Vittorio LussanaPur volendo rimanere neutrali in merito alle consultazioni europee di questi giorni, invitiamo gli italiani a non disertare le urne. Ciò per una serie di motivazioni di principio, che cercheremo di spiegare al meglio attraverso una serie di riflessioni. Per un antico retaggio cattolico, lo Stato, in Italia, viene contrapposto al popolo in quanto realtà 'terza', esterna o addirittura estranea. Dimenticando, invece, che lo Stato promana proprio dal popolo e non è affatto una struttura astratta, puramente intellettuale. Lo Stato, in buona sostanza, è la manifestazione stessa della volontà popolare e della sua autodeterminazione. Ciò vale anche per il rinnovo del parlamento europeo, in quanto sovrastruttura che necessita di un rafforzamento proprio per poter svolgere al meglio la propria funzione di equilibrio, soprattutto sul piano internazionale. Ciò non significa rivoluzionare il quadro delle nostre alleanze, bensì che la Ue dovrebbe svolgere un proprio ruolo sullo scacchiere internazionale, con maggior forza e autorevolezza. E un’Unione europea più autonoma significa, soprattutto, più laica, respingendo il tentativo di 'revanche' dei tradizionalismi religiosi e dei nazionalismi ideologici, che vorrebbero snaturarla nei suoi principi ispiratori. L’Europa, nel corso della propria Storia, è stata per lunghi secoli indebolita proprio dai conflitti religiosi. Pertanto, in linea di principio, il cammino di integrazione della Ue dev’essere, per forza di cose, laico nel senso etimologico di questo termine, cioè in quanto emanazione della volontà dei popoli europei. E questa volontà deve sapersi guardare da nostalgie ideologiche e tradizionalismi teologico-religiosi. Infatti, ideologie e religioni tendono a trascendere la norma giuridica, in base a presupposti moralistici preconfezionati e non mediati dalla volontà del popolo: è esattamente questo l’inganno che le destre più demagogiche ed estreme cercano di mettere in atto. Religioni e ideologie non possono esser poste a fondamento dell’Unione europea, pur nel pieno rispetto della libertà di culto dei singoli individui, poiché esse tendono a esprimere visioni omnicomprensive, che vorrebbero limitare le libertà dei cittadini. L’Europa, pur contemplando le diverse culture e tradizioni locali, dev’essere frutto di un accordo collettivo tra i popoli, non dell’imposizione di modelli religiosi o ideologici superati, perché fede e speranza, quando non sono mediati dalla carità, generano solamente 'mostri'. In molte ideologie, così come nelle religioni, vi sono rigore, inquadramento, eteronomia. Ma il rapporto che l’Unione europea può mantenere con esse dev’essere di sostanziale presa di distanza, poiché storicamente religioni, ideologie e nazionalismi, più che tutelare i cittadini, si rivelano custodi dei propri princìpi. Il popolo, in buona sostanza, viene dopo la difesa di teorie utopiche e riti tribali. La base di un’Europa moderna, in grado di aggredire i grandi problemi dell’umanità, non può basarsi su verità rivelate, come nelle religioni, oppure intorno a un’impostazione schematica di una dottrina ideologica, ma sul dialogo tra tutte le culture, argomentando, discutendo e approfondendo i problemi secondo la più classica 'ragion pura' di derivazione 'kantiana', che non prevede la prevalenza di una cultura rispetto alle altre. L’Unione europea non può essere altro che l’associarsi tra singoli Stati, gruppi, associazioni e famiglie. E quest’associazione tra popoli e culture diverse, che riescono finalmente a darsi degli obiettivi comuni, è la sola cosa che può facilitare il raggiungimento degli obiettivi stessi. Oggi, a causa di un poco sviluppato ‘spirito europeo’, prevale una forma di distacco tra i cittadini e la Ue. Anzi, è in atto una forte polemica nei confronti dell’Unione europea, che nasce da un mancato riconoscimento delle istanze del popolo da parte della sua stessa classe politica, la quale, ricordiamolo, promana dal popolo, senza delegare nessuno. Il compito di fornire un nuovo assetto di equilibrio e di condivisione tra singoli Stati-membri dell’Unione europea è, dunque, composta dalla convergenza di obiettivi, princìpi e contenuti distinti. Ma per poter ottenere tale convergenza bisogna evitare che l’Unione europea sia esposta a minacce contrarie alla propria natura: quella di una laicità da cui discende l’idea stessa di democrazia. Deve, infatti, risultare ben chiaro a tutti che si sta correndo il rischio di non avere più una democrazia come nei 70 anni dai quali proveniamo, poiché il prevalere dell’individualismo, della chiusura egoistica e del narcisismo autoreferenziale sta mettendo in crisi ogni genere e tipo di sistema associativo. La partecipazione democratica, oggi, ha assunto caratteristiche assai più vicine alle tifoserie da stadio o alle mode, che aggregano i popoli attorno a convinzioni di passaggio, che falliscono subito, anche miseramente, i propri obiettivi o si esauriscono assai velocemente. Al contrario, sono le capacità aggregative quelle in grado di fornire la possibilità che un gruppo di popoli si riunisca attorno a dei progetti comuni. Bisogna, pertanto, recuperare un’idea di Unione europea intesa come 'popolarità', altrimenti saremo solamente dei singoli individui 'atomizzati': un detrito culturale impoverente e arretrato, che discende da una sterilità morale 'menefreghista', totalmente 'sganciata' da ogni forma di responsabilità. Una nazione, quando viene lasciata sola, abbandonata a se stessa, tende a omologarsi alle mode e ad assumere comportamenti che non sono autonomi, bensì indotti dalla società che la circonda. Ma la società di oggi, per dirla con Bauman, è diventata totalmente “liquida”, sostanzialmente fluida, dunque soggetta alle paure e alle suggestioni più disparate del populismo e della demagogia.




(articolo tratto dalla rubrica settimanale 'Giustappunto!', pubblicata su www.gaiaitalia.com)


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