Il
10 maggio scorso, gli esponenti di
Fratelli d’Italia e
Lega che siedono al
parlamento europeo si sono
astenuti sul voto di ratifica della
'Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica', meglio conosciuta come
'Convenzione di Istanbul'. Il documento, composto da
81 articoli, che si appresta a diventare
“il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante”, ha come fine la tutela dei
diritti delle donne, offrendo anche strumenti di
prevenzione di atti discriminatori o violenti.
L’Italia ha sottoscritto per la prima volta la
Convenzione nel
settembre 2012, con una riserva. Già al tempo, il
Governo Monti depositò presso il
Consiglio d’Europa una nota con cui dichiarava di voler applicare la
Convenzione “nel rispetto dei principi e delle previsioni costituzionali”. Una dichiarazione
'interpretativa', motivata dal fatto che la definizione di
'genere' contenuta all’interno della
Convenzione fosse troppo ampia. Ciononostante, i successivi perfezionamenti del documento sono stati
firmati, controfirmati e
votati dall’ala progressista dei nostri rappresentati nelle deputate sedi europee. Data l’importanza cruciale di questo strumento legislativo nel combattere la
discriminazione e la
violenza domestica e di genere, è stata riportata all’attenzione della
Corte di Giustizia d’Europa, che ha ritenuto non necessaria
l’unanimità per la ratifica della
Convenzione e sufficiente la
maggioranza qualificata (due terzi del parlamento,
ndr). La
violenza contro le donne, come ricorda la
Convenzione, è una fattispecie di
violazione dei diritti umani. Quindi, sarebbe
impensabile che non venga ratificata. Ora la
'palla' passa ai
parlamenti dei singoli
Stati d’Europa. Lo scetticismo di
Fratelli d’Italia e della
Lega è legato al timore che la cosiddetta
'teoria gender' entri nelle istituzioni, nelle scuole e nel tessuto sociale. La paura di una
teoria che non esiste li rende pronti a
sacrificare la possibilità di implementare
strumenti e, magari, anche
risorse, per contrastare ogni forma di
violenza domestica. Certo, se le scuole di ogni ordine e grado dovesse finalmente implementare nei propri programmi ministeriali
approfondimenti e
progetti educativi, per educare sin dall’infanzia al
rispetto dell’Altro: “Signora mia, dove andremo a finire”! E così, la
destra di casa nostra torna ad allinearsi alle
politiche reazionarie di Paesi come
l’Ungheria, la
Polonia e la
Turchia. Quest’ultima, nello specifico, sebbene non faccia parte
dell’Unione europea, aveva sottoscritto la
stesura originaria della
'Convenzione' nel
2011, prima che
Erdogan diventasse
presidente. I rappresentanti di questi Paesi - e altri quali la
Lituania, la
Bielorussia, la
Lettonia, la
Repubblica Ceca e la
Bulgaria - negli ordinamenti europei si oppongono alla
Convenzione, perché andrebbe a contrastare con la
cultura e le
tradizioni locali. Un provvedimento che punirebbe chi
obbliga ad abortire, chi adopera
mutilazioni genitali, chi attua
violenza domestica e persino
stalking, per molte
destre, compresa quella
italiana, è sacrificabile sull’altare
dell’ideologia 'gender'. Quella stessa
ideologia a cui la presidente del consiglio,
Giorgia Meloni, non è mai riuscita a fornire un
contenuto.