Pierluigi Bersani è senz’altro un politico di valore, abilissimo nel fotografare le varie situazioni attraverso delle splendide
metafore. Quella della
'mucca in corridoio' resterà senz’altro nella Storia. Anche perché, si è pienamente materializzata e adesso il
'bovino' ce lo ritroviamo
'in salotto'. Sia come sia, in questi giorni il
compagno Bersani è solito raccontare la metafora delle
'scarpe strette', in riferimento al nostro sistema sanitario nazionale:
“A un Tizio che portava il 25 di scarpe da bambino, quando arriva a 18 anni non puoi vendergli un 27: per indossarle, sarà costretto a tagliarsi i piedi…”. Si tratta di una storiella di origine schiettamente
popolare, che mi ha ricordato un episodio simile capitato a un mio parente alla mattina del matrimonio del figlio, un lontano cugino di
Sarnico (Bg). Ebbene, avendo acquistato un paio di scarpe
troppo grandi per il rito nuziale, egli decise di
tagliarne la punta con un falcetto. Ovviamente, fummo costretti a chiedere al rivenditore di riaprire il negozio proprio di domenica, al fine di acquistarne un altro paio. Del
numero giusto, questa volta. L’episodio è esattamente
contrario a quello narrato da
Bersani, ma
l’origine popolare dei due aneddoti possiede la medesima radice. E in famiglia ne abbiamo riso per decenni. Ma a prescindere dalla simpatia umana di
Bersani, in questi giorni egli va invocando, inutilmente purtroppo, un’altra cosa: la discesa in campo dei
liberali. I quali, in
Italia, non ci sono più e, forse, non ci sono neanche mai stati, almeno dai tempi di
Giovanni Giolitti in qua.
L’appello di Bersani è sbagliato per vari motivi. Ne elenco alcuni:
a) i liberali italiani son sempre stati dei
'nani politici', benché la loro
filosofia di riferimento appartenga al
gruppo nobile delle
culture universali; b) i liberali, in
Italia, hanno sempre appuntato le
medaglie sulla giubba dei
Cialdini e dei
Bava Beccaris e hanno sempre temuto il
popolo italiano, per motivazioni puramente
'arcadiche' o di
'elitismo politico'; c) più in generale, gli italiani spacciano il proprio
individualismo qualunquista per
liberalismo, a parte alcune
rare eccezioni, mentre invece sono degli
egoisti gerarchici, tanto
opportunisti, quanto
autoreferenziali. Insomma, la
partita è ormai persa per la
sinistra. Proprio per tali motivi, mi ostino a scrivere di
Benedetto Croce e
Giovanni Gentile, che effettivamente appartenevano a un
alveo culturale rispettabile. La
critica alle destre dev’essere, infatti, articolata intorno alla loro
“inattualità” e
“astrattezza”: due concetti
'gentiliani', tra l’altro, che già ai tempi di
Mussolini facevano diretto riferimento a un
conservatorismo rozzo e
taccagno, totalmente
irrazionale, che
non getta via niente, nemmeno il
razzismo neonazista. Mussolini in persona lo ammise più volte:
“Io non sono l’inventore del fascismo, me lo hanno chiesto gli italiani”. Oppure:
“Governare gli italiani non è difficile: è inutile…”. E aveva ragione, in questo caso: inutile non ammetterlo. Perché anche
Mussolini venne prima
utilizzato e poi
tolto di mezzo, quando non faceva più comodo a nessuno.
Hai capito chi sono i liberali italiani, caro Bersani? In
Italia, per lo meno, perché all’estero
essere liberali significa
ben altra cosa, vivaddio... Insomma,
compagno Bersani, in questi anni sono stato da più parti criticato per aver scritto cose
"livorose". Ma ne avevo
tutte le ragioni: soltanto oggi se ne comprendono le motivazioni. Non si tratta di
odio, ma di
qualcosa di più e di
qualcosa di meno. Lei ci ha provato a spiegare la
deriva in corso, raccontando la
metafora della mucca; io, attraverso una politica per
'scossoni'. Ma non c’è stato verso: gli italiani volevano la
destra al potere per puro
'masochismo anale'. Ha ragione
Daniele Luttazzi, su questo punto. Ecco perché a
destra temono tanto l'inesistente
teoria gender e gli
omosessuali: essi sono
inconsapevolmente gay. E anche quando non lo sono, amano
interpretarne la parte con il
'deretano' degli altri: altro che
cattolici solidali con il
“prossimo”. Stiamo parlando solamente di un
'pezzo' di
popolo italiano, sia chiaro: una
minoranza clerico-fascista, a cui però
liberali e
qualunquisti si accodano regolarmente, trascinando il Paese alla rovina. Alle
sinistre conviene
attendere, affinché passi l’ennesima
'sbronza', così come abbiamo dovuto aspettare che finisse quella
'berlusconiana' per poter aprire un nuovo ciclo. Senza
secessionismi 'aventiniani' e senza
perdere la 'testa', perché tanto si tratta di mero
provincialismo bigotto, di
amoralità, di
vuoti atteggiamenti: mere etichette, salutate le quali possono vedersi realizzati contenuti di qualsiasi tipo,
persino di sinistra. In realtà, il mondo dei
liberali italiani è storicamente composto da
rimbambiti irresponsabili, da
massoni opportunisti, da gente totalmente priva di
spina dorsale e, persino, da
monarchici: ci sono ancora quelli, figuriamoci. Per non parlare delle tante
nostalgie borboniche a sud o di quelle per le
Terre di San Marco nel nord: mica se lo ricordano che morivano a milioni di
pellagra. Nostalgie
assurde, da
malati di mente: piccolo borghesi totalmente privi di
coscienza storica. E perché non dirglielo,
Bersani? Per sommare
ipocrisia all’ipocrisia? L’Italia non è mai stata
meritocratica. Ed è popolata da gente che
non riconosce niente a nessuno, nemmeno per sbaglio o per questioni di buone maniere. Mi dispiace, ma siamo finiti di nuovo nelle mani della solita
'banda' di reazionari, teorici della
vendetta spacciata per
legittima difesa, come nel caso di
Matteo Salvini in questi giorni. Questi non sanno nulla di
norme e
d’interpretazione delle leggi. E spesso fanno perfino gli
avvocati. Gli
italiani meritano
tutto il male che vanno ostinatamente cercandosi, caro
Bersani. In quanto
cattolici, non perché di
destra o di
sinistra.
(articolo tratto dalla rubrica settimanale Giustappunto! pubblicata su www.gaiaitalia.com)