Il
Governo italiano ha recentemente sospeso il
Trattato di Schengen, ripristinando le frontiere con la
Slovenia. Si tratta di un
dispositivo di vigilanza attivato in accordo con i
partner europei. Così, dal
Viminale è partito l’ordine di predisporre
57 valichi autorizzati, con l’istituzione di
13 presidi fissi, mentre negli altri
44 valichi la vigilanza è assicurata con servizi dinamici. Contestualmente, sono stati già rafforzati i servizi da parte della
Polizia stradale e di quella
Ferroviaria. Le
'vecchie' postazioni di frontiera sono state già quasi tutte riattivate. E le forze di
Polizia hanno già identificato migliaia di persone e fermato numerosi veicoli, con molte centinaia di casi
respinti in quanto considerati
pericolosi. Il supporto delle
tecnologie di controllo da remoto è già a disposizione degli specialisti. E la misura è stata di recente
prorogata, fin quando necessario. I tempi non saranno brevi e i controlli molto intensi nella regione del
Friuli Venezia Giulia, la quale si appresta a un inverno rigido come previsto dal meteo e ad accertamenti sempre più vigili ai confini con la
Slovenia. Al momento sono impiegati nei servizi di vigilanza
335 unità di personale della
Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e della
Guardia di Finanza, unitamente al contingente di
militari già impiegato su quel fronte. Ma l'obiettivo del
ministro Piantedosi è di impattare il meno possibile con la vita sociale del nostro Paese, mantenendo un rapporto di collaborazione con
sloveni e
croati, nostri amici e partner importanti. Per questa ragione, le
procedure di verifica riguardano più le
rotte terrestri, essendo più difficili da controllare. Per evidenti ragioni, siamo in grado di
intercettare chiunque arrivi
via mare e assoggettarlo ai necessari
controlli di sicurezza, mentre una
frontiera così estesa come quella con la
Slovenia richiede
dispositivi rafforzati. Le analisi
dell’intelligence e della nostra
Polizia di prevenzione ci hanno infatti segnalato una
'sensibilità' legata ai passaggi su quella
rotta, lungo la quale alcuni Paesi potrebbero offrire ospitalità e supporto a elementi
'jihadisti'. Riattivare i controlli al
confine sloveno è risultata, perciò, una
necessità, per garantire la nostra
sicurezza nazionale: una decisione presa dal
Governo con
ponderazione e con i necessari raccordi con i
partner europei interessati. L’apertura verso i
Balcani, infatti, è ormai considerata una
rotta 'sensibile'. E si conta che, nel solo
2023, siano già arrivati
decine di migliaia di
migranti irregolari dal
confine est, non sempre muniti del
diritto a ottenere il riconoscimento dello
status di rifugiato in
Italia. Le forti
tensioni internazionali stanno portando a una chiusura a catena tra gli
Stati-membri dell'Ue, mettendo in discussione, seppur temporaneamente, uno dei principi fondamentali
dell'Unione, ossia la
libera circolazione di
persone e
merci. Il
2 novembre scorso, il
ministro Piantedosi è giunto infatti a
Trieste, per un vertice con i suoi
omologhi sloveni e
croati. Un nuovo incontro per
minimizzare l’impatto dei
controlli sui
frontalieri e, in generale, su tutti i cittadini dei nostri Paesi che si
spostano legittimamente da un Paese all’altro. La
circolazione di beni e persone transfrontaliera è oramai un irrinunciabile
patrimonio della nostra civiltà:
sloveni e
croati sono nostri amici.
Partner importanti, con cui vogliamo mantenere un rapporto di grande
collaborazione sul fronte della
sicurezza e in tutti gli altri ambiti su cui si deve sviluppare il nostro
comune destino europeo. Peraltro, in occasione di questo
ripristino dei controlli alla frontiera, le
autorità slovene hanno assicurato una proficua
collaborazione operativa, con un'intensificazione del
presidio territoriale anche nei boschi, al fine di rendere più difficile il
traffico e i
transiti di
soggetti irregolari o pericolosi.