Domenico BriguglioDurante un convegno presso l'Unar, (Unione associazioni rappresentative delle regioni italiane, ndr) relativo alla presentazione di un libro dedicato al terremoto del Friuli, particolarmente interessante si è rivelato l'intervento dell'architetto Roberto Dionisi, che ha messo l'accento sulla drammatica situazione in cui versa il borgo marchigiano di Pescara del Tronto, colpito e distrutto totalmente dal sisma che pochi anni fa interessò l'Italia centrale. Durante il cataclisma perirono, infatti, ben la metà dei 100 abitanti della frazione, che rientra nel comune di Arquata del Tronto. Alla tragedia si è purtroppo aggiunta la drastica decisione, presa dalle autorità competenti, che hanno decretato l'impossibilità di ricostruire nel luogo originario: una decisione motivata dalla sua peculiare conformazione geologica. Una differenza fondamentale rispetto ad altre località, come Amatrice o quelle del friulane, che pesa come un macigno per i superstiti, costretti a rinunciare definitivamente alla speranza di ritrovarsi nei luoghi in cui intere generazioni delle loro famiglie avevano vissuto. Preso atto di questa drammatica realtà, l'architetto Dionisi ha pensato di farsi promotore della volontà della comunità superstite di “preservare, quantomeno, una qualche memoria del sito originario”, prendendo in esame, per esempio, il modello Gibellina, paese che venne completamente distrutto dal devastante terremoto del Belice e che si è valso di un polo artistico quale elemento di rinascita e sviluppo locale. Il famoso 'Cretto' di Burri, la più grande opera di ‘Land Art’ al mondo, ha però avuto come base una gigantesca colata di cemento, che ha coperto per sempre le macerie di un luogo che avrebbe potuto ricostruirsi nella posizione originaria. L'idea di Roberto Dionisi, invece, scarta totalmente questa tipologia d'intervento, focalizzandosi su un utilizzo assolutamente originale dell'arte: il suo 'Parco della Memoria' consiste, infatti, in un'istallazione artistica che interessi per intero la superficie coperta dalle macerie, ricreandone la fisionomia precedente alla distruzione. Un'istallazione, quindi, che in totale contrapposizione con la 'soluzione' del Cretto, si avvalga del mezzo più delicato e meno invasivo possibile: la luce. Una rete di emissioni luminose, poste ad altezza variabile e intersecantisi tra loro, ricostruirebbero così l'intero borgo: case, vicoli, piazze, la chiesa, tutto riprenderebbe magicamente vita, a perenne ricordo di quanto quella tragica notte, in pochi minuti, ha cancellato. Un 'esperimento visuale' che diverrebbe inoltre, per naturale conseguenza, uno straordinario richiamo per visitatori provenienti da ogni dove, pronti a condividere, con commossa partecipazione, il dramma dei superstiti di quella che era una fiorente comunità. Immaginate gli occhi sgranati dalla meraviglia fissarsi su quelle linee, seguirle ritrovandosi all'interno di spazi in cui qualcuno viveva, rivivendone empaticamente le vicende quotidiane, semplici ma allo stesso tempo pregne di emozioni. Una cassa di risonanza mondiale, quella pensata dall'architetto Dionisi, completata da un polo museale fortemente attrattivo, in cui ripercorrere storia, tradizioni, usi e costumi, modi di vita, tutti assolutamente degni di essere tramandati, in tutta la propria ricchezza, ai posteri. Il necessario iter burocratico e istituzionale è già stato avviato da quanti hanno a cuore questa rivoluzionaria iniziativa: ci auguriamo solo che vi sia la sensibilità necessaria alla sua realizzazione. E, almeno stavolta, che i tempi per farlo siano i più brevi possibili.





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