eUrban, il progetto di
evoluzione urbana che da due anni promuove, presso il quartiere
Eur a
Roma, un laboratorio di innovazione in costante trasformazione, immaginato per migliorare il benessere di lavoratori, residenti e visitatori, lancia
‘And’, acronimo di
Arte, natura e
didattica. Un progetto di divulgazione scientifica che offre a
100 studenti romani l’occasione di partecipare a lezioni di
arte contemporanea e di
botanica all’aria aperta.
eUrban nasce dall’incontro di
Silver Fir Capital e
Gwm Group con l’artista
Ria Lussi, per sviluppare progetti e azioni guidate dai
temi Esg (Environmental, social and governance,
ndr), mossi dalla consapevolezza che solo
‘ALtogether’ si possano rigenerare gli spazi del vivere e del lavoro, creando le condizioni per la
sostenibilità e la salvaguardia di un pianeta sempre più
fragile. Ne abbiamo parlato lo scorso
5 giugno all'Orto Botanico di Roma, in occasione della
Giornata mondiale dell'ambiente, con l'artista
Ria Lussi, curatrice del progetto.
Ria Lussi, lei ha parlato in questi giorni del futuro del lavoro e degli spazi lavorativi, ma non è frequente che un artista pensi ad abitare gli spazi di destinazione e di bellezza per il territorio: come mai questa riflessione? Da dove nasce e come è nata alla fine la collaborazione con eUrban?
“Il Covid è stato un momento epocale, di svolta. Tutti gli ambienti di lavoro si sono svuotati e le persone, come sciami, sono rientrati in spazi molto privati. Il tema di questo cambiamento così epocale in tutto il mondo, mi ha portato a ragionare ancora di più in termini planetari. Quindi, un'umanità che si trova riunita ad affrontare grandi tematiche filosofiche, che sono tematiche sociali ma anche finanziarie, unitamente a quello che è il grande tema di questi anni, cioè la consapevolezza che il cambiamento climatico potrebbe distruggere la nostra civiltà. Noi artisti abbiamo la caratteristica di essere particolarmente comunicativi. Siamo cioè abituati a parlare alle emozioni del nostro pubblico, che coinvolgiamo nelle nostre opere e nelle nostre azioni. Tutti questi elementi messi insieme mi hanno portata a lavorare su un progetto che si chiamava ‘Earth Quarters’, in cui ho pensato questo: l'Italia è un Paese ricco di artisti, adesso tutti gli ambienti lavorativi sono rimasti vuoti e per due anni sarà difficile per le persone ritornare. Come possiamo rendere più vitali questi luoghi? Come rigenerare gli ambienti in cui ognuno, ogni persona che lavora, passa così tante ore della sua giornata? Attraverso delle tecniche estremamente contemporanee, di tipo tecnologico-industriale, ho compreso che si potevano fare degli interventi abbastanza economici, perfettamente in sintonia con le esigenze multiple di tante compagnie diverse, che hanno uffici in tanti posti diversi, rendendo gli spazi estremamente più piacevoli, abitabili, gioiosi per tutti. Quindi, non soltanto per i top manager, ma per tutti coloro che lavorano in questi ambienti del lavoro, dal primo all'ultimo, attraverso degli interventi artistici e di verde. Perché per me, il creato è l'opera d'arte per eccellenza”. Alla base di questa riflessione c’è, dunque, un recupero reale del rapporto con la natura?
“Certamente: la natura è stata sempre una fonte inesauribile di ispirazione, per ogni artista di tutti i tempi. Ci sono sempre stati degli studiosi, degli dei marginali, delle persone fragili, che hanno mantenuto un contatto vero, più vivo, con la natura. Prima del Covid c'erano delle separazioni d’interessi, di aree, di ambienti. Ma all’improvviso, ci siamo trovati tutti uguali sullo stesso pianeta. Proprio in quei giorni, in cui il Paese era totalmente fermo, ho avuto la fortuna di incontrare Barbara Polito, un architetto specializzato in grandi investimenti finanziari e immobiliari, che si è subito sintonizzata con questa mia visione e io mi sono sintonizzata con la sua. Allora, abbiamo deciso di mettere insieme un grande team, in cui io già stavo operando, con l'Orto botanico su una ricerca degli alberi monumentali di Roma. E abbiamo trovato tante, tantissime persone di buona volontà, che sono riuscite a realizzare in poco tempo, a Roma e in Italia, un’idea straordinaria. La nostra volontà è quella di portare avanti un progetto in evoluzione, che trasformi Roma e l'Italia in quel Paese che merita di essere. Non si può essere contemporanei, oggi, senza fare i conti con quello che sono le grandi tematiche filosofiche, politiche, economiche del nostro pianeta”.
L'arte è sempre contemporanea e mi sembra che abbia, in questo caso, risposto anche con tutte le sue risorse, a quella che era un'esigenza sociale contemporanea, ossia quella di tornare a dialogare con la città che dovevamo tornare ad abitare dopo il Covid. Questa operazione ha visto soprattutto le donne protagoniste: come mai?
“Io credo che noi vestiamo molti corpi e molte forme in un nostro ciclo evolutivo estremamente lungo. Perciò, non ha particolare importanza se siamo alti, bassi, giovani, vecchi, uomini o donne. Però credo tantissimo che siamo il contemporaneo e una nuova speranza. E questa speranza risiede nella capacità femminile di essere maggiormente empatica, collaborativa e sensibile. Le donne hanno la possibilità di diventare pioniere e pilote di un mondo nuovo, in cui io spero possa scomparire anche la guerra. Il femminile, in materia di pace e ambiente, ha delle capacità che finora non sono state mai esplorate. Tuttavia, oggi c'è qualcosa di nuovo sotto il cielo e speriamo che sempre più donne si assumano la responsabilità di mantenere anche delle posizioni teoricamente di potere - secondo me alieno alla natura femminile. Bisogna porsi gli obiettivi. In questo caso, abbiamo l'obiettivo di dare futuro alle nuove generazioni in tempi decisamente rapidi, perché siamo vicini all'esaurimento delle risorse, a dei cambiamenti che porteranno guerre, carestie e un futuro veramente drammatico. Forse, noi donne abbiamo più a cuore il fatto che l'umanità debba essere salvifica e salvata, in ogni suo individuo”.