Emanuela ColatostiIl 25 maggio scorso, ha fatto il giro del web il video di una trans brutalmente pestata dalle forze dell'ordine a Milano, in zona Bocconi. In flagranza di reato davanti a un edificio scolastico avrebbe scoperto i genitali e minacciato tutti i presenti di voler contagiare loro di Hiv, patologia di cui è infetta. Sono stati i vigili urbani a prelevarla, allontanarla dalla pubblica piazza e a ‘contenere’ la sua crisi. Ma si devono aggiungere diversi dettagli, per completare il quadro: 1) la donna è brasiliana, come nel migliore dei cliché; 2) si tratta di una persona priva del permesso di soggiorno; 3) ha precedenti penali, soprattutto di resistenza a pubblico ufficiale; 4) dettaglio meno discusso e quasi rimosso, ha problemi psichiatrici. Come ogni volta, quando ci sono di mezzo i bambini, l'opinione pubblica - e non solo - si assesta su posizioni securitarie: deve essere fatto "tutto ciò che è necessario" per preservare l'innocenza dei bambini. Impossibile non cogliere l'eco evangelica della versione sociale del “whatever it takes” draghiano. L'aspetto securitario si rafforza per le sue connotazioni riguardanti l'identità della colpevole: trans, brasiliana, infetta da Hiv, già nota al sistema penitenziario e clandestina. Cosa aspetta la giustizia a rinchiuderla in cella e a buttar via la chiave? Varrebbe la pena discutere dell'eccesso di violenza da parte delle forze dell'ordine, che purtroppo rispecchiano buona parte del sentire comune. Poi, in questo caso specifico, la donna ha la colpa di essere clandestina. Solo chi è estremamente superficiale non si rende conto di quanto sia complesso far convivere i diritti dell'individuo, che appartengono a ogni essere umano a prescindere se si trovi nella sua patria oppure no, con gli interessi legittimi dei cittadini e dell'ordine pubblico. In questo particolare caso, la vittima del pestaggio dei vigili urbani è anche un trans, con tutto ciò che comporta, in un Paese come l'Italia, l'accettazione da parte dell'opinione pubblica della semplice esistenza di persone che non rientrano in un'identificazione di genere ‘binaria’. Sarebbe da valutare l'incidenza di malattie psichiatriche sugli ‘invisibili’ in generale, che esistono quasi soltanto negli onori di cronaca quando compiono azioni eclatanti di questo tipo. Chi vive in periferia di qualunque grande città, almeno una volta nella sua vita ha assistito a un Tso (trattamento sanitario obbligatorio, ndr) di un marginalizzato. Difficilmente il ‘terzo settore’ riesce a farsi carico di loro: servono competenze e strutture altamente specializzate per occuparsi del loro disagio. Ma questione securitaria e questione sanitaria si intrecciano, perché sono divise solo in teoria e non nella pratica, almeno in questo caso. La strada più semplice, che tiene conto del fatto che le due questioni sono unite, comporterebbe tornare indietro di 50 anni e riaprire i manicomi, con tutto quel che erano e che hanno rappresentato per le democrazie occidentali: una sorta di ‘discarica’ in cui veniva dimenticata ogni devianza. Una piena attuazione della legge Basaglia avrebbe previsto strutture e locali in grado di coprire, in modo capillare, tutto il territorio per prendersi cura dei disagi psichici. Persino una versione istituzionalizzata della società della cura, in cui si portano a norma i sintomi di una malattia senza scendere alla radice di un disagio, sarebbe qualcosa di migliore del nulla di fatto che c’è oggi. Se si escludono le sezioni del sistema carcerario denominate ‘Articolazioni per la salute mentale’ e i ‘Centri di riabilitazione psichiatrica’, la maggior parte delle patologie della mente riescono a trovare una forma di cura fuori da strutture specifiche. Certo è, che il progressivo impoverimento degli strati sociali implica una minore capacità di accedere alla cura, persino in un sistema sanitario nazionale pubblico come quello italiano. Essere cittadini, e rigorosamente caucasici, ancora aiuta. Ma se sei una donna ‘trans’, clandestina e con problemi psichiatrici, vieni presa gratuitamente a manganellate dai vigili urbani per atti osceni in luogo pubblico. Reato, peraltro, smentito dalla procura. Dunque, la colpa è solo quella di essere diventata ‘visibile’, invece che rimanere invisibile.





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DELFIOL RENATO - DELFIOL RENATO - Mail - domenica 28 maggio 2023 16.48
Quando ci sono di mezzo i preti la tutela dei bambini è meno sentita
Carlo Cadorna - Frascati - Italia - Mail - domenica 28 maggio 2023 6.12
Lei tratta un tema di difficile soluzione: è vero che "violenza porta violenza" ma eliminare questo problema richiede un'altra organizzazione dell'ordine pubblico: negli anni '50 sono stato in Inghilterra e la polizia era disarmata: ma se toccavi un poliziotto c'era ancora il cappio... Ora, in Italia, vi è anche un problema di risorse: abbiamo un debito pubblico troppo alto con il tasso d'interesse in crescita. O si taglia la spesa pubblica oppure si raddoppia la crescita. Ma per raddoppiare la crescita bisogna tagliare la tassazione ( la crescita attuale è dovuta essenzialmente all'economia in nero). La soluzione quindi è lunga e complicata perchè bisogna agire in diversi settori ma sempre avendo ben chiari gli scopi da raggiungere.


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