Vittorio Lussana
Nell’epoca dei social network che dettano la linea editoriale anche ai telegiornali, sarebbe buona cosa ricordare una famosa frase di Napoleone Bonaparte: “Quattro giornali ostili sono da temere più di mille baionette”. E’ per questo motivo, infatti, che il mestiere del giornalista risulta, da sempre, temuto e disprezzato: temuto, perché un vero giornalista non può accontentarsi mai delle verità 'ufficiali'; disprezzato, poiché nel perseguire la verità, il giornalista spesso scopre fatti o aspetti tali da poter danneggiare seriamente la reputazione di un ente, un personaggio politico e intere istituzioni. Tuttavia, diviene anche opportuno non alimentare una visione 'messianica' di questa professione, poiché in essa è comunque necessario operare una distinzione tra un giornalismo 'buono' e uno 'cattivo'. Ambedue tali generi non si pongono limiti. Ed entrambi possono parlare qualsiasi linguaggio: per ogni giornalista che indaga onestamente, ne esiste un altro che contesta l’ipocrisia delle notizie immesse in circolazione; per ogni redattore che riporta fedelmente le menzogne di un governo, ne esiste un altro che rischia la morte per raccontare la verità; per ogni giornale che tende a deformare la realtà dei fatti, ve n’è sempre un altro che cerca di penetrare tra le 'maglie' delle fonti ufficiali. Dunque, è sbagliato distinguere tra un giornalismo di destra e uno di sinistra, uno progressista e uno reazionario, uno governativo e uno 'antisistema': esiste solamente un giornalismo 'buono' e uno 'cattivo'.





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