Il
Teatro Palladium di Roma Tre ha ospitato nei giorni scorsi, in un doppio appuntamento,
'Cirano deve morire': uno
'spettacolo–concerto' di
Leonardo Manzan e
Rocco Placidi, già vincitore del bando
'Biennale College' indetto dalla
Biennale Teatro di Venezia 2018. La particolarità di
‘Cirano deve morire’ recupera la forza poetica del testo originale di
Edmond Rostand, attraverso il
rap: “Una scelta necessaria”, secondo il regista,
“non solo per esprimere l'eroismo e la verve polemica del protagonista, ma anche per rendere contemporanea e autentica, quindi fedele a Rostand, la parola d'amore”. In scena,
Paola Giannini, Alessandro Bay Rossi e
Giusto Cucchiarini hanno dunque proposto
rime taglienti e un
ritmo indiavolato, affrontando in modo implacabile il tema della
finzione attraverso un racconto di
inganni e
morte, di
fedeltà agli altri e
tradimento di se stessi, parole che seducono e
silenzi che uccidono. Una forma di
'mutualismo' che a noi di
Laici.it sta molto a cuore, in quanto metodo di
rilettura - se non di rinascita - di molti
capolavori del passato. Ecco cosa ci ha raccontato, dopo lo spettacolo,
Leonardo Manzan, il quale, terminati gli appuntamenti al
Palladium, proseguirà con una
tournée che toccherà le
maggiori città d’Italia.Leonardo Manzan, partiamo dal titolo: perché 'Cirano deve morire'?
“Cirano deve morire” potrebbe essere un’esclamazione di Rossana, la protagonista femminile del triangolo d’amore che si crea tra lei, Cirano e Cristiano. A lei, due volte amata e due volta abbandonata, unica sopravvissuta quando il sipario cala su ‘Cyrano de Bergerac’, diamo il compito di rievocare i fantasmi di Cirano e Cristiano, per svelare l’inganno con cui hanno portato a compimento la loro seduzione. Rossana è divisa tra la nostalgia per l’amore sovraumano che i due le hanno donato e la voglia di vendetta per l’impostura di cui si sono serviti. Inoltre, Cirano doveva morire per come è stato rappresentato fino a oggi. Infatti, i Cirano degli attori navigati, dei nasi posticci e delle brutte traduzioni sono tutte cose che non rendono giustizia alla bellezza della storia e ai versi di Rostand: non restituiscono la profondità di tutti e tre i personaggi”.'Cirano deve morire' mischia diversi linguaggi espressivi: una volontà di provocare una reazione nel pubblico, oppure di dissacrare la tradizione?
“Al contrario: l’ibridazione dei linguaggi, in particolare l’uso del verso rap in teatro, serve a rendere vivo il testo originale. Bisognava trovare la lingua giusta, per esprimere oggi la poesia di ‘Cyrano de Bergerac’. La scelta è stata spontanea e, a posteriori, è apparsa inevitabile: il verso rap e la sua poetica ci hanno permesso di mantenere forte la rabbia che il personaggio di Cirano esprime e, insieme, di rendere autentica la sua parola d’amore. E poi, Cirano che improvvisa rime per sfidare i suoi avversari è il primo rapper della Storia: non è un’operazione per richiamare il pubblico giovanile”.
Ci sono in programma progetti imminenti, che proseguono questo tentativo di portare in scena argomenti conosciuti, ma con un approccio del tutto diverso?
“Ho da poco debuttato con ‘Uno spettacolo di Leonardo Manzan’: proprio questo è il titolo. Uno spettacolo sull’arte contemporanea in cui io stesso sono in scena, posto su di un piedistallo come un’opera d’arte. Gli spettatori seguono lo spettacolo attraverso delle audioguide da museo. E’ una ‘performance-installazione’: una modalità di spettacolo completamente diversa da ‘Cirano’, ma sempre con l’idea di contaminare il teatro con linguaggi espressivi diversi”.
'Cirano deve morire' ha già ottenuto riconoscimenti e successi in Italia: cosa c’è da aspettarsi dalla tournée?
“Le nostre platee sono sempre piene di giovani e anche di giovanissimi, una cosa mai vista! Ne siamo felici perché vuol dire che l’esperimento di rendere contemporaneo un testo che ha più di cent’anni è riuscito”.
In apertura, da sinista: Giusto Cucchiarini e Alessandro Bay Rossi in una foto di scena
(lo scatto utilizzato nel presente servizio giornalistico è di Filippo Manzini, che ringraziamo)