La festività del
1° maggio ci offre lo spunto per tornare a parlare delle condizioni di
lavoro nel nostro Paese. Una questione la quale s’interseca con il problema dei
contratti, che con le
destre al governo sembra destinato a mantenere l’attuale conformazione
selvaggia: un
ginepraio di formule utilizzate, soprattutto, nei rapporti a
tempo determinato. Un contesto che alimenta
soprusi e
ingiustizie, senza indicare soluzioni di
compromesso accettabili. Eppure il
lavoro, non a caso citato nel primo articolo della nostra
Costituzione, dovrebbe essere la principale
preoccupazione delle nostre forze politiche, per motivi che vanno al di là di ogni
logica contrattualista. Un’etica del
lavoro dovrebbe essere il
mezzo - e non una mera
finalità agognata - per la realizzazione del
cittadino. Anche e soprattutto in un’ottica
liberale, cioè partendo dai
meriti e dai
bisogni del
singolo individuo. Ciò vale – o dovrebbe valere - sia in termini di
sicurezza sui luoghi di lavoro, sia in un contesto collettivo di
diritti sociali e di
salari più congrui, in grado di difendere il
potere d’acquisto della moneta. Questo rimane il punto focale della
politica economica italiana, niente affatto in contraddizione con gli
ideali patriottici dell’attuale esecutivo. L’idea che dovrebbe ispirarci tutti, per quanto possibile, sarebbe quella di una società in cui si pratica e si realizza un sentimento di
solidarietà e di
cooperazione tra le diverse
classi sociali, senza
paternalismi o
contaminazioni puramente
formali. Per mandare avanti il Paese serve
l’operaio così come il
professionista. Dunque, lo
spirito di sacrificio dev’essere comune per tutte le
categorie sociali, in virtù di un
bene sociale che possa corrispondere a un
ideale di
giustizia in grado di realizzare anche una visione di
ordine e di
legalità. E cioè i principali obiettivi di una politica, al contempo,
conservatrice e
democratica. Non si rinunci al
secondo principio in favore del
primo, perché ciò renderebbe il
nazionalismo conservatore un semplice
metodo, uno strumento e non una
finalità verso cui tendere. Perché è questo
l’equivoco di fondo, qui da noi: si trasforma in un
mezzo ogni
obiettivo di
programmazione. E si scambia per un
fine, il
mezzo con il quale ottenere una
società più equilibrata, cioè il
lavoro. Si tratta di
un’equazione che può anche
esser letta da destra, anziché solo
da sinistra, garantendo il
medesimo risultato: bisogna solo aver chiaro in testa
di cosa stiamo parlando e
cosa si vuol fare sin dall’inizio di ogni
processo evolutivo. Si vuole una
società più libera e giusta? Bene: quest’obiettivo può essere raggiunto anche da un
governo di destra, senza che ciò faccia sentire ognuno
vincolato da problemi
propagandistici o di
mera immagine, esponendolo a critiche di
incoerenza. Non si tratta di una
contraddizione reale, in questo caso, ma di modi distinti di raggiungere i medesimi
obiettivi. Non è una
gara. O per lo meno, non in senso univoco: una
sinistra moderna può essere
riformista e anche un po’
liberal; e una
destra conservatrice può sorprendere se stessa, scoprendo come il terreno dei
diritti civili e
sociali non sia poi così
ostico come si è sempre creduto. Il
vero ‘signore’, o il
borghese, tanto per usare un linguaggio
‘marxiano’, è amico del
portinaio. E il vero
proletario contempla, insieme ai suoi
diritti, anche i propri
doveri. L’importante è rinunciare al
qualunquismo piccolo borghese dei
‘cafoni’ arricchiti, che raggiunto un obiettivo di
realizzazione personale debbono, per forza,
mostrarne i ‘segni’ in termini di
status symbol o di
narcisismo emotivo e
irrazionale. Qui c’è in ballo ben altro discorso, sia per le
destre, sia per la
sinistra: uno
sviluppo tecnologico che non può diventare
funzionale unicamente a se stesso, ma incontrare i
limiti e le
regole delle
culture umaniste. Per evitare di ritrovarci tutti, in un modo o in un altro, a
servire la ‘macchina’. In una parola, per non ritrovarci tutti completamente
appiattiti rispetto a una sorta di
eresia neo-modernista gestita dai
pochi, rispetto ai tanti destinati a soffrire le
ingiustizie del mondo.
Direttore responsabile di www.laici.it