Emanuela ColatostiIn Italia, solo l’11% dei bambini non italiani riescono ad accedere alla scuola prima dell’età dell’obbligo (dato della fondazione sociale 'Con i Bambini', ndr). Ostacoli di diversa natura impediscono loro di accedere alla scuola dell’infanzia. Il primo è di natura linguistica: i siti web istituzionali sono tradotti almeno in lingua inglese, ma la modulistica resta in lingua italiana, cosa che impedisce alle famiglie di accedere in modo chiaro e veloce alla burocrazia necessaria per iscrivere i figli a scuola. Il secondo ostacolo è di natura documentale: la digitalizzazione delle procedure esclude dall’accesso alla burocrazia chiunque non abbia la carta d’identità elettronica. Per richiedere la gratuità della mensa o del trasporto scolastico, per esempio, in quasi la totalità dei comuni d’Italia serve lo Spid. Sopravvivono ancora procedure cartacee che riescono ad andare a buon fine se, insieme all’impegno del personale della pubblica amministrazione, che inserisce ogni anno manualmente nei database le domande per l’attivazione dei servizi, si somma anche il lavoro di Caf e di associazioni di volontari, che compilano una modulistica altrimenti incomprensibile per l’utenza. E poi ci sono i bambini con bisogni educativi speciali. Un minore di età inferiore a sei anni, extracomunitario con condizioni di fragilità, ha enormi difficoltà ad accedere alla scuola dell’infanzia se i genitori non hanno la carta d’identità o il titolo di viaggio. Con il permesso di soggiorno e la tessera sanitaria si può entrare nelle Asl e richiedere una valutazione clinica, ma senza la certificazione 104/92 rilasciata dall’Inps, l'azienda sanitaria locale non può rilasciare il Cis (Certificato d’inclusione scolastica, ndr) e le scuole non possono richiedere al ministero competente tutto il personale specializzato di cui ci sarebbe bisogno. Ecco come minori con disabilità si vedono spesso chiudere le 'porte in faccia' da numerosi istituti scolastici, perché non sono tenuti ad accoglierli. Se il minore fosse stato grande abbastanza per frequentare la scuola dell’obbligo, avrebbe avuto dalla sua la sentenza del Tar della Regione Lazio, che nel 2018 ha sentenziato quanto sia ingiusto lasciare fuori dalla scuola bambini con la 104, anche qualora il numero di studenti con bisogni educativi speciali sia stato raggiunto. Dirigenti scolastici e vicepresidi di 'buon cuore' hanno diverse 'maglie' in cui rischiano di rimanere incastrati. Per quanto riguarda la scuola primaria, non possono esserci più di 4 bambini con bisogni educativi speciali in una classe di 20. Se i minori in questione sono titolari di 104/92, ce ne può essere al massimo uno. Esistono progetti, cofinanziati dalla comunità europea, che hanno il potere di ‘forzare’ l’inserimento di minori all’interno di istituti comprensivi, previa valutazione del quadro clinico. Ma resta l’intoppo burocratico, che non garantisce la documentazione necessaria al ministero dell’Istruzione e del merito per inviare il personale docente specializzato per bambini con disabilità. Studi di psicologi e pedagogisti denotano da anni una correlazione importante tra successi accademici e frequenza scolastica in età precoce. Difficilmente potremo scoprire quali sono le possibilità che la scuola potrebbe fornire a bambini con genitori invisibili, se fino alla scuola dell’obbligo dovrà stare chiuso in casa. L’articolo 30 della 'Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e delle loro famiglie', che l’Italia ha sottoscritto, non solo ribadisce che "i figli di lavoratori migranti debbano godere dell’accesso all’istruzione primaria esattamente come tutti i cittadini dello Stato in questione", ma che l’accesso alla scuola dell’infanzia "non dovrebbe essere mai rifiutato o negato". Non è dato sapere cosa aspettino i ministeri competenti a immaginare un corridoio burocratico dedicato o deroghe a quello già esistente per includere questi minori nel sistema educativo.





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