Durante un convegno tenutosi recentemente al
Senato della Repubblica, presso la
Sala Zuccari, abbiamo avuto il piacere di assistere alla presentazione dell’ultimo libro di
Claudio Pagliara, dal titolo:
'La tempesta perfetta' (Piemme Edizioni). Una riflessione profonda su tutto ciò che è accaduto e sta ancora accadendo nei vari
teatri di crisi della geopolitica internazionale. A partire da un’analisi sulla
crisi americana in
Vietnam e da quella
sovietica in
Afghanistan, si possono riscontrare, infatti, delle convergenze e delle incongruenze in quelle che sono state le
scelte politiche e
diplomatiche degli ultimi decenni. Come riportato, infatti, da
Antonio Stango, presidente della
Fidu (Federazione italiana diritti umani, ndr
) nel suo intervento alla presentazione del volume, la
"narrativa dell’occidente è stata autocommiserativa”, sin da quelli che sono stati i
reportage di guerra nelle aree afflitte da conflitti nel panorama asiatico. Del
mondo asiatico, in particolar modo,
abbiamo capito pochissimo. Negli ultimi anni, la
Cina è diventata uno dei nostri più grandi
fallimenti, se analizziamo il contesto anche da un punto di vista economico. Non si può che pensare agli innumerevoli
prodotti importati anche qui in
Italia, che hanno generato
inflazione, concorrenza sleale, una
produzione al ribasso o, addirittura,
sottocosto. Una sfida micidiale, sia dal punto di vista
globale, sia per quanto essa sia riuscita a destabilizzare la
Cina stessa. Considerando soprattutto quello che è stato il peso, subito negli ultimi dieci anni, per il nostro
prodotto interno lordo. Pertanto, sulla base dei
flussi storici, ma soprattutto per quelle che sono le mire espansionistiche dei grandi
autocrati, è ormai sotto gli occhi del mondo intero come la
Cina rappresenti un
rivale strategico per tutti, anche per la
Russia. Muovendo da simili premesse e dopo una serie di considerazioni di ampio respiro rispetto a ciò che è accaduto dopo gli
anni ‘70 del secolo scorso,
Claudio Pagliara ha individuato in
Taiwan il vero
'punto di rottura' nei rapporti tra
Stati Uniti e
Cina popolare, che potrebbero deflagrare in un
conflitto bellico mondiale. Una situazione che non possiamo continuare a
sottovalutare, perché è il vero
‘occhio del ciclone’, in cui tutto sembra essere calmo, mentre nel resto del pianeta la
‘tempesta perfetta’ sembra predisporsi tra
tensioni, ripicche commerciali, minacce e
nuove alleanze sullo scacchiere internazionale. Stiamo andando incontro a una
'escalation' planetaria? L’impero degli
Stati Uniti è ormai destinato a un declino inesorabile? Ne abbiamo parlato proprio con l’autore, a margine della presentazione del suo saggio.
Claudio Pagliara, può spiegarci le cause storiche di questa 'tempesta perfetta' in cui si cerca di trascinare il mondo intero in questi ultimi anni?
“Generalmente, si crede che tutta questa situazione si sia generata dopo una serie di conflitti che sono serviti come ‘addestramenti’ di base. Ma non si può escludere che dietro a tutto questo non vi sia un unico 'uomo solo al comando', in quanto gli interessi di Xi Jingping non possono che rimandarci a quelli che sono i suoi obiettivi strategici. Lo stesso sviluppo dei semiconduttori e dei microchip di nuova generazione, non può che mettere in risalto quella che è stata la situazione da un punto di vista delle importazioni, che ha causato dei forti riflessi inflazionistici nella Cina stessa. A quanto pare, gli Stati Uniti sarebbero pronti a intervenire ancora una volta in un conflitto, al fine di difendere Taiwan, almeno per come si sta dimostrando il risvolto dell’attuale posizione diplomatica di Biden, che sembra protesa in tal senso. Ma devastare un isolotto, per distruggere la lingua del mandarino, è palesemente una delle condizioni più evidenti e antidemocratiche alle quali si possa assistere. Quello a cui stiamo assistendo, in realtà, è un duro scontro ideologico all’interno di uno stesso territorio completamente distante da Taiwan. Putin e Xi Jiping sembrano essere due figure paritetiche nel contesto internazionale, ma è sempre più evidente quanto siano entrambi molto pericolosi”.
Quale mutamento si potrebbe attendere, da un punto di vista politico, a cominciare dal conflitto in Ucraina?
“Dal mio punto di vista, sarebbe necessario affrontare e comprendere se le rivoluzioni che ci sono state a partire dal 2014 potevano essere considerate la ragione determinante di una 'svolta', che poteva esser gestita diversamente e in tempi anche migliori, per come è oggi proiettato il conflitto. E potremmo anche supporre come possa essere determinante quel mandato di arresto internazionale che, sin dal mese di marzo 2023, poteva dettare una sorte concordata del conflitto. Sappiamo, infatti, che sono innumerevoli gli scontri che, in questo momento, si stanno manifestando sia nel campo russo, sia in quello ucraino, nonostante gli attacchi che sono, anche in questo momento, ancora in corso. Ci sono tutte le prove, visto anche ciò che è stato rilevato dalla Duma. Si potrebbe, quindi, cominciare a spiegare perché, nonostante un riconoscimento dei territori, la Russia dovrebbe essere considerato uno Stato sanzionabile”.
Quale cambiamento di rotta politica potrebbe orientare scelte diverse, da parte di Xi Jiping?
“Per come sono al momento le riflessioni, riportate anche ne 'La tempesta perfetta', possiamo solo considerare che tutto ciò ha causato delle deflessioni verso i cinesi. Cedimenti i quali non possono che segnalare il fallimento completo della costruzione di un sistema unico europeo. Ciò emerge anche da quelle che sono le fonti riportate in Italia: si nota, infatti, che il conflitto apertosi con l’Iran e la Siria, oggi possa definirsi ‘asse della resistenza’. Proprio per questo, la magistratura francese, con la sua decisione, ha offerto al mondo la possibilità di rileggere la storia del conflitto siriano nella sua trasformazione da rivolta popolare e non violenta in azione armata e pilotata, sia dall’esterno, sia dall’interno”.In sostanza, i vari conflitti asiatici facevano tutti parte di un unico disegno di macro-conflitto complessivo mosso da motivazioni ideologiche?
“L’indagine è stata avviata sulla base di una denuncia penale presentata dal ‘Centro siriano per i media e la libertà di espressione’, a seguito dell’attacco chimico dell’agosto 2013, avvenuto impiegando gas sarin e il cui possesso, da parte del regime di Assad, è stato ormai documentato e ammesso. Lo stesso gas uccise almeno mille persone, tra cui molte donne e bambini, nella regione del Ghouta orientale, al tempo controllata dagli insorti. Proprio per questo, i magistrati hanno ascoltato numerosi testimoni sopravvissuti al massacro”.
Al tempo si affermò che l’attacco era stato compiuto dagli insorti: non è così?
“La notizia arriva in un momento importante per Assad. Così come la stessa autodefinizione di ‘asse della resistenza’, guidato dall’Iran e sostenuto dalla Russia, al quale la Siria stessa apparterrebbe. Ad Assad, nel vertice arabo conclusosi in Arabia Saudita, al quale era stato riammesso dopo dieci anni di espulsione, sono state chieste azioni determinanti per i crimini di guerra e contro l’umanità perpetrati a Gaza, definiti intollerabili. Ma a fianco di Assad ci sono persone che, per tutto il tempo del sanguinosissimo conflitto siriano - cominciato nel 2011 e, in realtà, ancora in corso – hanno commesso identici crimini, sin dall’inizio. L’Iran e la sua milizia libanese di Hezbollah, per esempio, alla quale vengono imputate le più feroci battaglie contro l’opposizione siriana. Le stesse che portarono alla morte e alla deportazione di un numero elevatissimo di cittadini arabi e siriani, quasi sempre musulmani. Il 2015 è stato l’anno decisivo per la vittoria militare di Assad, con l’intervento nel conflitto dell’esercito russo deciso dal presidente Putin. Il mandato d’arresto francese, emesso nei confronti del presidente siriano, Bashar al Assad, per crimini contro l’umanità, riporta proprio che tale decisione è stata assunta anche a carico di suo fratello: Maher al Assad. Una decisione accolta e riguardante anche il generale di brigata, Ghassan Abbas, direttore della sezione 450 del ‘Centro per gli studi e delle ricerche scientifiche siriane’, assieme al generale Bassan al Hassan, consigliere del presidente siriano per gli Affari strategici e ufficiale di collegamento tra la presidenza e il centro di ricerca scientifica siriano. La guerra siriana, insomma, che il regime interno ha presentato come ‘guerra al terrorismo’, ha prodotto, alla fine, un numero imprecisabile di vittime: non meno di 500 mila, secondo i primi computi, anche se interrotti. E la maggior parte per tortura. In più, c’è da aggiungere la deportazione di circa 6 milioni di siriani e lo stesso sfollamento nei campi profughi interni di altri 4 milioni di cittadini, presenta una riduzione della popolazione siriana complessiva vicina al 50%. La principale voce di denuncia del massacro siriano è stata quella del gesuita italiano, Paolo Dall’Oglio, espulso dal regime di Bashar al Assad nel 2012. Lo stesso Dall’Oglio è stato poi sequestrato nel 2013, dopo l’insurrezione nella città siriana insorta di Raqqa, da parte dei terroristi dell’Isis. Ed è di analoga importanza ed efferatezza il rapimento, avvenuto proprio nella zona del massacro chimico da parte di un gruppo jihadista, della principale documentatrice dei crimini del regime degli Assad, Razan Zaituneh, fondatrice del ‘Violation Documentation Center’, anch’essa sequestrata a Douma insieme ai suoi tre più stretti collaboratori. Entrambi i sequestri sono avvenuti nell’anno 2013. Si continua a parlare, insomma, di una tesi che fonda le proprie ragioni su una 'guerra al terrorismo' da parte del regime di Damasco. Una guerra che già aveva favorito, già nel 2003, un afflusso di combattenti islamisti in Iraq per fermare l’azione militare statunitense. Inoltre, possiamo sottolineare come tutto ciò abbia goduto di vasti consensi in molti Stati del mondo. Ora, la magistratura internazionale, con la sua decisione, offre al mondo la possibilità e anche la necessità di rileggere la storia di quel conflitto”.Lei ritiene inutile parlare di ritorno alla trattativa?
“Diciamo che la trasformazione di una rivolta popolare e non violenta, oggi si dimostra esser stata un’azione armata e pilotata sia dall’esterno, sia dall’interno. Credo che possiamo anche aggiungere, per quanto mi riguarda, che si sia trattato di un disegno generato per calcoli mai considerati nella loro complessità, pur risultando in piena evidenza. La Siria di Assad, oggi, è al centro di azioni e reazioni miliziane e militari da parte di tutti i soggetti impegnati militarmente in Medio Oriente, come ha documentato, anche di recente, l’Agenzia Ansa”.
Le ‘vie della seta’, a questo punto, erano una delle forme più evidenti degli spostamenti strategici diretti al controllo di una posizione economica mirata, nel tempo, alla costruzione e a un’espansione autoritaria da parte della Cina?
“Xi Jiping stia mettendo sicuramente in atto quello che è un piano fuori da ogni criterio umano, ma al contempo logico, rappresentando il suo Stato, che possiamo definire, comunque, ‘imperialista’. Possiamo quindi tendere a escludere quelli che sono stati tutti gli ordini di cattura, assieme alle considerazioni che abbiamo potuto portare avanti sulla base di tutti i crimini commessi. Non si può che riflettere, ora, sulla possibilità di quelle che siano tutti sviluppi delle potenzialità espansionistiche dei due statisti, Putin e Xi Jiping. Si percepisce che è un sistema paritetico di controllo degli spostamenti dei cittadini, sia all’interno delle grandi aree continentali, sia in quelle di confine. Tutto ciò non riesce a rendere sempre un’adeguata informazione, che possa evidenziare i possibili parametri per la fine del conflitto. Si tratta di uno scontro che tende sempre più ad arginare la possibilità di spostamenti che si possano chiamare del tutto liberi. Tralasciando i problemi legati alla ‘disinformazione russa’, la quale tende continuamente a sottolineare i nostri gravi problemi inflazionistici interni”.