Due parole in merito a
Sanremo 2024 bisogna spenderle. Soprattutto, per avvertire l’intero mondo artistico coinvolto di
stare più attenti durante l’edizione di quest’anno, poiché
l’aria che 'tira' è quella che è. Niente
esagerazioni pertanto,
siate più sobri: si eviti di prendere a calci le
composizioni floreali, niente
lingue in bocca e
zero
amplessi in platea, mi raccomando. Anche perché poi
danno la colpa a noi, come se vi avessimo
istigati a scandalizzare a tutti i costi. Più
eleganza e meno
sesso esplicito, che l’anno scorso sono capitate cose
inenarrabili, in un’edizione passata alla Storia in quanto
“festival di sinistra”. Come quando si gioca a
‘Risiko’ e s’invade una nazione con un paio di
carri armati. Si torni nel
solco tradizionale, per carità, senza pretendere di occupare la
Kamchatka: evidentemente, gli italiani non sono ancora pronti per certe cose. Concentratevi, dunque, sulle canzoni, perché tanto quella che
piace di più non corrisponde mai a
quella che vince. Dev’essere un tipo di
dissociazione 'freudiana': durante le serate del festival, raramente i brani entrano nella testa della gente. E ognuno s’innamora dell’artista per cui fa il tifo. Ecco perché il
Festival della canzone italiana sembra sempre un
‘acquario’ di
strani ‘pesci’ e
balene ‘spiaggiate’. Inoltre, le
nuove tendenze giovanili o fanno
‘rap’ mandando tutti
a quel paese, oppure raccontano
esperienze segmentate e
amori ‘mordi e fuggi’, che proprio non si comprendono. Sono talmente
precarizzati i nostri
giovani, che tale condizione sembra riflettersi anche nelle loro
‘vaghe storie’, in cui la
‘tipa’ di turno illude qualcuno, ma poi non si fa più vedere in giro, forse perché
rapita dagli alieni. Ma a questo punto, il
giovane cantautore non si danna più come una volta: subito si consola con lo
‘sballo’. Ai nostri tempi, si dava molta importanza alla
costanza degli
impegni e dei
sentimenti. Oggi, invece, i nostri giovani, anche quando avrebbero una preferenza, non appena le cose
‘buttano male’ passano subito alle
risse per la strada. In altre canzoni, non si capisce cosa diavolo sia successo:
amori che
durano un giorno, amici irresponsabili, molta confusione, poche cose da dire al mondo e un sacco di voglia di fare i
‘coatti’, trasformandosi in una caricatura di se stessi o in un
‘personaggio’ a tutti i costi. A noi sembra proprio che siano venute a mancare le
‘basi’, in una sorta di
imitazione edulcorata delle
‘gang’ americane. Niente ideali, né sogni: solo tanta voglia di
‘sfondare’, per ottenere un
successo facile. Ma quando una canzone viene scritta in base a queste motivazioni, quella è proprio la volta che non si va da nessuna parte.
L’arte è il momento della
pura soggettività, cari artisti italiani del terzo millennio. E di ascoltare
slogan che cercano sicurezza nei
meri atteggiamenti o tra i confini del proprio quartiere non interessa proprio a nessuno. E’ un ritorno al
‘Più de’ Borgo’ che sfida quelli del
quartiere Panìco, dall’altro lato del
Tevere: roba da
basso impero. Consolarsi con lo
‘sballo’ o con gli
alcolici non è un modo di essere
‘fighi’. E le vostre
scorribande in Lamborghini per le strade di
Casal Palocco non ci dicono granché, perché in pochi s’identificano in simili esperienze. A questo servono le
zone a 30 all’ora: qualcuno lo spieghi anche ai nostri politici. Detto questo, oltre al
mondo giovanile, che a noi sta molto a cuore,
Sanremo ci presenta sempre anche una folta schiera di
‘anticaglie’ e di
vecchie ‘dentiere’. Pochi sono i personaggi ironici alla
Gaber o alla
Jannacci, mentre invece si trattava di uno
stile affettuoso e
divertente, che ci parlava di
prostitute, di interminabili
partite a biliardo e di qualche
shampoo improvvisato in gabinetto: episodi carichi di
antropologia della vita quotidiana. Un
filone umorista che, dopo il ciclone di
Elio e le storie tese, sembra essersi
esaurito. Ed è un vero
peccato, questo: siamo certi che anche
Andrea Scanzi sarebbe d’accordo con noi. Per quanto riguarda le
‘anticaglie’, o si è un
‘gigante’ come
Loredana Bertè, che infatti risulta regolarmente in gara, oppure sarebbe meglio
lasciar perdere, al fine di evitare di rievocare ricordi e nostalgie. Forse, la generazione di
Emma o di
Alessandra Amoruso potrebbe, finalmente, fare il
salto di qualità. Oppure, si spera che
Fiorella Mannoia abbia individuato un brano particolarmente significativo, nell'attuale
fase involutiva che stiamo vivendo. Ma per il resto, ci pare di scorgere solamente
‘riempitivi’. E sapete bene cosa pensiamo, noialtri, dei
giornali fatti tanto per
riempire le pagine mostrando il
‘santino’ di turno. Un minimo di
selezione qualcuno sembra averla fatta quest’anno, a dire il vero, perché gli
'spaccavetri' alla
Albano e le
Patti Pravo 'con l’accompagno' sono stati mantenuti alla larga: qualche
‘pensierino’ deve aver attraversato, vivaddio, la
‘zucca’ di qualcuno. Tuttavia, mancano i
Ron, i
Raf e i
Marco Masini. Ovvero, quelli
‘bravini’, che ci hanno fatto vivere tante
belle stagioni facendoci compagnia sotto il sole di
Sabaudia. Che fine hanno fatto
questi qua? Non è dato sapere. Insomma ragazzi, prepariamoci a quest’edizione di
Sanremo in stile
‘Dio, Patria e Famiglia’ e
sorbiamoci l'amaro calice della
‘melassa nazionalpopolare’, tanto per dirla con
Gramsci. Noi lo seguiremo,
Sanremo 2024. Tanto per capire dove diamine vuole andare questo
benedetto Paese, ormai pienamente immerso nell’era del
‘rincoglionitico’. In fondo, lo si guarda anche per questo, il
Festival di Sanremo: per
ridere e
bestemmiare allo stesso tempo.
Direttore responsabile di www.laici.it