Vittorio LussanaI recenti fatti di Casal Palocco, quartiere situato nella periferia sud della capitale, dove un suv Lamborghini, noleggiato da un gruppo di ‘Yuotobers’ per produrre una ‘challenge’ – cioè una prova di resistenza estrema finalizzata alla pubblicazione di un video - ha provocato un grave incidente automobilistico in cui è morto un bambino di 5 anni, sono a dir poco incommentabili. Sorge, infatti, il problema della produzione di contenuti sulle piattaforme social, che necessiterebbero un intervento legislativo al fine di obbligare i vari canali a una registrazione presso un Tribunale civile e a dotarsi di un responsabile legale per quanto viene pubblicato. Ecco per quali motivi rimaniamo ostinatamente contrari all'abolizione dell'Ordine dei giornalisti: basterebbe una riforma che lo indirizzi meglio verso le nuove funzioni che potrebbe svolgere e fornirlo di qualche potere in più, non in meno. Resta il fatto che 600 mila persone seguano certe cose, mentre poche migliaia s'interessano ai contenuti più formativi. Non lo scriviamo per pedagogismo esasperato, ma purtroppo anche la produzione di contenuti 'altri' pretende un controllo più efficace, a cui sottoporre piattaforme planetarie come Yuotube, Instagram o Tik Tok. Forse, oggi, si comprenderà meglio la lotta che si è deciso di combattere contro fake news e contenuti distorti, al fine di evitare, innanzitutto, una deriva classista e un'ostentazione di 'status' lesive del principio di eguaglianza tra i cittadini. L'uso delle automobili deve rientrare nella normale necessità di spostarsi per le nostre attività di tutti i giorni e non per alimentare una cultura piccolo borghese da 'cafoni' arricchiti o da 'pidocchi' rifatti. E' un punto di principio che può essere declinato in vari modi, a destra come a sinistra, ma su cui vale la pena soffermarsi a riflettere. Perché non c'è nulla di totalmente privato, quando ci si espone; perché quando si producono contenuti, di qualsivoglia genere e tipo, si svolge una funzione di servizio pubblico, anche se si tratta di semplice intrattenimento; perché ci si rivolge a dei lettori o a dei potenziali ascoltatori, tanti o pochi essi siano. Non si scrive un articolo per far vedere quanto sia lineare il nostro italiano, ma per informare i lettori. E non ci si filma per mettersi in ‘vetrina’, cioè al fine di dimostrare quanto siamo belli, ‘matti’ o simpatici, bensì rivolgendosi a un pubblico. Il quale, non dev'essere truffato o affabulato dalla mera immagine o dalle semplici apparenze autoreferenziali. La deriva narcisista è tipica delle società post industriali, tendenti a fornire nuove forme di comunicazione, informazione e anche di evasione ai cittadini: noi questo non lo neghiamo. Ma dei 'paletti' normativi andrebbero messi, per evitare che coloro che risultano sottoposti a un controllo siano esclusivamente quelli che certi contenuti li producono per mestiere, mentre ci si dimostra totalmente anarchici verso chi, invece, approccia il mondo della comunicazione senza alcuna esperienza o principio deontologico che lo metta nelle condizioni di autolimitarsi. E’ un paradosso antico questo, che appartiene pienamente al vero pensiero critico verso le attitudini mortifere della modernità. Era questa la lezione, o una delle lezioni, che dovevamo apprendere dalla pandemia: una libertà responsabile è assai migliore di una libertà qualunquista, totalmente sganciata da ogni etica, cultura o emergenza collettiva. Se comprenderemo questo punto, poi si potrà anche decidere di essere più o meno elastici nell'applicazione concreta e nell'interpretazione giuridica delle norme. Ma la questione più importante rimane quella di riuscire a comprendere i limiti dello sviluppo tecnologico in atto, che non può e non dev’essere funzionale unicamente a se stesso.




Direttore responsabile di www.laici.it

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