Beppe Grillo è un comico simpatico e intelligente. Tuttavia, riteniamo che la provocazione di voler presentare delle liste civiche, le quali pretenderebbero di certificare la totale assenza di candidati condannati con sentenze passate in giudicato, sia solamente una provocazione. Il bravo artista genovese non si sta più limitando a offrire spunti apprezzabili di riflessione, bensì si è ormai impegnato in una vera e propria campagna di delegittimazione della nostra classe politica e delle nostre istituzioni più rappresentative, con un furore ‘giacobino’ che va al di là di ogni sana distinzione. Il malessere che serpeggia tra gli italiani possiede una serie di giustificazioni che provengono da molto lontano. Dopo l’esperienza fascista, che aveva tentato di incunearsi nei ‘meandri qualunquistici’ della coscienza popolare degli italiani senza tanto riuscirvi, la burocrazia politica della Repubblica nata sulle macerie della II guerra mondiale ha badato soprattutto ad impostare un modello di sviluppo stucchevolmente ‘sganciato’ da ogni genere di principio valoriale e culturale. In sostanza, la Dc e il Pci riuscirono laddove persino il fascismo aveva fallito, ovvero nell’imposizione forzata di un processo di modernizzazione basato su di un materialismo gretto e superficiale, che ha sradicato alla radice ogni valore, ogni credenza, ogni principio, ogni genere di fede. In questo Paese, non si è avuto un reale progresso, bensì uno sviluppo cinico e disordinato, che ha disancorato ogni italiano dalla propria capacità di credere in un’idea qualsiasi: in Dio, nella Patria, nella democrazia, nella libertà, nella stessa convivenza pacifica tra le persone. Tale processo di ‘destrutturazione’ dei più antichi sentimenti popolari ha finito con l’avallare un modello di ‘laissez faire’ all’italiana. Si è trattato di un errore gravissimo, che ha inciso negativamente sulla formazione della nostra coscienza collettiva nei suoi diversi passaggi generazionali. A causa di ciò, l’Italia può rischiare di riritrovarsi in balìa del primo demagogo di turno, senza possedere gli strumenti culturali più idonei a richiamare una qualsivoglia cultura della responsabilità e dell’impegno civile. La recente legislazione sul lavoro giovanile lo dimostra ampiamente: in Italia, le leggi non si applicano secondo quel senso di prospettiva che le norme medesime prevedono nella loro articolazione, ovvero al fine di dare concreta realizzazione a quel principio ‘laburistico’ sancito nel primo articolo della nostra Carta costituzionale. Qui da noi, le leggi vengono fatte in un modo e poi applicate in un altro. La vera ‘depravazione’ di fondo rimane sempre la stessa: imbrogliare il prossimo, sfruttarlo, utilizzarlo, in buona sostanza truffarlo! Detto ciò, il simpatico comico genovese che, all’improvviso, si è messo a fare il ‘Savonarola’, pronto a ‘stracciarsi le vesti’ per delle questioni che, il più delle volte, non sono certamente risolvibili con la ‘bacchetta magica’ di un illusionista, quale proposta programmatica propone, in verità? Cosa avrebbero da insegnare certi ‘artisti’ alla politica italiana? Cosa pensano di poter offrire di così nuovo, oltre al loro consueto materialismo ‘spicciolo’, edonista ed anarcoide? E’ pericoloso e sbagliato attaccare ‘in blocco’ le istituzioni, poiché il nostro non è tra i peggiori sistemi politici tra quelli esistenti. Il signor Grillo dovrebbe ricordare che, in linea di principio, esistono due distinte politiche, che non dovrebbero essere confuse con disinvoltura: quelle democratiche e quelle che non lo sono affatto. Vi sono politiche che presentano ‘varchi’ attraverso i quali le libertà possono manifestarsi, in cui è possibile esprimere liberamente le proprie opinioni. E vi sono politiche dove determinati ‘spazi’ sono totalmente chiusi ed in cui solamente una cultura può svilupparsi: quella della ‘menzogna ufficiale’. Se si attribuisce una definizione pregiudizialmente negativa alla politica, se si decide di chiudere gli occhi di fronte al pericolo che essa possa trasformarsi in un regime in grado di portare all’eccesso ogni volontà di prevaricazione, sopprimendo qualsiasi possibilità di una cultura libera ed indipendente, se si cerca insomma di applicare lo stesso trattamento ed il medesimo grado di giudizio a due diverse forme di società, si rischia di ‘demolire’ senza resistenza anche quei frammenti di libertà che, forse, non sono ancora sufficienti per un Paese libero e all’avanguardia, ma che, tuttavia, hanno un grandissimo valore nel patrimonio culturale di una nazione. E’ giusto lottare contro le ingiustizie. Ma, nel far questo, si deve essere consapevoli di non dover riconoscere a nessuna dottrina, politica o antipolitica che sia, una sorta di monopolio ‘legale’ della verità.