Vittorio LussanaLa festività del 1° maggio ci offre lo spunto per tornare a parlare delle condizioni di lavoro nel nostro Paese. Una questione la quale s’interseca con il problema dei contratti, che con le destre al governo sembra destinato a mantenere l’attuale conformazione selvaggia: un ginepraio di formule utilizzate, soprattutto, nei rapporti a tempo determinato. Un contesto che alimenta soprusi e ingiustizie, senza indicare soluzioni di compromesso accettabili. Eppure il lavoro, non a caso citato nel primo articolo della nostra Costituzione, dovrebbe essere la principale preoccupazione delle nostre forze politiche, per motivi che vanno al di là di ogni logica contrattualista. Un’etica del lavoro dovrebbe essere il mezzo - e non una mera finalità agognata - per la realizzazione del cittadino. Anche e soprattutto in un’ottica liberale, cioè partendo dai meriti e dai bisogni del singolo individuo. Ciò vale – o dovrebbe valere - sia in termini di sicurezza sui luoghi di lavoro, sia in un contesto collettivo di diritti sociali e di salari più congrui, in grado di difendere il potere d’acquisto della moneta. Questo rimane il punto focale della politica economica italiana, niente affatto in contraddizione con gli ideali patriottici dell’attuale esecutivo. L’idea che dovrebbe ispirarci tutti, per quanto possibile, sarebbe quella di una società in cui si pratica e si realizza un sentimento di solidarietà e di cooperazione tra le diverse classi sociali, senza paternalismi o contaminazioni puramente formali. Per mandare avanti il Paese serve l’operaio così come il professionista. Dunque, lo spirito di sacrificio dev’essere comune per tutte le categorie sociali, in virtù di un bene sociale che possa corrispondere a un ideale di giustizia in grado di realizzare anche una visione di ordine e di legalità. E cioè i principali obiettivi di una politica, al contempo, conservatrice e democratica. Non si rinunci al secondo principio in favore del primo, perché ciò renderebbe il nazionalismo conservatore un semplice metodo, uno strumento e non una finalità verso cui tendere. Perché è questo l’equivoco di fondo, qui da noi: si trasforma in un mezzo ogni obiettivo di programmazione. E si scambia per un fine, il mezzo con il quale ottenere una società più equilibrata, cioè il lavoro. Si tratta di un’equazione che può anche esser letta da destra, anziché solo da sinistra, garantendo il medesimo risultato: bisogna solo aver chiaro in testa di cosa stiamo parlando e cosa si vuol fare sin dall’inizio di ogni processo evolutivo. Si vuole una società più libera e giusta? Bene: quest’obiettivo può essere raggiunto anche da un governo di destra, senza che ciò faccia sentire ognuno vincolato da problemi propagandistici o di mera immagine, esponendolo a critiche di incoerenza. Non si tratta di una contraddizione reale, in questo caso, ma di modi distinti di raggiungere i medesimi obiettivi. Non è una gara. O per lo meno, non in senso univoco: una sinistra moderna può essere riformista e anche un po’ liberal; e una destra conservatrice può sorprendere se stessa, scoprendo come il terreno dei diritti civili e sociali non sia poi così ostico come si è sempre creduto. Il vero ‘signore’, o il borghese, tanto per usare un linguaggio ‘marxiano’, è amico del portinaio. E il vero proletario contempla, insieme ai suoi diritti, anche i propri doveri. L’importante è rinunciare al qualunquismo piccolo borghese dei ‘cafoni’ arricchiti, che raggiunto un obiettivo di realizzazione personale debbono, per forza, mostrarne i ‘segni’ in termini di status symbol o di narcisismo emotivo e irrazionale. Qui c’è in ballo ben altro discorso, sia per le destre, sia per la sinistra: uno sviluppo tecnologico che non può diventare funzionale unicamente a se stesso, ma incontrare i limiti e le regole delle culture umaniste. Per evitare di ritrovarci tutti, in un modo o in un altro, a servire la ‘macchina’. In una parola, per non ritrovarci tutti completamente appiattiti rispetto a una sorta di eresia neo-modernista gestita dai pochi, rispetto ai tanti destinati a soffrire le ingiustizie del mondo.




Direttore responsabile di www.laici.it


Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio