
Sulla base di quanto emerso dagli studi di ricerca e sviluppo già applicati in Norvegia e Svezia, l’Italia si troverebbe in una posizione ottimale, anche per motivi semplicemente geografici, per l’attuazione del Piano di cooperazione ecologica e strutturale. L’importanza degli investitori italiani impegnati nel settore del riutilizzo e del riciclo era già riscontrabile nel campo di un materiale fondamentale come il metallo: una risorsa esclusiva, riutilizzabile come elemento integrativo, supplementare e sostitutivo in molti progetti orientati alla costruzione o alla riqualificazione delle nuove 'città sostenibili'. Da quanto espresso dalle ricerche effettuate dagli studi artici, per esempio, non si può che comprendere la necessità di rendere il nostro Paese sempre più adeguato ai piani di sviluppo e investimento nord-europei. Il Piano di cooperazione concordato e avanzato da parte delle principali istituzioni, europee e mondiali, risponde a primarie esigenze di rarefazione e di abbattimento delle polveri sottili nell’aria che respiriamo e di riduzione dell’inquinamento acquifero. Ma soprattutto, dalla possibilità di poter beneficiare di ogni effetto positivo dagli investimenti preannunciati, trovando soluzioni adeguate, adatte alle evidenti problematiche strutturali presenti in Italia. Ciò a causa di un uso incontrollato di molti materiali tossici. Ed è per questo che si può pensare alla realizzazione di strutture più adeguate e a impianti per un uso corretto dei materiali riutilizzabili, in linea con il Piano di coordinamento e sviluppo europeo. L’importanza e l’evidenza di dover salvaguardare il nostro patrimonio ambientale, paesaggistico e anche artistico ci aiuterebbe a non alterare il valore essenziale delle nostre bellezze storiche, urbanistiche ed estetiche, anche in termini di manutenzione a lungo termine, adeguandosi con le più recenti ricerche scientifiche nelle realizzazioni progettuali all’interno delle nostre città. Non tralasciando, ovviamente, tutto ciò che caratterizza l’inclusione di una proiezione più aperta ed evoluta anche in termini di sicurezza sul lavoro e altri molteplici aspetti, mai realmente affrontati in molte delle nostre regioni italiane. Ne abbiamo parlato di recente con Monica Paulsen, General Manager di Kunnskapsparken Helgeland, nonché Cluster Manager della Act (Arctic Cluster Team, ndr), cluster norvegese di grande successo, specializzato nello sviluppo e riutilizzo di materiali atossici ed ecosostenibili, a margine del summit europeo ‘Green Hydrogen’, svoltosi di recente a Lisbona, in Portogallo.
Monica Paulsen, dalle ultime ricerche siamo già in grado di riconoscere quelli che saranno i progetti di adeguamento e ricerca per i materiali atossici?
“Il futuro è davvero incerto: l’Italia potrebbe essere un Paese strategico nel Mediterraneo, per l’attuazione del piano di sviluppo delle risorse sostenibili. Anche il suo ruolo economico ha un potenziale. E una maggior apertura e collaborazione tra aziende, istituzioni e, soprattutto, fornitori, potrebbe contribuire a sfruttare questo potenziale. se vi fosse una maggior apertura e sostegno in favore di soluzioni che coinvogerebbero aziende, istituzioni e, soprattutto, fornitori. La collaborazione con la Norvegia sullo sviluppo sostenibile è già scritta nel futuro dell’Europa. La situazione politica odierna non è affatto semplice, ma vi è un indirizzo preciso verso la resilienza europea e lo sviluppo sostenibile. In accordo con gli investimenti pubblici previsti per il clima e l’economia, ci troviamo in una situazione di avanzamento e d’incremento nel piano di sviluppo sostenibile e cooperativo”.
Come superare l’utilizzo del carbonio? Come lo si cattura e con che cosa lo si può sostituire?
“La cattura del carbonio è solo una delle sfide, in questa direzione programmatica, ma i nostri partner hanno recentemente dimostrato con successo la cattura del carbonio dall’industria di processo in un progetto pilota su scala industriale. Stiamo anche lavorando per sostituire i vettori energetici fossili con idrogeno verde e ammoniaca. Ma dev’essere chiaro a tutti che occorre ridurre radicalmente le emissioni di Co2, anche con la cooperazione delle aziende italiane e politiche di investimento orientate in questa direzione”.
Molti parlano di difficoltà nell’attuazione di questa ricovensione ‘green’ delle politiche industriali: è così?
“La Commissione europea ha fissato grandi ambizioni per la transizione verde. Ora si attendono risposte più ambiziose e competitive da parte dei singoli Stati. Dato il quadro e gli incentivi necessari, l’industria può muoversi verso la fase successiva della decarbonizzazione e dell'implementazione di soluzioni sostenibili ad alta tecnologia".
E dal punto di vista legislativo?
“Attendiamo l’introduzione di una nuova regolamentazione produttiva orientata a un’esportazione selettiva e controllata dei nuovi materiali atossici, già prevista dalle politiche d’indirizzo dell’Unione europea”.
E voi norvegesi, quale ruolo potreste avere in questa conversione ‘green’?
“Per la sicurezza nazionale e l’adeguamento ai progetti europei, noi sappiamo che la Norvegia potrà essere, di sicuro, il modello di riferimento. E questo è già stato dimostrato anche in Svezia, in un aperto confronto sulla gestione dei materiali da utilizzare in un territorio vicinissimo all’Artico. Proprio in considerazione di un patrimonio così unico e raro come il vostro, non può distoglierci dalla considerazione di come il processo di sviluppo della ricerca e di adeguamento alla transizione ecologica, anche in Italia, sia considerato un traguardo avanzato e riconosciuto”.