Vittorio LussanaDue parole in merito a Sanremo 2024 bisogna spenderle. Soprattutto, per avvertire l’intero mondo artistico coinvolto di stare più attenti durante l’edizione di quest’anno, poiché l’aria che 'tira' è quella che è. Niente esagerazioni pertanto, siate più sobri: si eviti di prendere a calci le composizioni floreali, niente lingue in bocca e zero amplessi in platea, mi raccomando. Anche perché poi danno la colpa a noi, come se vi avessimo istigati a scandalizzare a tutti i costi. Più eleganza e meno sesso esplicito, che l’anno scorso sono capitate cose inenarrabili, in un’edizione passata alla Storia in quanto “festival di sinistra”. Come quando si gioca a ‘Risiko’ e s’invade una nazione con un paio di carri armati. Si torni nel solco tradizionale, per carità, senza pretendere di occupare la Kamchatka: evidentemente, gli italiani non sono ancora pronti per certe cose. Concentratevi, dunque, sulle canzoni, perché tanto quella che piace di più non corrisponde mai a quella che vince. Dev’essere un tipo di dissociazione 'freudiana': durante le serate del festival, raramente i brani entrano nella testa della gente. E ognuno s’innamora dell’artista per cui fa il tifo. Ecco perché il Festival della canzone italiana sembra sempre un ‘acquario’ di strani ‘pesci’ e balene ‘spiaggiate’. Inoltre, le nuove tendenze giovanili o fanno ‘rap’ mandando tutti a quel paese, oppure raccontano esperienze segmentate e amori ‘mordi e fuggi’, che proprio non si comprendono. Sono talmente precarizzati i nostri giovani, che tale condizione sembra riflettersi anche nelle loro ‘vaghe storie’, in cui la ‘tipa’ di turno illude qualcuno, ma poi non si fa più vedere in giro, forse perché rapita dagli alieni. Ma a questo punto, il giovane cantautore non si danna più come una volta: subito si consola con lo ‘sballo’. Ai nostri tempi, si dava molta importanza alla costanza degli impegni e dei sentimenti. Oggi, invece, i nostri giovani, anche quando avrebbero una preferenza, non appena le cose ‘buttano male’ passano subito alle risse per la strada. In altre canzoni, non si capisce cosa diavolo sia successo: amori che durano un giorno, amici irresponsabili, molta confusione, poche cose da dire al mondo e un sacco di voglia di fare i ‘coatti’, trasformandosi in una caricatura di se stessi o in un ‘personaggio’ a tutti i costi. A noi sembra proprio che siano venute a mancare le ‘basi’, in una sorta di imitazione edulcorata delle ‘gang’ americane. Niente ideali, né sogni: solo tanta voglia di ‘sfondare’, per ottenere un successo facile. Ma quando una canzone viene scritta in base a queste motivazioni, quella è proprio la volta che non si va da nessuna parte. L’arte è il momento della pura soggettività, cari artisti italiani del terzo millennio. E di ascoltare slogan che cercano sicurezza nei meri atteggiamenti o tra i confini del proprio quartiere non interessa proprio a nessuno. E’ un ritorno al ‘Più de’ Borgo’ che sfida quelli del quartiere Panìco, dall’altro lato del Tevere: roba da basso impero. Consolarsi con lo ‘sballo’ o con gli alcolici non è un modo di essere ‘fighi’. E le vostre scorribande in Lamborghini per le strade di Casal Palocco non ci dicono granché, perché in pochi s’identificano in simili esperienze. A questo servono le zone a 30 all’ora: qualcuno lo spieghi anche ai nostri politici. Detto questo, oltre al mondo giovanile, che a noi sta molto a cuore, Sanremo ci presenta sempre anche una folta schiera di ‘anticaglie’ e di vecchie ‘dentiere’. Pochi sono i personaggi ironici alla Gaber o alla Jannacci, mentre invece si trattava di uno stile affettuoso e divertente, che ci parlava di prostitute, di interminabili partite a biliardo e di qualche shampoo improvvisato in gabinetto: episodi carichi di antropologia della vita quotidiana. Un filone umorista che, dopo il ciclone di Elio e le storie tese, sembra essersi esaurito. Ed è un vero peccato, questo: siamo certi che anche Andrea Scanzi sarebbe d’accordo con noi. Per quanto riguarda le ‘anticaglie’, o si è un ‘gigante’ come Loredana Bertè, che infatti risulta regolarmente in gara, oppure sarebbe meglio lasciar perdere, al fine di evitare di rievocare ricordi e nostalgie. Forse, la generazione di Emma o di Alessandra Amoruso potrebbe, finalmente, fare il salto di qualità. Oppure, si spera che Fiorella Mannoia abbia individuato un brano particolarmente significativo, nell'attuale fase involutiva che stiamo vivendo. Ma per il resto, ci pare di scorgere solamente ‘riempitivi’. E sapete bene cosa pensiamo, noialtri, dei giornali fatti tanto per riempire le pagine mostrando il ‘santino’ di turno. Un minimo di selezione qualcuno sembra averla fatta quest’anno, a dire il vero, perché gli 'spaccavetri' alla Albano e le Patti Pravo 'con l’accompagno' sono stati mantenuti alla larga: qualche ‘pensierino’ deve aver attraversato, vivaddio, la ‘zucca’ di qualcuno. Tuttavia, mancano i Ron, i Raf e i Marco Masini. Ovvero, quelli ‘bravini’, che ci hanno fatto vivere tante belle stagioni facendoci compagnia sotto il sole di Sabaudia. Che fine hanno fatto questi qua? Non è dato sapere. Insomma ragazzi, prepariamoci a quest’edizione di Sanremo in stile ‘Dio, Patria e Famiglia’ e sorbiamoci l'amaro calice della ‘melassa nazionalpopolare’, tanto per dirla con Gramsci. Noi lo seguiremo, Sanremo 2024. Tanto per capire dove diamine vuole andare questo benedetto Paese, ormai pienamente immerso nell’era del ‘rincoglionitico’. In fondo, lo si guarda anche per questo, il Festival di Sanremo: per ridere e bestemmiare allo stesso tempo.




Direttore responsabile di www.laici.it

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