Pur volendo rimanere
neutrali in merito alle
consultazioni europee di questi giorni, invitiamo gli italiani a
non disertare le urne. Ciò per una serie di motivazioni di
principio, che cercheremo di spiegare al meglio attraverso una serie di
riflessioni. Per un antico
retaggio cattolico, lo
Stato, in
Italia, viene
contrapposto al popolo in quanto
realtà 'terza', esterna o addirittura estranea. Dimenticando, invece, che lo
Stato promana proprio dal
popolo e non è affatto una
struttura astratta, puramente intellettuale. Lo
Stato, in buona sostanza, è la
manifestazione stessa della
volontà popolare e della sua autodeterminazione. Ciò vale anche per il rinnovo del
parlamento europeo, in quanto sovrastruttura che necessita di un
rafforzamento proprio per poter svolgere al meglio la propria
funzione di equilibrio, soprattutto sul piano internazionale. Ciò non significa
rivoluzionare il quadro delle nostre
alleanze, bensì che la
Ue dovrebbe svolgere un proprio
ruolo sullo
scacchiere internazionale, con maggior forza e autorevolezza. E
un’Unione europea più
autonoma significa, soprattutto, più
laica, respingendo il tentativo di
'revanche' dei
tradizionalismi religiosi e dei
nazionalismi ideologici, che vorrebbero
snaturarla nei suoi principi ispiratori.
L’Europa, nel corso della propria
Storia, è stata per lunghi secoli indebolita proprio dai
conflitti religiosi. Pertanto, in linea di principio, il cammino di
integrazione della
Ue dev’essere, per forza di cose,
laico nel senso etimologico di questo termine, cioè in quanto
emanazione della
volontà dei
popoli europei. E questa volontà deve sapersi guardare da
nostalgie ideologiche e
tradizionalismi teologico-religiosi. Infatti,
ideologie e
religioni tendono a
trascendere la
norma giuridica, in base a presupposti
moralistici preconfezionati e non mediati dalla
volontà del popolo: è esattamente questo
l’inganno che le
destre più demagogiche ed
estreme cercano di mettere in atto.
Religioni e
ideologie non possono esser poste a fondamento
dell’Unione europea, pur nel pieno rispetto della
libertà di culto dei singoli individui, poiché esse tendono a esprimere
visioni omnicomprensive, che vorrebbero limitare le
libertà dei cittadini.
L’Europa, pur contemplando le diverse culture e tradizioni locali, dev’essere frutto di un
accordo collettivo tra i popoli, non dell’imposizione di
modelli religiosi o
ideologici superati, perché
fede e
speranza, quando non sono mediati dalla
carità, generano solamente
'mostri'. In molte
ideologie, così come nelle
religioni, vi sono
rigore, inquadramento, eteronomia. Ma il rapporto che
l’Unione europea può mantenere con esse dev’essere di sostanziale
presa di distanza, poiché storicamente
religioni, ideologie e
nazionalismi, più che
tutelare i cittadini, si rivelano
custodi dei propri princìpi. Il
popolo, in buona sostanza,
viene dopo la difesa di
teorie utopiche e
riti tribali. La base di
un’Europa moderna, in grado di aggredire i grandi
problemi dell’umanità, non può basarsi su
verità rivelate, come nelle religioni, oppure intorno a
un’impostazione schematica di una
dottrina ideologica, ma sul
dialogo tra tutte le culture, argomentando, discutendo e approfondendo i problemi secondo la più classica
'ragion pura' di derivazione
'kantiana', che non prevede la
prevalenza di una cultura rispetto alle altre.
L’Unione europea non può essere altro che l’associarsi tra
singoli Stati, gruppi, associazioni e
famiglie. E quest’associazione tra
popoli e
culture diverse, che riescono finalmente a darsi degli
obiettivi comuni, è la sola cosa che può facilitare il raggiungimento degli
obiettivi stessi. Oggi, a causa di un poco sviluppato
‘spirito europeo’, prevale una forma di
distacco tra i
cittadini e la
Ue. Anzi, è in atto una forte polemica nei confronti
dell’Unione europea, che nasce da un
mancato riconoscimento delle
istanze del popolo da parte della sua stessa
classe politica, la quale, ricordiamolo,
promana dal popolo, senza delegare nessuno. Il compito di fornire un nuovo assetto di equilibrio e di condivisione tra
singoli Stati-membri dell’Unione europea è, dunque, composta dalla convergenza di
obiettivi, princìpi e
contenuti distinti. Ma per poter ottenere tale
convergenza bisogna evitare che
l’Unione europea sia esposta a
minacce contrarie alla propria natura: quella di una
laicità da cui discende l’idea stessa di
democrazia. Deve, infatti, risultare ben chiaro a tutti che si sta correndo il rischio di
non avere più una democrazia come nei
70 anni dai quali proveniamo, poiché il prevalere
dell’individualismo, della
chiusura egoistica e del
narcisismo autoreferenziale sta mettendo in crisi ogni genere e tipo di
sistema associativo. La
partecipazione democratica, oggi, ha assunto caratteristiche assai più vicine alle
tifoserie da stadio o alle
mode, che aggregano i popoli attorno a
convinzioni di passaggio, che falliscono subito, anche miseramente, i propri obiettivi o
si esauriscono assai velocemente. Al contrario, sono le
capacità aggregative quelle in grado di fornire la possibilità che un
gruppo di popoli si riunisca attorno a dei
progetti comuni. Bisogna, pertanto, recuperare un’idea di
Unione europea intesa come
'popolarità', altrimenti saremo solamente dei
singoli individui 'atomizzati': un
detrito culturale impoverente e arretrato, che discende da una
sterilità morale 'menefreghista', totalmente
'sganciata' da ogni forma di
responsabilità. Una nazione, quando viene lasciata sola, abbandonata a se stessa, tende a
omologarsi alle mode e ad assumere comportamenti che
non sono autonomi, bensì
indotti dalla società che la circonda. Ma la società di oggi, per dirla con
Bauman, è diventata totalmente
“liquida”, sostanzialmente
fluida, dunque soggetta alle
paure e alle
suggestioni più disparate del
populismo e della
demagogia.
(articolo tratto dalla rubrica settimanale 'Giustappunto!', pubblicata su www.gaiaitalia.com)