Vittorio Lussana
E così il "professionista a contratto" ha voluto fare il suo ‘scoop’ su Ustica. In realtà, molte cose già si sapevano. Innanzitutto, nel giugno del 1980 al governo c'era Francesco Cossiga, che poi cadde in autunno. E l'accordo con gli arabi che consentiva loro di ‘mettersi in scia’ ai nostri aerei per evitare di essere individuati dai radar della Nato, è precedente: risale al cosiddetto 'Lodo Moro' dopo i fatti di Fiumicino nel 1973. Era un accordo solo verbale, tacito: non c'era niente di scritto e chiunque, adesso, può venire a dire la sua. Quindi, che sia stato Bettino Craxi ad avvertire Muammar Gheddafi in merito alla strana 'esercitazione' prevista per la sera del 27 giugno 1980, non ci pare attendibile. Anche perché, in quel periodo con la Libia eravamo ai 'ferri corti' anche noi, per via di un accordo con Malta, a protezione della neutralità di quell'isola. Un trattato che tolse a Gheddafi ogni possibilità di influire, in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo, in quella parte del Mediterraneo. Più credibili le restanti affermazioni, rilasciate da Giuliano Amato al quotidiano ‘la Repubblica’, che tuttavia risultano fatti già rivelati da Andrea Purgatori nei primi anni '90 del secolo scorso, dopo che fu deciso di andare a ripescare i resti del Dc 9 dell'Itavia in fondo al mare. In secondo luogo, il Mig libico inseguito e colpito probabilmente insieme al Dc 9 dell’Itavia era un aereo da combattimento. E ci pare assai difficile che un veivolo di quel tipo potesse avere a bordo il leader libico, il quale era in procinto di rientrare da Varsavia o da Belgrado e continuava a cambiare i suoi piani proprio al fine di evitare ogni possibile ‘imboscata’. Insomma, non si sapeva neanche dove fosse, Gheddafi, di preciso. E i Mig libici in volo quella sera erano, in realtà, aerei 'civetta', che avevano il compito di accertarsi della situazione senza farsi scoprire. Purtroppo, quella sera uno dei Mig venne intercettato: cercò di proteggersi ponendosi sotto al Dc 9 dell'Itavia e i francesi causarono il ‘danno’. Ma attenzione a due ‘passaggi importantissimi’, in merito a questo punto: a) non c’erano solamente i francesi in volo quella sera: si trattava di un’operazione della Nato, che dunque comprendeva forze aeree integrate ‘miste’; b) Francesco Cossiga l’ha sempre raccontata al contrario, perché era ormai anziano e l'aveva capita male: non era l’aereo francese a essersi messo sotto al Dc 9 per mimetizzarsi rispetto al radar del Mig libico, bensì la situazione opposta. Tutto ciò, poco importa alla fine. Ciò che più conta è che quella notte qualcosa di molto grave sia effettivamente accaduta e che l’arroganza del potere abbia sempre cercato, per interi decenni, di nasconderlo. Quindi, ricapitolando: 1) la vicenda dell’avvertimento 'diretto' di Bettino Craxi a Muammar Gheddafi è successiva e risale al blitz americano nel Golfo della Sirte del 1986. Intorno a ciò, ha ragione Bobo Craxi; 2) vi è un secondo aspetto che passa sempre, regolarmente, inosservato, nonostante la cosa continui a capitare ancora oggi, come testimoniato dalla recentissima tragedia ferroviaria di Brandizzo: il Dc 9 dell’Itavia, quella sera, non ci doveva proprio essere in quel quadrante del Tirreno meridionale. Quel volo era partito dall’aeroporto di Bologna con due ore di ritardo. E proprio questa banalissima situazione di ‘disorganizzazione italiana’ ha sempre escluso l’ipotesi di una bomba: piazzare un ordigno dotato di ‘timer’ su un aereo di linea che continuava a rimandare la propria partenza, avrebbe comportato il rischio di un’esplosione in pista. Una modalità terroristica completamente senza senso, in quanto priva di movente, che non ha mai retto il confronto con la semplice logica. Quindi, la verità è un’altra: in Italia, fatti come Ustica e Brandizzo continuano a capitare perché le cose non funzionano; perché si lavora male; perché regolarmente ci si ritrova ad avere a che fare con una selezione nei posti apicali di molte aziende, sia di Stato, sia private, per niente basate sul merito o sul buon lavoro svolto in passato, bensì su criteri totalmente ‘distorti’: colpi di fortuna, provvidenzialismi, adesioni di ‘area’ organizzate per ‘cordate’ o semplicemente ‘in quota’ ai Partiti politici. Continuiamo a ribadire sempre la stessa cosa che, ne siamo certi, persino il generale Vannacci condividerebbe: se un plotone ‘marcia male’, la colpa è di chi lo guida. Questa è la semplice verità di un Paese che, ancora oggi, non applica la sua Costituzione, che non possiede un’etica del lavoro, che sotto un velo formale di legalità nasconde la società più anarchica e disorganizzata d’Europa. Ogni tanto, va di moda il motto del momento: “Molti fatti e poche parole”, per esempio. Ma se in base a questa ‘fisima’ poi non si fanno circolare le informazioni basilari o si ribaltano le procedure rispettandole solamente alla fine, spesso condite da ricostruzioni e orari di fantasia, per forza di cose il pressappochismo regna sovrano in ogni settore. Non c’è mai un servizio, nemmeno quello più semplice, che si dimostri, qui da noi, per lo meno sincronizzato nelle tempistiche. Ognuno si regola con ‘l’orologio suo’, come ne ‘I soliti ignoti’ di Mario Monicelli. Si stabilisce che un treno sia già passato e si autorizza l’intervento di una squadra di operai perché magari qualcuno aveva fretta, o aveva altro da fare, o doveva raggiungere la famiglia al mare. Ognuno pensa solo ed esclusivamente ai fatti suoi, oppure si basa su principi totalmente ‘campati per aria’, che magari ha sentito dire da qualcuno. Un Paese di folli, di clown, di emeriti pagliacci. Buffoni che più sono tali e più te li trovi ai vertici delle aziende, o in mezzo alle ‘scatole’ a fare ‘casino’. Va bene, continuiamo così: facciamoci del male. Ma almeno evitiamo di ‘scaricare’ sempre la colpa di ogni evento sugli altri, su chi c’era prima o sul primo che passa per strada. Una persona come Giuliano Amato, che oggi viene a dirci che Bettino Craxi avrebbe rintracciato Gheddafi alla sera del 27 giugno 1980 perché avrebbe sentito qualcosa dai servizi, senza neanche sapere dove ‘diavolo’ fosse in quei giorni il leader libico, se a Mosca, o a Varsavia, o avesse fatto ‘tappa’ a Belgrado, dovrebbe solo godersi la sua ricca pensione e chiudersi nel mutismo più assoluto e totale, in quanto persona che ha fatto solamente ‘danni’ e basta. Un borghese piccolo piccolo, che dovrebbe ancora venirci a spiegare perché alcuni referendum popolari non siano stati ammessi quando lui era presidente della Corte costituzionale. E che dovrebbe parlarci anche di quelli ammessi, dato che ci hanno fatto sprecare un mucchio di danaro per delle consultazioni a cui non ha partecipato quasi nessuno. Giuliano Amato respinse il quesito sulle droghe leggere perché la cannabis era nella “tabella sbagliata”: perché non poteva essere abrogata direttamente dal popolo sovrano proprio in quanto normativa sbagliata? E respinse quello sulla responsabilità civile dei magistrati - essendo il referendum uno strumento esclusivamente abrogativo in Italia - perché l'avrebbe trasformata in una responsabilità diretta, quando invece ci saremmo semplicemente ritrovati di fronte a una norma 'monca' da sostituire con un'altra. Non c'era alcun pericolo che i magistrati pagassero di ‘tasca propria’, perché la responsabilità diretta poteva avere effetti solamente annullando completamente l'intera legge. Insomma, un'abrogazione non è mai equiparabile a un annullamento, perché la prima determina effetti ‘ex tunc’, mentre il secondo ‘ex nunc’: gli studenti del primo anno di Giurisprudenza lo sanno perfettamente. Infine, vi era il referendum sull'eutanasia, che poteva essere ammesso lo stesso seppur limitato da un sentiero più ‘stretto’, evitando ogni rischio di induzione al suicidio con una nuova norma, da approvare con urgenza dopo la consultazione. Ma tanto non c’è niente da fare: in Italia, persone come Giuliano Amato, ordinario di dirito Costituzionale in diverse Università italiane e in aspettativa da secoli perché ha sempre qualcosa di più importante da fare, avrà sempre le pagine dei giornali spalancate assai più di chi lavora con costanza ‘nenniana’, ogni santo giorno, per cercare di raccontare alla gente la verità. Una verità che in questo maledetto Paese, il più delle volte non si può neanche dire.





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