Vittorio LussanaPierluigi Bersani è senz’altro un politico di valore, abilissimo nel fotografare le varie situazioni attraverso delle splendide metafore. Quella della 'mucca in corridoio' resterà senz’altro nella Storia. Anche perché, si è pienamente materializzata e adesso il 'bovino' ce lo ritroviamo 'in salotto'. Sia come sia, in questi giorni il compagno Bersani è solito raccontare la metafora delle 'scarpe strette', in riferimento al nostro sistema sanitario nazionale: “A un Tizio che portava il 25 di scarpe da bambino, quando arriva a 18 anni non puoi vendergli un 27: per indossarle, sarà costretto a tagliarsi i piedi…”. Si tratta di una storiella di origine schiettamente popolare, che mi ha ricordato un episodio simile capitato a un mio parente alla mattina del matrimonio del figlio, un lontano cugino di Sarnico (Bg). Ebbene, avendo acquistato un paio di scarpe troppo grandi per il rito nuziale, egli decise di tagliarne la punta con un falcetto. Ovviamente, fummo costretti a chiedere al rivenditore di riaprire il negozio proprio di domenica, al fine di acquistarne un altro paio. Del numero giusto, questa volta. L’episodio è esattamente contrario a quello narrato da Bersani, ma l’origine popolare dei due aneddoti possiede la medesima radice. E in famiglia ne abbiamo riso per decenni. Ma a prescindere dalla simpatia umana di Bersani, in questi giorni egli va invocando, inutilmente purtroppo, un’altra cosa: la discesa in campo dei liberali. I quali, in Italia, non ci sono più e, forse, non ci sono neanche mai stati, almeno dai tempi di Giovanni Giolitti in qua. L’appello di Bersani è sbagliato per vari motivi. Ne elenco alcuni: a) i liberali italiani son sempre stati dei 'nani politici', benché la loro filosofia di riferimento appartenga al gruppo nobile delle culture universali; b) i liberali, in Italia, hanno sempre appuntato le medaglie sulla giubba dei Cialdini e dei Bava Beccaris e hanno sempre temuto il popolo italiano, per motivazioni puramente 'arcadiche' o di 'elitismo politico'; c) più in generale, gli italiani spacciano il proprio individualismo qualunquista per liberalismo, a parte alcune rare eccezioni, mentre invece sono degli egoisti gerarchici, tanto opportunisti, quanto autoreferenziali. Insomma, la partita è ormai persa per la sinistra. Proprio per tali motivi, mi ostino a scrivere di Benedetto Croce e Giovanni Gentile, che effettivamente appartenevano a un alveo culturale rispettabile. La critica alle destre dev’essere, infatti, articolata intorno alla loro “inattualità” e “astrattezza”: due concetti 'gentiliani', tra l’altro, che già ai tempi di Mussolini facevano diretto riferimento a un conservatorismo rozzo e taccagno, totalmente irrazionale, che non getta via niente, nemmeno il razzismo neonazista. Mussolini in persona lo ammise più volte: “Io non sono l’inventore del fascismo, me lo hanno chiesto gli italiani”. Oppure: “Governare gli italiani non è difficile: è inutile…”. E aveva ragione, in questo caso: inutile non ammetterlo. Perché anche Mussolini venne prima utilizzato e poi tolto di mezzo, quando non faceva più comodo a nessuno. Hai capito chi sono i liberali italiani, caro Bersani? In Italia, per lo meno, perché all’estero essere liberali significa ben altra cosa, vivaddio... Insomma, compagno Bersani, in questi anni sono stato da più parti criticato per aver scritto cose "livorose". Ma ne avevo tutte le ragioni: soltanto oggi se ne comprendono le motivazioni. Non si tratta di odio, ma di qualcosa di più e di qualcosa di meno. Lei ci ha provato a spiegare la deriva in corso, raccontando la metafora della mucca; io, attraverso una politica per 'scossoni'. Ma non c’è stato verso: gli italiani volevano la destra al potere per puro 'masochismo anale'. Ha ragione Daniele Luttazzi, su questo punto. Ecco perché a destra temono tanto l'inesistente teoria gender e gli omosessuali: essi sono inconsapevolmente gay. E anche quando non lo sono, amano interpretarne la parte con il 'deretano' degli altri: altro che cattolici solidali con il “prossimo”. Stiamo parlando solamente di un 'pezzo' di popolo italiano, sia chiaro: una minoranza clerico-fascista, a cui però liberali e qualunquisti si accodano regolarmente, trascinando il Paese alla rovina. Alle sinistre conviene attendere, affinché passi l’ennesima 'sbronza', così come abbiamo dovuto aspettare che finisse quella 'berlusconiana' per poter aprire un nuovo ciclo. Senza secessionismi 'aventiniani' e senza perdere la 'testa', perché tanto si tratta di mero provincialismo bigotto, di amoralità, di vuoti atteggiamenti: mere etichette, salutate le quali possono vedersi realizzati contenuti di qualsiasi tipo, persino di sinistra. In realtà, il mondo dei liberali italiani è storicamente composto da rimbambiti irresponsabili, da massoni opportunisti, da gente totalmente priva di spina dorsale e, persino, da monarchici: ci sono ancora quelli, figuriamoci. Per non parlare delle tante nostalgie borboniche a sud o di quelle per le Terre di San Marco nel nord: mica se lo ricordano che morivano a milioni di pellagra. Nostalgie assurde, da malati di mente: piccolo borghesi totalmente privi di coscienza storica. E perché non dirglielo, Bersani? Per sommare ipocrisia all’ipocrisia? L’Italia non è mai stata meritocratica. Ed è popolata da gente che non riconosce niente a nessuno, nemmeno per sbaglio o per questioni di buone maniere. Mi dispiace, ma siamo finiti di nuovo nelle mani della solita 'banda' di reazionari, teorici della vendetta spacciata per legittima difesa, come nel caso di Matteo Salvini in questi giorni. Questi non sanno nulla di norme e d’interpretazione delle leggi. E spesso fanno perfino gli avvocati. Gli italiani meritano tutto il male che vanno ostinatamente cercandosi, caro Bersani. In quanto cattolici, non perché di destra o di sinistra.




(articolo tratto dalla rubrica settimanale Giustappunto! pubblicata su www.gaiaitalia.com)


Lascia il tuo commento

stefano antoniutti - venezia/italia - Mail - domenica 10 dicembre 2023 14.10
Parole sante !


 1