Un romanzo di
Dario Colombo, pubblicato di recente per la collana
Egida di
Minerva Edizioni, ha voluto portare alla luce una vicenda, fino a oggi sconosciuta, riguardante oltre
centomila persone che poco più di un secolo fa vennero trasferite, di forza, nelle province dell’attuale
Repubblica Ceca, allora
Boemia, dove trascorsero oltre tre anni fino al termine della
prima guerra mondiale. Si trattava soprattutto di
donne, vittime incolpevoli di un conflitto nel quale l’unica loro colpa era quella di essere suddite
dell’impero Austro-ungarico, ma di
lingua italiana. Alla vigilia dell’entrata in guerra
dell’Italia, infatti, le popolazioni di
lingua italiana dell’allora
Impero Asburgico che abitavano lungo il confine
(trentini, veneti, friulani) furono caricate a forza su carri bestiame ed
‘esodate’, dopo un viaggio inenarrabile, nelle
regioni dell’impero più lontane dal fronte. Il
23 maggio 1915, giorno di
Pentecoste, nel giro di poche ore migliaia di persone, in prevalenza
donne, bambini e
anziani, furono costrette ad abbandonare case, campi e quella che fino a quel momento era stata la loro vita, per una destinazione e un futuro
ignoti. Unica cosa concessa a ognuno di loro fu di portare con sé una
posata, una
coperta e i
viveri necessari per alcuni giorni di viaggio. Questo vero e proprio
esodo di massa coinvolse, in totale, più di
centomila persone che dal
Trentino (ma anche dal Veneto e dal Friuli) furono disseminate nelle regioni interne
dell’Impero: Austria, Moravia e, soprattutto,
Boemia, l’attuale
Repubblica Ceca. Regioni a loro sconosciute, di
lingue e culture diverse. Dopo un impatto traumatico per un simile
sradicamento, ebbe inizio un lento percorso
d’integrazione con le
popolazioni locali, che lascerà una ricca eredità di amicizie, forti legami, in qualche caso anche matrimoni che sopravvivranno per generazioni fino ai giorni nostri. Il romanzo rivive la straordinaria avventura di queste genti, attraverso le vicende di un gruppo di
donne guidate dalle figure – realmente esistite – di una
maestra e di un
parroco. Attingendo a un’imponente archivio di lettere, diari e documenti ufficiali, il racconto dipinge uno spaccato inedito di un
dramma inimmaginabile, per certi versi assimilabile a quelli odierni. Un percorso d’integrazione e di emancipazione della
figura femminile che, costretta dagli eventi, dovette rivestire tutti i ruoli:
capofamiglia, lavoratrice, amministratrice e
madre. “Questo libro”, sottolinea l’autore,
“narra le vicende, vere, di un popolo alla ricerca di un’esistenza sicura e decorosa in un momento storico in rapido cambiamento. Ogni guerra, giusta o meno che sia, rappresenta sempre un evento drammatico che non conosce né vinti, né vincitori, ma spesso è proprio in tempi di barbarie che l’essere umano riesce a dare prova di grande solidarietà verso i propri simili. L’esodo in Boemia”, aggiunge
Dario Colombo, “è una pagina di Storia e un esempio che ci dimostra quanto ciò sia vero e quanto l’amore per la vita vada oltre ogni distinzione di razza, lingua e nazionalità. ‘Boemia’ è anche la celebrazione dei forti legami esistenti tra popoli diversi, che anticipano quella che sarebbe diventata, cinquant’anni più tardi, la futura Europa”.
L'autore
Dario Colombo, giornalista metà lombardo e metà trentino, per oltre 40 anni ha lavorato per i principali periodici, quotidiani, radio e televisioni nazionali. Ha diretto la testata giornalistica di ‘Tele+’ (oggi Sky). Grande appassionato di montagna e di storia della prima guerra mondiale, è autore su questo argomento di numerosi libri, documentari, lavori teatrali e rievocazioni storiche. Boemia è il suo primo romanzo: indubbiamente un buon esordio, per raccontare una vicenda lontana e assai diversa dalla retorica trionfalistica del nazionalismo italiano.