Elisabetta ChiarelliEbbene sì, i social ci hanno smascherato. Indubbiamente, Mark Zuckerberg, Steve Jobs e Bill Gates non sono altro che personaggi venuti dal futuro, dotati di una visione, meritevoli di aver compreso la società moderna nelle sue dinamiche relazionali più profonde. I social rappresentano, a pieno titolo, l’ultimo baluardo contro l’ipocrisia dei rapporti sociali. E’ finito il tempo delle continue lamentele, degli struggimenti tormentosi e senza senso nel rimpiangere amori mai sbocciati, perché “la vita ci ha inesorabilmente separati”. Oggi, non c’è più “nessun grado di separazione”, parafrasando il ritornello di una nota canzone. Tutto è estremamente tracciabile, ventiquattro ore su ventiquattro. Siamo tutti costantemente connessi, sempre visibili e il “finché morte non ci separi” riecheggia ormai soltanto tra i colonnati delle chiese, a suggellare i riti nuziali. E talvolta, nemmeno questo è vero, poiché tra i suggerimenti di amicizia di Facebook non è raro che compaiano anche i profili di persone ormai decedute. Pertanto, cari tutti, le scuse sono ufficialmente finite: il tempo ha assunto una latitudine perpetua. I social non garantiscono soltanto il quarto d’ora di celebrità, minimo sindacale di 'wharoliana' memoria, ma ci assicurano l’immortalità di una giovinezza senza tempo, in cui tutto può sempre accadere. Certo, è impossibile liberarsi completamente di quella sensazione di lieve ‘freddino’ che permea il registro delle relazioni nate o ripristinate via social, nelle quali ci  si conosce, ci  si innamora o rinnamora in differita, attirati da un’immagine fotografica chissà fino a che punto attuale o veritiera. Ma purtroppo, si sa: nell’era dell’Intelligenza Artificiale, dove si prospetta un futuro prossimo in cui anche il flusso dei pensieri sarà veicolato da invisibili algoritmi, tutto questo non sarà che la normalità. Forse un po' 'piattina' e anche un poco 'stupidina', ma quella diventerà la nostra nuova realtà. Pertanto, sì: i social ci hanno liberati, finalmente. Dai sentimenti, dalla malinconia ‘wertheriana’, dal nemico giurato del “qui ed adesso”, persino dalla felicità. Care voi, lettrici di questo articolo: se avesse voluto cercarvi, il vostro ‘lui’ avrebbe potuto farlo in tutti i modi possibili e a ogni minuto del giorno, via Instagram, Facebook, Whatsapp o Linkedin. Quattro social non vi bastano per convincervi che per il vostro amore perduto valete meno di zero? E voi, cari psicologi di tutto il mondo, ci dispiace, ma avete chiuso: i social ci hanno consegnato alla verità dei fatti nel modo più patinato e, al tempo stesso, crudelmente disarmante che esista. E in fondo, ce la siamo cercata questa 'fine dei sogni', quale inevitabile epilogo in cui sfocia il tramonto dei rimpianti. Abbiamo a tal punto anelato all’omologazione dei costumi e delle idee, per la quale da secoli siamo giunti a fare di tutto, financo uccidere, che finalmente siamo stati ripagati con la nostra stessa moneta: la cruda verità, la consapevolezza di quanto poco significhiamo per i nostri simili. E forse, se è sacrosantamente vero quanto detto a suo tempo da Jean Paul Sartre che “l’inferno sono gli altri”, ovvero il presentimento della loro indifferenza, non tutti i mali vengono per nuocere se il prezzo della verità è la liberazione dal dolore.





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