Taylor Swift è il nuovo
fenomeno che si staglia all'orizzonte. E infatti, la rivista
'Time' l’ha eletta
persona dell’anno 2023, dedicandole la classica
cover dell’omonimo magazine. Si tratta della fondatrice della
‘stan culture’, le
community che su
Twitter comunicano e diffondono
opinioni musicali, artistiche e
culturali, producendo
contenuti. In particolare, quelli relativi alla corrente del
‘femminismo performativo’. Ma
Taylor Swift è soprattuto una musicista e cantante che ha già venduto più di
200 milioni di dischi ed è l’artista più ascoltata su
Spotify. Le sue
‘performances’ non sono seguite dai classici
‘fans’, ma da veri e propri
adepti, rivitalizzando quel fenomeno tipicamente americano delle
‘megachurch’ - anticamente legate, quasi esclusivamente, al genere
‘Gospel’ - che offrono ai
fedeli, oltre alla musica, anche attività parallele come educazione e intrattenimento: scuole, spettacoli, centri commerciali adiacenti alla chiesa. Un
rapporto paritario con i suoi ascoltatori, che non sono dei semplici
fruitori passivi della sua musica. Eppoi, ci sono i suoi
concerti, che non prendono la forma delle
ritualità mistico-religiose, poco amate da noi laici in base alla critica di
José Ortega y Gasset, ma dell’esatto contrario:
concerti che sembrano
funzioni religiose. Il fenomeno si è nutrito della diffusione sui
social e, più in generale, della rete internet, con
‘community on line’ le quali, a loro volta, rappresentano
l’evoluzione collettiva dei classici gruppi di
'aficionados'. Insomma, al contrario del
‘Gospel’, non si tratta di
alcuni elementi musicali ‘innestati’ nelle
funzioni religiose, ma di
‘pop culture’ trasformatasi in
religione. La compositrice e musicista
Taylor Swift è una
35enne proveniente dallo Stato americano della
Pennsylvania, con una passione autentica per la
musica. Sin da bambina, passava diverse ore al giorno a
suonare la sua chitarra e a
cantare. La famiglia decise allora di trasferirsi a
Nashville, dove incontrarono il presidente della
‘Big Machine Records’, il geniale
Scott Borchetta, che le permise di firmare il suo primo contratto. A soli
16 anni, la ragazza si ritrovò a riscuotere un
successo clamoroso, da autentica
“profeta in patria”. Già con il suo secondo lavoro del
2008, intitolato
‘Fearless’, ha vinto il
‘Grammy Award’ come
"album dell'anno": un riconoscimento che non era mai stato assegnato a un'artista così giovane. Da allora, il fenomeno è diventato un
crescendo tumultuoso, con una serie di
tour che hanno infranto ogni record. Oggi, i suoi
album sono diventati
10. E tutti di successo, con milioni di
fedelissimi che conoscono a memoria i testi delle sue
144 canzoni. Una nuova
icona delle
giovani generazioni, insomma, divenuta una
influencer di ‘peso’ assai più della nostra
Chiara Ferragni. Un vero e proprio
fenomeno commerciale o la classica
‘amerikanata’ studiata ‘a tavolino’, come dicono i
‘boomers’? Ai posteri l’ardua sentenza.