L’Italia considera il rispetto per i diritti umani un elemento cruciale per garantire la pace, prevenire i conflitti e promuovere la crescita di società stabili in tutto il mondo. Siamo soprattutto portatori di una visione dei diritti umani improntata al dialogo ed alla collaborazione multilaterale, che vogliamo rispettosa dei principi di universalità, imparzialità e oggettività. La nostra cultura e tradizione politica ci porta a privilegiare le voci del dialogo, la ricerca di formule di convincimento, piuttosto che le pressioni o le forme di condanna che rischiano di suscitare divisioni o reazioni di irrigidimento. La nostra azione internazionale ed interna di tutela e promozione dei diritti umani si fonda su temi e settori prioritari quali la promozione della legalità e della democrazia, la lotta ad ogni forma di discriminazione (con particolare riferimento a quella di genere), l’attenzione ai diritti delle persone con disabilità, la lotta alla tortura, l’impegno per la tutela dei diritti dei fanciulli (con particolare attenzione ai bambini soldato), la campagna per l’abolizione della pena morte e l’adozione di una moratoria universale delle esecuzioni nonché la partecipazione attiva ad importanti negoziati internazionali in materia di diritto umanitario. In tutti i contesti bilaterali e multilaterali, l’Italia si è fatta promotrice di battaglie di alto profilo etico, come la campagna per l’abolizione della pena di morte e l’adozione di una moratoria universale delle esecuzioni. Per primi abbiamo portato al successo una risoluzione contro la pena capitale alla Commissione Diritti Umani di Ginevra nel 1997, poi fatta propria dall’Unione Europea nel 1999 e portata, ogni anno, all’attenzione dell’organo ginevrino fino al 2005. Il nostro Governo, inoltre, si è adoperato per dare attuazione all’impegno preso in Parlamento con la Mozione D’Elia ed il primo risultato di questa azione è stato ottenuto il 19 dicembre 2006 con la presentazione, su iniziativa italiana, della “Dichiarazione di Associazione” sulla moratoria ed abolizione della pena di morte all’Assemblea Generale, proposta dall’Unione Europea e sottoscritta da 85 Stati. I recenti casi di applicazione della pena di morte e il loro forte impatto sull’opinione pubblica mondiale ci hanno spinto a rilanciare la succitata iniziativa dell’Unione Europea, nella duplice ottica di ampliare le adesioni attorno alla “Dichiarazione di associazione” e di riaprire il dibattito sul tema in Assemblea Generale. L’Italia è inoltre in prima linea nel promuovere e proteggere i diritti delle donne ed il principio della parità di genere a livello mondiale. A questo proposito il nostro Paese partecipa attivamente al dibattito nell’ambito dell’Assemblea Generale, del Consiglio Economico e Sociale, nonché della Commissione per l’Eliminazione di ogni Forma di Discriminazione nei confronti della Donna (CEDAW) e degli altri organi delle Nazioni Unite, per la creazione di standard di riferimento comuni nel campo dei diritti umani e per la messa a punto di meccanismi di verifica del loro rispetto ed applicazione. L’Italia ha partecipato ai negoziati volti alla conclusione dei lavori del Comitato ad hoc delle Nazioni Unite per una Convenzione Internazionale per la protezione e promozione dei diritti e delle dignità delle persone con disabilità. Convinti dell’importanza che la comunità internazionale si dotasse al più presto di uno strumento giuridico in materia, il nostro Paese si è molto impegnato tanto all’interno dell’Unione Europea, quanto a livello bilaterale nel corso delle sessioni del Comitato ad hoc, per far progredire nel modo più efficace e rapido possibile i lavori del Comitato stesso, fino a quando, il 13 dicembre 2006, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha finalmente approvato per consenso la risoluzione che adotta la Convenzione. Attualmente, si è impegnati nel lavoro di preparazione per giungere alla firma della Convenzione, la cui apertura alla firma è prevista per il 30 marzo 2007. L’Italia riserva tradizionalmente grande attenzione ai diritti violati di milioni di bambine e di bambini nel mondo coinvolti nei conflitti armati, vittime perché reclutati come soldati o resi schiavi: l’impegno in questo campo rappresenta una costante nell’azione della politica estera dell’Italia in materia di diritti umani. Ricordo unicamente che nel 2003, nel corso del semestre di Presidenza italiana dell’Unione Europea, il Consiglio Affari Generali dell’Unione Europea approvò l’adozione delle “Linee guida dell’UE in materia bambini e conflitti armati” - documento promosso dall’Italia di concerto ed in collaborazione con l’UNICEF e le più importanti ONG del settore. La nostra azione per la lotta al terribile fenomeno dei minori coinvolti nei conflitti armati si articola su diversi livelli complementari: da un lato, promuovendo nei rapporti bilaterali e nei fori internazionali una maggiore sensibilizzazione e consapevolezza della gravità del fenomeno e favorendo sul piano internazionale un’adeguata ed efficace azione di contrasto; dall’altro, agendo direttamente sul campo, tramite il finanziamento di progetti a favore dei bambini e degli adolescenti coinvolti nei conflitti armati in Paesi caratterizzati da situazioni di conflitto e di post conflitto, tenendo conto soprattutto della situazione particolare delle bambine e delle adolescenti. L’Italia segue naturalmente con particolare attenzione la situazione dei diritti umani nei Paesi terzi sia nell’ambito delle Nazioni Unite che dell’Unione Europea, seguendo un approccio non tanto di condanna delle violazioni commesse quanto di incoraggiamento verso comportamenti aderenti agli impegni sottoscritti. Se guardiamo alla situazione dei diritti dell’uomo nel mondo dobbiamo riconoscere che la promozione dei diritti umani resta ancora oggi un obiettivo difficile da raggiungere, a livello pratico e istituzionale, soprattutto in diversi paesi dell’Africa e del Medio Oriente, dove le precarie condizioni economiche e di sviluppo delle popolazioni, il difficile accesso ai servizi sanitari e all’istruzione, nonché il protrarsi di alcuni conflitti, hanno reso la situazione particolarmente delicata, creando quello che potremmo chiamare il circolo vizioso sottosviluppo - povertà - violazione diritti umani. Nel contesto delle Nazioni Unite il nostro Paese ha sostenuto sin dall’inizio la nascita della Commissione per il Consolidamento della Pace (Peacebuilding Commission), considerandola un valido strumento per avviare il rinnovamento laddove la guerra ed il collasso del sistema politico di governo hanno portato distruzione e desolazione ad interi Stati e alle loro popolazioni. Forte è, infatti, l’esigenza di assicurare che guerra e fame non tornino ad affliggere le popolazioni appena uscite dai conflitti armati e di consolidare nel tempo i processi di stabilizzazione avviati. L’Italia si è adoperata anche all’interno dell’Unione Europea affinché le sue istituzioni possano partecipare a tutti i lavori della citata Commissione, in considerazione del ruolo chiave svolto dall’Unione in varie situazioni di post-conflitto. In tema di diritto umanitario, il nostro Paese sta inoltre seguendo le procedure di ratifica del Terzo Protocollo addizionale alle Convenzioni di Ginevra adottato nel corso della Conferenza Diplomatica di Ginevra tenutasi dal 5 al 7 dicembre 2005. Il Terzo Protocollo introduce un nuovo simbolo, neutro e privo di connotazioni religiose o nazionali, un rombo dai contorni rossi, in aggiunta ai simboli precedenti (la Croce Rossa e la Mezzaluna Rossa) che hanno sempre costituito un impedimento all’adesione da parte delle Società Nazionali Israeliana ed Eritrea al Movimento Internazionale. Il nostro Rappresentante Permanente presso le Organizzazioni Internazionali di Ginevra, ha firmato, tra i primi, il Terzo Protocollo, anche a testimonianza dell’importanza che l’Italia annette alla sua adozione e del ruolo che il nostro Governo ha avuto nel corso della vicenda diplomatica che ha portato alla Conferenza. L’azione italiana si è sviluppata principalmente in seno all’Unione Europea, sensibilizzando in più occasioni i partners comunitari sulla necessità di presentare alle parti interessate - i Paesi arabi in particolare - l’opportunità di superare diffidenze e contrarietà per giungere ad un esito positivo della Conferenza Diplomatica. In seguito, il nostro Paese ha condotto un’azione di sensibilizzazione anche a livello bilaterale esprimendo ripetutamente a tutte le parti maggiormente interessate la nostra convinzione dell’opportunità di raggiungere il consenso sull’adozione del Terzo Protocollo. Nel quadro dell’impegno che ho sinteticamente delineato, l’Italia ha presentato la propria candidatura alle elezioni al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite per un mandato triennale. Come noto, il Consiglio, che ha preso il posto della disciolta Commissione dei Diritti Umani di Ginevra, è un organo composto da 47 membri eletti dall’Assemblea Generale, con seggi ripartiti secondo il principio dell’equa distribuzione geografica. La campagna elettorale in corso si è presentata particolarmente competitiva, ma l’alto profilo riconosciuto alla nostra candidatura e la convinzione che il nostro Paese possedesse tutti i requisiti necessari per essere eletto, ci hanno poi condotto verso un incontestabile successo.