, dove prevalevano sentimenti come la
stima, il
rispetto, la
fiducia e la
simpatia. La visione dei
romani, invece, era senza dubbio quella spiegata nel
'Laelius de amicitiaì di
Marco Tullio Cicerone, che la descrive come un
“rapporto onesto e virtuoso, alla cui base vi è la fiducia, la verità e la morale”. Aristotele, per parte sua, aveva scritto
nell’Etica a Nicomaco: “Nessuno sceglierebbe di vivere senza amici, neppure se avesse tutti gli altri beni messi insieme. Il desiderio di amicizia è rapido a nascere, l’amicizia no. L’amico è un altro se stesso”. In termini
filosofici, dunque,
l’amicizia è un
sentimento che
matura lentamente, che va
soppesata e
messa alla prova. Noi, infatti, ci conosciamo continuamente attraverso il
rapportarci. Scopriamo chi ci circonda e ciò che è la verità dell’essere
amici. Un mistero che si
svela, che
accade e si cerca di
mantenere intatto. Come un piccolo
tesoro, che ci
salverà da noi stessi e dalle
rigidità del
mondo adulto. Perché con i nostri amici
torniamo bambini: non c’è
filtro, niente da
nascondere. Possiamo fluire ed essere noi stessi, senza pretensioni. Crescendo, diventiamo
responsabili e mettiamo qualcosa da parte: una parte di noi. Ed ecco che
tutto riaffiora in un ricordo, che è più che una memoria o un’immagine composta di
sensazioni. Sono le
emozioni di chi eravamo, di una parte di noi che ancora è viva nel rapporto con
l’amico: quella
ricerca spasmodica, adulta, dell’ordine in un’apparente
stabilità inesistente. Ci annichilisce e ci
trasforma nei nostri piccoli
incubi nascosti. Amabilmente, senza malizia, con dolcezza: così ci si prende cura tra amici. Si vive con
sofficità e
semplicità. Si è e basta. Come elaborato splendidamente nel pensiero di
Mikayel Ohanjanyan: “Non sai bene se la vita è viaggio, se è sogno, se è attesa, se è un piano che si svolge giorno dopo giorno e non te ne accorgi, se non guardando all’indietro. Non sai se ha senso. Ma in certi momenti, il senso non conta: contano i legami”.