Annalisa Giuseppetti

Il caldo torrido e una siccità che discende direttamente da un inverno che è risultato il più caldo degli ultimi due secoli hanno reso i nostri boschi sempre più aridi: si tratta di un problema che ha un chiaro collegamento con la grave questione dei cambiamenti climatici. Ma questi ultimi e il conseguente aumento delle temperature non sono altro che elementi facilitatori degli incendi boschivi del periodo estivo, una malattia divenuta cronica nel nostro Paese. Ma anche altra cause sembrano essere alla base di una piromania dolosa e della scarsa sorveglianza a cui il demanio dello Stato è sottoposto: secondo alcune fonti locali residenti nella provincia di Foggia, raccolte proprio da www.laici.it, la popolazione del Gargano nutre forti sospetti nei riguardi di alcuni cittadini i quali, a causa di alcune mancate assunzioni presso il Corpo forestale dello Stato, si starebbero vendicando verso gli enti locali proprio per mezzo di tali attività delittuose, tese sottilmente a ricattare Regioni, province e comuni. Ad ogni modo, oltre alla sorveglianza insufficiente, le altre cause degli incendi estivi risalgono, indubbiamente, alla scarsa manutenzione delle aree boschive e all’assenza di un reale coordinamento degli enti preposti alla prevenzione e al controllo. In Italia, infatti, i boschi ricoprono il nostro territorio per quasi 9 milioni di ettari, ovvero il 30% dell'intera superficie del Paese. Ebbene: negli ultimi 20 anni, gli incendi boschivi hanno già distrutto più di un milione di ettari di superficie boscosa, il che equivale alla distruzione di un’area pari a quella delle Marche. Si tratta di fenomeni che aggravano lo stato di vulnerabilità in cui versano i nostri sistemi forestali, già in difficili condizioni per la situazione climatica generale e per il conseguente scarso approvvigionamento idrico. I servizi offerti dagli ecosistemi al benessere umano sono immensi: le foreste e i boschi sono fondamentali per il mantenimento del ciclo idrico, per la loro capacità di trattenere l’acqua, per il contenimento dell’erosione dei suoli, per la biodiversità in essi presente, per l’insostituibile servizio offerto ai processi di fotosintesi che trasformano l’energia solare in materia organica, nonché per il loro ruolo nei grandi cicli biogeochimici come quello del carbonio, fondamentale per le stesse dinamiche climatiche. La salvaguardia e la tutela dei boschi sono oggi strettamente connesse al grado di civiltà dei cittadini e alla loro sensibilità. I divieti e le sanzioni si stanno rivelando insufficienti, mentre i sistemi di lotta tecnologicamente più avanzati possono ben poco in presenza di una coscienza sociale poco attenta alle esigenze dell'ambiente. La difesa dei boschi è ormai esclusivamente connessa alla qualità dei rapporti che l'uomo instaura con l'ambiente. E l’opera di sensibilizzazione delle popolazioni e di informazione dei cittadini, anche con il coinvolgimento dei mass media, non sarà mai pienamente efficace se non sarà in grado di imporre una cultura della tutela del nostro patrimonio forestale in quanto bene imprescindibile della collettività. Sarebbe perciò necessario dare opportuno impulso a tutte quelle azioni di carattere informativo e formativo che concorrono alla crescita di una cultura dell'ambiente e dei boschi, diffondendo maggiormente il principio che uomini e alberi appartengono al medesimo contesto naturale. La disattenzione verso tale ‘valore’ (i boschi, oggi, hanno un valore pubblico più che privato, generale più che locale, culturale più che materiale, ecologico più che economico) spesso addebitabile all'incuria, alla scarsa attenzione ed educazione, alla superficiale conoscenza del nostro patrimonio forestale e del suo significato ambientale, in diversi casi nasconde mire speculative che andrebbero contrastate tenendo conto del divieto di cui all’art. 9 della legge n. 47 del 1975 e di analoghe disposizioni in materia. La legge vieta l'insediamento di costruzioni di qualsiasi tipo nelle zone boscose distrutte o danneggiate dal fuoco, impedendo, altresì, che tali zone assumano una destinazione d’uso diversa da quella avuta prima dell'incendio. La tutela giuridica è stata in seguito integrata dalla cosiddetta ‘legge Galasso’, la n. 431 del 1985, la quale sottopone al vincolo paesaggistico i terreni boscati percorsi dalle fiamme. I materiali di risulta dall'agricoltura o della ripulitura dei boschi, le paglie, un tempo risorse che venivano utilizzate negli allevamenti zootecnici, oggi sono considerati solo uno scarto da distruggere mediante gli incendi. Da questi fuochi disseminati nelle campagne, però, si origina un consistente numero di fuochi cosiddetti ‘involontari’, riconducibili, alla stregua della bruciatura delle stoppie, soprattutto nell'Italia meridionale, alla medesima preoccupante tendenza al disinteresse e alla disattenzione per le risorse naturali. Una più assidua vigilanza sull'osservanza delle norme che vietano tali operazioni nei periodi di massimo rischio, sicuramente circoscriverebbe la proporzione del fenomeno. Invece, sempre più spesso si promuove un’immagine del bosco come elemento del paesaggio e come richiamo turistico, provocando l'effetto di un aumento della mobilità di massa e della presenza umana all'interno dei complessi boscati. Una presenza che il più delle volte si traduce in azioni devastatrici ed inquinanti mediante comportamenti irresponsabili, come l'accensione sconsiderata di fuochi o l’abbandono di rifiuti. L'analisi dell'incidenza percentuale degli incendi sul tipo di proprietà e sul tipo di bosco bruciato, evidenzia, al contrario di quanto generalmente si pensi, come le superfici colpite dalle maggiori aggressioni siano quelle in cui coesistono la proprietà privata e la presenza del ceduo, il tipo di bosco più frequentemente destinato all'abbandono. Se a queste informazioni si aggiunge la considerazione che quasi il 29% degli incendi si verifica nelle aree di collina interna e che circa il 33% in quelle di montagna interna, diviene possibile argomentare che la ricorrente frequenza degli incendi va correlata anche al complesso dei problemi che ostacolano il corretto recupero delle stesse aree. I fattori che rendono un bosco vulnerabile al fuoco non sono diversi da quelli che concorrono a determinare la marginalità economica e sociale del contesto territoriale del quale esso fa parte. I boschi italiani, insomma, si configurano sempre più come siti destinati ad essere toccati dalle medesime fragilità ambientali del territorio che lo comprende. Uno studio analitico del ‘fenomeno incendi’ evidenzia che molti di essi si verificano lungo le ferrovie, le strade e le autostrade, a partire dalle scarpate interessate da un genere di vegetazione facilmente infiammabile, oppure lungo le piste e i sentieri che si addentrano nei boschi. Ma questi incendi possono essere prevenuti sia con azioni tendenti a rendere più responsabile il comportamento dell'uomo, sia con interventi di maggior vigilanza delle Amministrazioni preposte. Per la prevenzione degli incendi volontari, che spesso assumono la forma dell'atto vandalico o del ricatto alle istituzioni, diviene perciò opportuno attuare tutte le misure tendenti a ridurre le tensioni sociali che potrebbero degenerare nell'uso del fuoco. Gli interventi contro il fuoco sono affidati a personale altamente addestrato e all'impiego di mezzi terrestri ed aerei. Diviene dunque indispensabile che, nel corso di un incendio, la popolazione si adoperi per collaborare con i forestali e con quanti sono preposti ai compiti di spegnimento. E se si avvista un incendio, è fondamentale dimostrare il proprio senso civico di cittadini chiamando il numero 1515 per le emergenze.




 

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carlo - roma - italia - Mail - giovedi 26 luglio 2007 15.10
concordo con questa giornalista. molta gente pensa che tirando via davanti ad un bosco che brucia faccia solo i suoi interessi. ovvero, quelli di andarsene a gambe levate, tanto il problema non è il suo.
se ognuno di noi, ivi comprese gli esponenti politici, pensassero che un bosco, così come ò'acuq e l'aria sono beni primari comuni, forse, qualcosa si potrebbe risolvere.
ottimo articolo.
CB
Alfonso - Roma - Mail - mercoledi 25 luglio 2007 20.6
Cazzutissimo 'sto pezzo! Bravi, brava la giornalista. Quello che è successo in Puglia è una vergogna. Se perdiamo pure il turismo, allora vuol dire che questo paese sta veramente andando alla deriva!


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