Avere
buona memoria è una caratteristica un po’
strana, che si muove su più livelli. Puoi ricordare i dettagli di una
singola circostanza, per essere presente a te stesso. E puoi veder
riaffiorare nella mente pensieri più complessi, come quando i
cassetti di un armadio si aprono all’improvviso. Io li chiamo, generalmente,
"anticorpi": si può rammentare quella volta che si stava commettendo un
errore molto grave, che il destino ha voluto non farci
scontare, come se avesse
chiuso un occhio in nostro favore. Si tratta di
anticorpi importanti, che impediscono di
reiterare quel
comportamento sbagliato. Ma per quanto
fastidiosi, quei
ricordi rappresentano un qualcosa di
sano: un
richiamo della ragione. Poi ci sono i ricordi di ciò che si è
letto o si è
scritto: quasi un
'copione' teatrale, che finisce col fissare una sorta di
dottrina personale, che si ripete per segmenti a seconda delle
notizie o delle
novità che ci raggiungono ogni giorno, formando un
pensiero che dev’essere regolarmente
rielaborato. Noi crediamo che il presidente della Repubblica,
Sergio Mattarella, abbia fatto bene, in questi giorni, ad affiancare la
questione palestinese con il
'Giorno della Memoria'. Non soltanto per il dato materiale in sé, cioè il fatto che il
popolo ebraico sia stato posto nel mirino da
un’ideologia razzista, che voleva cancellarlo dalla faccia del pianeta. Ma anche per una motivazione
ideale e, al contempo,
psicologica: segnalare che chi ha subito un attacco così
delirante possa fare la stessa cosa contro
altri popoli. Un po’ come accade a quelle persone che hanno
sfiorato la morte, ma essendo riusciti a evitarla, credono di essere diventati praticamente
immortali. E’ una
sindrome particolare, che colpisce più le
singole persone, che
l’identità collettiva di una popolazione. E qui si vuole, invece, evitare di
giudicare tutto un popolo, sovrapponendolo alla figura del proprio
primo ministro, il quale invece si muove e opera
per conto di se stesso e non per un
“diritto di resistenza”. E' lo stesso, identico,
doppio ragionamento del
presidente Mattarella, teso a impedire che il
'Giorno della Memoria' diventi un vuoto
esercizio di retorica assai vicina
all’oblio: una
contaminazione formale che il
popolo d’Israele non merita. Tuttavia, questo nostro esercizio di
'sdoppiamento' della
memoria vuol essere ancora più
'mirato'. Non è un
consiglio diretto a
Israele per la reazione, a nostro avviso
sproporzionata, che ha scatenato a
Gaza dopo i fatti del
7 ottobre, ma un’indicazione diretta di
responsabilità nei confronti di un singolo uomo: il primo ministro,
Benjamin Netanyahu. Il quale, ha commesso un
errore madornale, precipitando nel medesimo
abisso morale di
Hamas anziché cogliere l’occasione per dimostrarsi
diverso, interpretando veramente i sentimenti più profondi del
popolo ebraico. C’è anche un
errore da parte nostra, in verità: noi pensavamo che la
destra israeliana, attualmente al potere, fosse
ossessionata ideologicamente dalla propria
cultura e dalle sue
tradizioni religiose. Un po’ come le
nostre destre, composte da
'cialtroni' perennemente in
malafede e da qualche
'rubagalline'. Ebbene,
ci siamo sbagliati: nel caso del
governo israeliano, le cose non stanno affatto così. Si tratta, invece, di un
gruppo minoritario di persone, guidate da
Benjamin Netanyahu, che non ha voluto
ascoltare nessuno. Nemmeno gli
americani, che molti pongono regolarmente al
centro di ogni male. Questa volta, la politica estera del
Pentagono c’entra poco, poiché si è ritrovata
'alla finestra', esattamente come noi, ad
assistere a un massacro. Soprattutto di
bambini, come abbiamo dovuto registrare attraverso le notizie che ci sono giunte, diverse volte, da
New York e da
Bruxelles. Un sentimento di
vendetta completamente
privo di scrupoli, che non solo è stato fatto ricadere su un
popolo più debole, ma su
migliaia di vittime innocenti. Una
vendetta utilizzata come
strumento politico da uomo che sta lottando unicamente per il
potere e non
in difesa del proprio popolo, che invece vorrebbe
vivere in pace per poter
'purificare' la propria
memoria e tentare di
non soffrire più. La
Storia non può essere il mero racconto delle vicende di una
“masnada di assassini”. Altrimenti,
non impareremo mai nulla. Essa deve assumere, invece, un
nuovo compito di analisi razionale, attraverso
parallelismi più complessi. Come quello proposto dal nostro
presidente della Repubblica. Oppure, per scatenare una
risposta 'anticorpale', che faccia riaffiorare i ricordi soprattutto per impedirci di ricadere negli
orrori del passato. Noi ci
uniamo sinceramente al dolore del
popolo d’Israele, depositario di una
cultura millenaria. Ma lo sconsigliamo dal farsi rappresentare da
politici moralmente indegni innanzi alla
comunità internazionale, poiché incapaci di
distinguersi dai
nemici, spezzando quella
catena di violenza che proprio la
Bibbia e la
Torah ci hanno insegnato per
interi millenni.
Direttore responsabile di www.laici.it