Patrasso è situata nel
nord-ovest della
Grecia, nella penisola del
Peloponneso. E’ la
terza città più grande del Paese, ma ha solo
250 mila abitanti e sembra essere
sospesa nel tempo. Si ritrovano in essa, elementi di una
Italia di
30 anni fa. Un’Italia che alcuni di noi non hanno neanche vissuto, ma che abbiamo visto indirettamente nelle foto, nei film e nei racconti di coloro che hanno fatto parte delle generazioni che ci hanno preceduto. Si tratta di un posto
anacronistico. Un luogo dove si percepisce l’abbandono da parte del mondo e dei suoi abitanti.
Patrasso è stata abbandonata a se stessa. Non è riuscita a evolversi, perdendosi nel passo rapido delle
obsolescenze programmate e della
velocità contemporanea. Qui il passato semplicemente è, perché non vi è altro. Ad oggi, nemmeno il colosso
Google è riuscito a mappare gli elementi di questa città. Nonostante la
chiesa ortodossa più grande della
Grecia, Agios Andreas, si trovi qui - davvero bellissima - non vi è l’anima di un
turista e quasi nessuno che parli
l'inglese. Cercando la città
online si può trovare la mappa di
Patrasso, ma secondo
Google Maps qui non vi sono
mezzi di trasporto pubblici per muoversi. Eppure esistono: sono solo
difficili da trovare e da
'decifrare' in rete. La spiaggetta più vicina alla città si chiama
'Pìo' che però si legge
'Rìo', come l’omonima città del
Brasile, perché ciò che visualmente ricorda la nostra
'P' latina equivale a una
'R' in
greco moderno. I luoghi d’interesse per i pochi curiosi viaggiatori sono: il
museo archeologico; l’odeon Romano; il
castello; l’anfiteatro; un antico
Hamam; la
casa di un
famoso poeta greco – per molti, forse, non così celebre –
Kostis Palamas. Anche gli
'Airbnb' trasudano antichità:
mobiletti di
legno laccato; orridi cuscini di velluto marone;
tavolette del bagno 'trash retrò' con stampe di delfini felici; ma soprattutto, i
ventilatori ‘vintage’ degli
anni ‘70 di metallo, che sembrano usciti da un film
sull’Urss, con la dicitura:
'Cky Super Deluxe Fan'. In questa mancanza di
comfort tecnologico, al quale siamo patologicamente legati, si può scorgere qualcosa d’importante. Vi è uno scambio che subdolamente viviamo in maniera
inconsapevole. Questo
'status quo', moderno e teoricamente avanzato, avviene in cambio di qualcosa: il nostro
tempo. La
tecnologia ci rende
pigri, tutto è già fatto, pronto: non vi è spazio alcuno per
l’esplorazione e la
creazione dell’inaspettato. I
'Millennials' della nostra generazione, per non parlare di quelle successive, perdono così un aspetto fondamentale dell’esistenza: la
scoperta delle cose
ignote e
fortuite. La
tecnologia è un qualcosa di
splendido, ma forse dovremmo rivedere la nostra
relazione con essa. Siamo disposti a scambiare il
sentirci vivi con la semplice
comodità di avere tutta
l’informazione sempre a portata di mano? Cosa ne sarà di noi, se lasciamo che le
mappe digitali, i
traduttori automatici e i
motori di ricerca guidino la nostra direzione? Varrà ancora la pena, tentare di imparare una
nuova lingua? Rimarremo confinati in quegli angoli del mondo determinati dai grandi colossi
high-tech, pensando che la
Terra sia solo ciò che viene disegnato in una
mappa digitale? Oppure, tutta la nostra
conoscenza sarà racchiusa in una pagina di
'Wikipedia', senza dare adito a un maggior
approfondimento delle tematiche che ci hanno risvegliato un
interesse? Vale la pena, invece,
farsi queste domande e determinare da noi come vogliamo impiegare l’ampia offerta di
tecnologia che ci circonda. Solo così svilupperemo un modo più
conscio e
attivo di
relazionarci con essa e con
l’informazione che ci propone un
algoritmo generato nella
Silicon Valley o chissà dove, oramai. Cosa ci può essere di più bello che il trovare qualcosa di
recondito, come una sorta di antico
tesoro nascosto, che è rimasto fuori dal mondo di
internet? A
Patrasso, tutto questo è ancora
possibile. Come recita il poeta
Kostis Palamas: “Spirito immortale dell'antichità/padre del vero, del bello e del buono/scendi, appari, diffondi su di noi la tua luce/su questa terra e sotto questo cielo/che per primo ha visto la fama imperitura./Dai vita e animazione a quei nobili giochi!/Getta corone di fiori senza colore ai vincitori/nella gara e nella lotta!/Crea nei nostri petti cuori d'acciaio!/Nella tua luce, pianure, montagne e mari/risplendono in una tonalità rosata e formano un vasto tempio/in cui tutte le nazioni si affollano per adorarti/oh spirito immortale dell'antichità”.