Cristina PerettiUno spettacolo intorno a una realtà che si consuma da sempre: il tradimento. Un fatto umano raccontato, analizzato e demonizzato in tutte le salse: letterarie, cinematografiche e teatrali. Banale, dunque ridondante, potrebbe sembrare la trama del dramma, ‘Tradimenti’ (1978), in cui il premio Nobel per la Letteratura, Harold Pinter, denuncia il falso perbenismo borghese attraverso la narrazione della storia clandestina tra due amanti, all’ombra dei loro rispettivi matrimoni, apparentemente perfetti. Ma l’abilità drammaturgica di Pinter, si sa, non è tanto nel contenuto, quanto nell’artificio stilistico con cui simbolici ‘spaccati’ di vita vengono proposti al lettore-spettatore. Una tecnica, quella di ‘Tradimenti’, che vede la narrazione scorrere a ritroso. Il racconto inizia dalla fine della relazione amorosa, ripercorrendo all’indietro tutte le tappe che hanno portato alla rottura definitiva, tra il 1977 e il 1968, terminando con il primo bacio dei due amanti, durante il primo incontro segreto, in un ‘climax’ di tensione discendente, dal distacco alla passione. Una forma di gradualità perturbante e suggestiva, che la compagnia Manhattan, nella sua rappresentazione dell’opera, andata in scena nei giorni scorsi presso il Teatro Pegaso, lungo il litorale di Ostia (Roma), ha abilmente ricreato regalando attimi di incisiva, crescente, suspence, tale da catturare e non perdere mai l’attenzione del pubblico. Lo sguardo registico della Cerri, attento e curato, scava nel testo di Pinter, al fine di mettere in luce, analizzandoli con cura e con un taglio fedelmente moderno, quei sentimenti che uniscono apparentemente, ma che distruggono interiormente il 'triangolo'. A margine dello spettacolo, abbiamo posto alcune domande all’attrice e regista, Francesca Romana Cerri, per comprendere perché abbia deciso di mettere in scena questo dramma proprio in questo momento e in questa fase storica della vita del Paese.

Francesca Romana Cerri, perché Pinter? E qual è il suo rapporto con questo drammaturgo?
“Innanzitutto, perché amo la drammaturgia del Novecento: gli interrogativi che pone li sento molto attuali. Poi, perché ho incontrato quest’autore tanti anni fa, facendo ‘l'Amante’ di Pinter diretta dal regista Teodoro Corrà. Corrà è stato anche attore e ha lavorato nel cinema con attori inglesi e mi ha trasmesso l'amore per il lato umoristico di quest’autore. Tempo dopo, mentre studiavo ‘Le serve’ di Genet per metterlo in scena, cominciai a fare dei gruppi di studio con Mauro Leuce, per comprendere i testi di Pinter. Ricordo che leggevamo saggi critici e le interviste rilasciate dall'autore: rimasi affascinata dal profilo politico di questo drammaturgo”.

L’autore ha usato ‘Tradimenti’, nel 1978, per denunciare il perbenismo borghese: lei pensa che portarlo in scena ai tempi nostri abbia lo stesso effetto incisivo, denunciatorio?
“Credo che il messaggio di ‘Tradimenti’ sia attuale: se ci si riflette è tutto un tradimento, la fase in cui stiamo vivendo. La nostra società ha dei mass media che coprono, mentono, sottolineano quello che serve per la comunicazione, eludendo il rapporto onesto, limpido, con la realtà. In televisione, si parla di una guerra, ma le altre guerre vengono sottaciute. Si parla di beneficenza ai Paesi poveri e viene occultato come la nostra società occidentale sfrutta e depreda il Terzo mondo. Insomma, tutto è ‘Tradimenti’: la vita media delle persone scorre, troppo spesso, a tentare di mentire a se stessi, per non dover ammettere che tutto è da cambiare, tutto è da rifare. ‘Tradimenti’ è dimenticare le cose come furono, per trasformarle in ciò che conviene ed è tollerabile: ‘Tradimenti’ è dappertutto”.


Come ha lavorato sul testo?
“Il lavoro è partito dall'analisi, dalla suddivisione in sezioni e compiti, dalle intenzioni dal testo: un lavoro di sintesi, in cui l'attore deve agire in prima persona. I compiti richiesti dal testo, attraverso l’ampiamento della sua fantasia e la proiezione della sua biografia, sono in analogia alle richieste della pièce. Questo lavoro, tutto dall'interno, e con questo metodo, determina il ritmo, la musicalità, la forma esterna e visibile dello spettacolo. Un lavoro che arriva a interrogarsi sulle ragioni di ogni singola parola, sui motivi di ogni pausa e silenzio”.

Emma, la protagonista: affinità e differenze…

“Le affinità con Emma le ritrovo tutte nel mio passato: l'aver sofferto in amore; l’aver ceduto a compromessi; l’aver desiderato di cambiare vita; l’aver privilegiato, in tempi passati, la sicurezza affettiva più dei miei desideri. Oggi non è più così, fortunatamente. Le differenze risiedono nel fatto che io sono una persona diretta, schietta, che dice le cose che pensa nel momento in cui le pensa. Emma, viceversa, si tiene tutto dentro, nasconde continuamente. È indiretta e contenuta: il mio opposto”.


La vostra interpretazione è armonica e sincronica: è forse dovuta a una sintonia anche fuori dal palco?
“Vi ringrazio per questa osservazione: siamo molto in sintonia sul palco e lo siamo anche nella vita. Io e Tommaso Barbato siamo una coppia anche nella vita. E con Rodolfo Bonucci (Robert) Marilena De Sole, che in ‘Tradimenti’ fa il cameo della cameriera, siamo molto amici. Avrei comunque cercato la sintonia sul palco, anche se fossimo stati dei perfetti sconosciuti, poiché credo che sia qualcosa di imprescindibile per riuscire a comunicare al pubblico delle idee e dei contenuti”.

Sta già lavorando a un altro spettacolo?

“In questo momento sto lavorando alla distribuzione di Tradimenti e di un altro nostro spettacolo di drammaturgia contemporanea, che s’intitola ‘Qualcosa non torna’, da me scritto”.





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