Facciamo un po' di chiarezza in merito allo
spot pubblicitario di una
nota catena di supermercati. Innanzitutto, siamo d'accordo con
Alessandro Cattaneo: se anche il mondo del
marketing comincia a porsi il problema di dover
raccontare delle storie, anziché limitarsi a imporre dei
modelli irrealistici, come per esempio quello della
guardia notturna che si trasforma in uno
chef - indicazione diretta alla flessibilità del lavoro - è già un
passo in avanti molto importante. Pertanto, lo spot raggiunge un obiettivo: parla al cuore della gente.
Meglio così. Tuttavia, ciò avviene per
motivazioni commerciali, non certo con
intenti educativi o
edificanti. In secondo luogo, sembra quasi che i
figli dei genitori divorziati siano più esposti alle
tentazioni, come quella di
sfuggire al controllo della madre per
rubare una pesca – poi pagata in cassa senza essere né pesata, né imbustata - e consegnarla al
padre, sostenendo che gliela manda
“la mamma”: una
bugia 'bianca', insomma. Ora, la vicenda narrata mostra anche
un altro ‘lato’ della
medaglia: non è affatto una situazione
standard. Ci si rivolge a un
‘everyman’ che non esiste più, che non ha potuto cambiare l'automobile con la quale si muove per andare al lavoro e che di prendere in esame una
‘ricucitura’ con la ex moglie non gli passa neanche per l’anticamera del cervello, poiché certi problemi pratici rimangono
inaffrontati. In sostanza, dallo spot si evince che
fare la spesa e considerare il
cibo come un
nuovo totem, quasi fosse una
‘droga’ o una nuova forma di
erotismo morboso, siano
valori in grado di
rimettere a posto le cose. A questo siamo arrivati:
basta che consumi e
il sole torna a splendere sulle nostre vite.
Semplice, no? Dei
salari bassi da 20 anni, degli
atteggiamenti ricattatori in ogni situazione, di una
logica contrattualista che sa solo
comprimere il costo del lavoro non se ne parla: sono tutti argomenti che non meritano di essere
contemplati. Neanche il
'fordismo' va più bene, perché siamo andati ancora più
indietro: al
vassallaggio feudale, al
sostentamento minimo, alla
derrata alimentare, alla
'tirchieria' come valore, che in un
Paese cattolico diventa subito
assoluto e
incontestabile. In un
divorzio, le
ferite rimangono da
entrambi le parti. Ma le
situazioni concrete delle persone non sono quelle
ipotizzate dallo spot, che in fondo racconta una vicenda
idealtipica: magari le coppie separate o divorziate fossero
tutte così. La realtà, invece, registra un
‘femminicidio’ dietro l'altro, anziché
accettare razionalmente di
essersi sbagliati, di aver scelto una persona senza calcolare eventuali
difetti e
incompatibilità, di aver collocato una
'bomba' alla base del
rapporto di coppia, facendo saltare per aria ogni
progetto di vita, come se il
dialogo, la
maturità, l'equilibrio e
l'intelligenza fossero
concetti marginali, da
'nerds' o da
eterni ragazzini. Quindi, lo
spot tradisce una risposta
a ‘due facce’: una
‘mezza verità’ tipica del
markenting, che come al solito pretende di
imporre sempre gli stessi modelli, raccontando una realtà
‘a segmenti’. Diciamola tutta, invece, la
verità, senza ricorrere ai
soliti cliché: con uno
stipendio decente, i due genitori non si sarebbero nemmeno
separati. Se si continua a
imporre modelli assoluti, poi è inutile chiedere il
dialogo e non la
polemica. Quello italiano rimane un
capitalismo possessivo e
ricattatorio, l'esatto opposto rispetto a quanto teorizzato da
Riccardo Lombardi. Come ai tempi di
Carosello: chi non beve un certo
cognac andrà sicuramente incontro a
disavventure amorose. La verità è che
‘Dio, Patria e Famiglia’ sono una triade di valori basati
sull'obbedienza, sulla
gerarchia, sulla
dipendenza. Idee ormai
superate, perché
non incidono sulla realtà, non trasformano le
condizioni sostanziali del
singolo individuo, non
producono discorso né
pensiero critico, non sono in grado - anzi, non lo sono mai stati - di
cambiare la vita degli italiani, poiché li
esclude da ogni processo partecipativo. Anzi, non li contempla proprio, se non quando arrivano le
elezioni, rendendoli
oggetti passivi e non
soggetti attivi. E
mamma e
papà devono far la pace per forza,
‘resettando’ il passato e nascondendo la
‘polvere’ sotto al tappeto. Insomma, i
messaggi idealtipici di chi
'sbandiera' certi ideali, quasi mai sono
coerenti nei
comportamenti concreti. La triade
‘Dio, Patria e Famiglia’ corrisponde a una
dichiarazione di inattualità a fronte di un'epoca che, al contrario, è quella della
‘biopolitica’ e del
capitalismo cibernetico. Sia ben chiaro: in una fase storica del genere è
legittimo cercare di capire attraverso quali
‘culture umaniste’ regolarsi, per controllare eticamente il rischio di un
positivismo 'piatto', fondato su uno
sviluppo tecnologico funzionale unicamente a se stesso. Ma la
religione, innanzi a una
società secolarizzata, non può essere ridotta a mero
simbolismo ritualista strumentale a prendere voti; la
Patria non dovrebbe essere un ideale che viene
infranto ogni giorno; e la
famiglia non può essere pensata come un qualcosa di
apologetico, di
statico, basata su un
modello unico e una
rigida divisione dei ruoli tra uomini e donne. La formula
‘Dio, Patria e Famiglia’ corrisponde a una
chiusura all'interno di se stessi, prigionieri della paura di uscire di casa e affrontare il mondo. Non sono la
risposta giusta, ci dispiace, pur avendo
apprezzato, almeno in parte, il tentativo
dell’agenzia di comunicazione che ha prodotto lo
spot della
‘pesca della discordia’. Mamma e
papà, alla fine,
“ci ripensano come i cornuti”, si dice a
Roma. E’ meglio non pensarci, invece: che ognuno si tenga le proprie
‘corna’ e impari a
portarle con eleganza, sia in casa che fuori, senza
reprimersi a vicenda con
volgari egoismi e
ipocrisie. Portare avanti un
matrimonio unicamente
per amore dei figli è un cattivissimo modo di
educare una bambina. La quale, a un certo punto, dovrà pur capire che
le cose finiscono, che gli
amori si esauriscono, che un bel giorno ella si troverà
da sola ad
affrontare il mondo e che dovrà prepararsi a
vivere quella fase, anziché
restare in casa con
mamma e
papà fino ai
40 anni pur di avere
i ‘piedi’ al caldo. Immersa tra
finzioni e
prese per i ‘fondelli’ reciproche.
(articolo tratto dalla rubrica settimanale Giustappunto! pubblicata su www.gaiaitalia.com)