Carmen PostaLa fonte che permette il sostentamento di tutti gli esseri viventi sulla Terra è il carbonio. Più specificamente, l’anidride carbonica (CO2) che si trova nella nostra atmosfera. La produzione delle biomolecole ha inizio con i processi innescati dal Sole, il più grande generatore di energia rinnovabile del pianeta. La grande stella luminosa irradia con le sue onde elettromagnetiche l’atmosfera, ma una piccola parte di questa energia raggiunge gli organismi ‘fotoautotrofi’, i quali attraverso la fotosintesi elaborano sostanze per il loro sostentamento e quello degli 'eterotrofi'. Il processo fotosintetico, nella prima fase luminosa permette alla pianta di intercettare, attraverso l’ausilio del pigmento clorofilla, una certa lunghezza d’onda specifica dei raggi solari, denominata Par (Radiazione attiva fotosintetica, ndr), che attiva la produzione di energia ‘eccitando’ gli elettroni, che si muovono per poi tornare al loro posto. Questo movimento dell’elettrone provoca un rilascio di energia, che la pianta trasforma in energia chimica (molecole di Atp e Nadhp) da impiegare nella seconda fase al buio. Durante la fase buia, la CO2 entra nella pianta grazie ad aperture sulle foglie chiamati ‘stomi’ e viene trasformata, attraverso una serie di reazioni chimiche, in ossigeno e zuccheri semplici, come il glucosio, utilizzando le molecole ad alto rendimento energetico create nel corso della prima fase. La seguente formula ne riassume il processo: CO2 (Anidride carbonica) + 6 H2O (Acqua) + Luce → C6H12O6 (Glucosio) + 6 O2 (Ossigeno). Una volta ottenuta la reazione, la pianta distribuisce le risorse (carbonio) indirizzandole alla respirazione cellulare e alla produzione dei differenti organi che la compongono (foglie, fusto e radici), secondo le necessità che ha nell’ambiente in cui si trova, mentre le restanti eccedenze vengono rilasciate nel terreno per dare nutrimento alle forme ‘eterotrofe’ che abitano il suolo. I batteri che si trovano nel terreno svolgono una serie di attività essenziali nel mantenimento delle caratteristiche del suolo, indispensabile alla crescita della pianta insieme ad altri fattori fisici. Perciò, hanno un ruolo molto importante non solo nell’ambito ecosistemico del microambiente della pianta presa in analisi, ma anche nello sviluppo di un’idea rivoluzionaria, che cambierà definitivamente il nostro sostentamento energetico, se adeguatamente applicato: la produzione di energia elettrica attraverso l’ausilio della fotosintesi. Tale ipotesi sembra erompere da un libro di fantascienza di Asimov, il quale tra l’altro aveva immaginato moltissimi eventi che poi si sono effettivamente verificati. Ricavare energia dalla fotosintesi non è più frutto dell’immaginazione, poiché le ricerche, la sperimentazione e lo sviluppo di prototipi lo hanno reso realtà. Tutte le fonti si basano sullo stesso principio: la pianta elabora la fotosintesi e l’eccesso di glucosio viene assimilato dai batteri. Un passaggio, quest’ultimo, che genera un potenziale elettrochimico nel metabolismo microbico, dove gli elettroni si muovono producendo energia. Questa può essere, in seguito, captata da strutture inserite nel terreno, che funzionano da elettrodi. I primi modelli sperimentali erano semplici progetti scolastici, iniziati in alcune scuole superiori del sud America, con un basso grado di rendimento energetico. Il passo successivo è stato fatto dall’Utec (Università di Ingegneria e Tecnologia di Lima, in Perù), dove un gruppo di studenti e ricercatori hanno creato ‘Plantalámparas’: una lampada alimentata con l’energia delle piante. Attraverso questo procedimento, gli studiosi sono stati in grado di fornire luce alle popolazioni delle aree più remote dell’Amazzonia, migliorandone tempestivamente la qualità di vita. Un altro progetto è ‘Plant-e’: si tratta di una ‘spin-off’ che collabora con la ‘Environmental Technology of Wageningen University’, in Olanda, che prevede l’autoassemblaggio di moduli disegnati per produrre elettricità attraverso la fotosintesi. Tale metodo, purtroppo, ha avuto prestazioni ancora insufficienti, mentre il modello più all’avanguardia, in questo momento, è quello di ‘Bioo-Lite’: una collaborazione nata fra la 'Arkyne Technologies' e tre universitari spagnoli: Rafael Rebollo, Pablo M. Vidarte e Javier Rodríguez. Attraverso una raccolta fondi on line, questi studiosi sono riusciti a ottenere le risorse necessarie per il successivo sviluppo del progetto. Nel corso di questo ‘crowdfunding’ sono stati messi in vendita i primi esempi di piante in vaso, le quali hanno permesso di ricaricare un cellulare con l’ausilio di un cavo Usb fino a 3 volte al giorno, con una potenza di 3.5 volt: l’equivalente di una porta Usb del computer. Le premesse future sono promettenti e si prevede che si potranno creare pannelli 1 metro x 1 metro in grado di generare energia dai 3 ai 40 watt (28 KWh – 280 KWh per anno), per cui 100 metri quadrati di superficie, dipendendo dalle specie vegetali impiegate, saranno sufficienti a fornire l’energia necessaria all’abitazione di una ipotetica famiglia media. Un gran numero di studenti, professori e dottorandi stanno mettendo in atto altre ricerche di questo tipo in Italia, Spagna, India, America, Cina, Francia e Germania. Tutti dominati dalla curiosità e dal desiderio di creare una soluzione economica ed ecosostenibile, per attingere a nuove forme di energia rinnovabili. Chiudete gli occhi per un attimo e immaginate le città del futuro: luoghi dove vivere in armonia con la natura, come all’origine della nostra condizione umana. Sta soltanto a noi decidere di ritornare nell’Eden.





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