Ebbene sì, i social ci hanno
smascherato. Indubbiamente,
Mark Zuckerberg, Steve Jobs e
Bill Gates non sono altro che personaggi venuti dal
futuro, dotati di una
visione, meritevoli di aver compreso la
società moderna nelle sue dinamiche relazionali più profonde. I
social rappresentano, a pieno titolo,
l’ultimo baluardo contro
l’ipocrisia dei
rapporti sociali. E’ finito il tempo delle continue
lamentele, degli
struggimenti tormentosi e senza senso nel rimpiangere
amori mai sbocciati, perché
“la vita ci ha inesorabilmente separati”. Oggi, non c’è più
“nessun grado di separazione”, parafrasando il ritornello di una nota canzone. Tutto è estremamente
tracciabile, ventiquattro ore su ventiquattro. Siamo tutti costantemente
connessi, sempre
visibili e il
“finché morte non ci separi” riecheggia ormai soltanto tra i
colonnati delle chiese, a suggellare i riti nuziali. E talvolta, nemmeno questo è vero, poiché tra i
suggerimenti di amicizia di Facebook non è raro che compaiano anche i profili di persone ormai
decedute. Pertanto, cari tutti, le scuse sono ufficialmente
finite: il tempo ha assunto una
latitudine perpetua. I
social non garantiscono soltanto il
quarto d’ora di celebrità, minimo sindacale di
'wharoliana' memoria, ma ci assicurano
l’immortalità di una
giovinezza senza tempo, in cui tutto può sempre accadere. Certo, è impossibile liberarsi completamente di quella sensazione di
lieve ‘freddino’ che permea il registro delle relazioni nate o ripristinate
via social, nelle quali ci si conosce, ci si innamora o rinnamora
in differita, attirati da un’immagine fotografica chissà fino a che punto
attuale o
veritiera. Ma purtroppo, si sa: nell’era
dell’Intelligenza Artificiale, dove si prospetta un futuro prossimo in cui anche il
flusso dei pensieri sarà veicolato da
invisibili algoritmi, tutto questo non sarà che la
normalità. Forse un po'
'piattina' e anche un poco
'stupidina', ma quella diventerà la nostra
nuova realtà. Pertanto, sì: i
social ci hanno
liberati, finalmente. Dai
sentimenti, dalla
malinconia ‘wertheriana’, dal
nemico giurato del
“qui ed adesso”, persino dalla
felicità. Care voi, lettrici di questo articolo: se avesse voluto cercarvi, il
vostro ‘lui’ avrebbe potuto farlo in tutti i modi possibili e a ogni minuto del giorno, via
Instagram, Facebook, Whatsapp o Linkedin. Quattro
social non vi bastano per convincervi che per il vostro
amore perduto valete
meno di zero? E voi, cari
psicologi di tutto il mondo, ci dispiace, ma
avete chiuso: i
social ci hanno consegnato alla
verità dei fatti nel modo più
patinato e, al tempo stesso,
crudelmente disarmante che esista. E in fondo,
ce la siamo cercata questa
'fine dei sogni', quale inevitabile epilogo in cui sfocia il
tramonto dei rimpianti. Abbiamo a tal punto
anelato all’omologazione dei costumi e delle idee, per la quale da secoli siamo giunti a fare di tutto, financo uccidere, che finalmente siamo stati
ripagati con la nostra stessa moneta: la
cruda verità, la consapevolezza di
quanto poco significhiamo per i nostri simili. E forse, se è sacrosantamente vero quanto detto a suo tempo da
Jean Paul Sartre che
“l’inferno sono gli altri”, ovvero il presentimento della loro
indifferenza, non tutti i
mali vengono per nuocere se il
prezzo della verità è la
liberazione dal dolore.