Lo scorso mese di
marzo, la sonda spaziale
Hope, lanciata degli
Emirati Arabi Uniti, ha sorvolato
Deimos, uno dei due satelliti di
Marte, fotografandolo da circa
100 chilometri di distanza, quindi con immagini ad
alta risoluzione. Essendo la più lontana delle
Lune marziane, il piccolo
Deimos non era mai stato studiato. Soprattutto, sul suo lato nascosto.
Deimos è il più piccolo dei due satelliti naturali del
pianeta rosso. Ed è di
forma irregolare, tanto che molti scienziati lo hanno a lungo considerato un
asteroide. Esso possiede un'orbita quasi circolare a circa
23 mila 400 chilometri da
Marte, mentre il suo fratello maggiore,
Phobos, si trova
9 mila 300 chilometri circa di distanza. Nel corso del sorvolo, la sonda
Hope ha utilizzato tutti gli strumenti presenti a bordo per raccogliere dati, i quali hanno permesso, innanzitutto, di confermare che
Deimos non è un semplice asteroide proveniente da chissà dove e rimasto
intrappolato nell’orbita del
pianeta rosso, bensì un
‘pezzettino’ dello stesso
Marte finito in orbita per
motivi misteriosi. La sua struttura, infatti, è
molto simile e assai
compatibile con quella del quarto pianeta del nostro sistema solare. Da ciò, ovviamente, sono sorte tutta una serie di teorie circa la dinamica storica del pianeta
Marte: cosa gli è accaduto? Perché ha un atmosfera così
rarefatta? Perché è ricchissimo di
‘letti’ senza che in questi vi scorra
dell’acqua marziana? Quale tipo di
evento lo ha ridotto nelle sue
attuali condizioni? E come mai le sue
Lune gli assomigliano così tanto? Ha subito una
collisione? E
quando è successo tutto ciò? Tutte risposte che la missione spaziale degli
Emirati Arabi cercherà di fornire. Infatti, la
'Mars Hope al-Amal', è un’operazione dell'agenzia spaziale degli
Emirati Arabi Uniti, deputata allo studio dell'atmosfera di
Marte e del suo clima. Essa rappresenta la prima avventura nello spazio tentata da una nazione
araba. Voluta dallo sceicco
Khalifa bin Zayed Al Nahyan nel
2014, essa si avvale del contributo internazionale delle
Università del Colorado, dell'Arizona e della California a Berkeley, mentre il centro operativo della missione si trova a
Dubai, presso il
Mohammed bin Rashid Space Centre. La sonda è partita, nel luglio del
2020, dal
Giappone. E dopo un viaggio di
200 giorni, in cui ha percorso
493 milioni di chilometri a una velocità di oltre
100 mila chilometri orari, essa è entrata
nell’orbita marziana il
9 febbraio 2021. La sonda
Hope può esser definita come il primo vero
satellite metereologico marziano, poiché ha l’obiettivo di studiare proprio
l'atmosfera marziana, attraverso l'osservazione delle
variazioni climatiche giornaliere, quelle stagionali e tutti i qualsiasi
eventi meteorologici della bassa atmosfera marziana come, per esempio, le
tempeste di sabbia. I dati provenienti dalla sonda aiuteranno gli scienziati a comprendere meglio la
struttura e
l'evoluzione che
l'atmosfera marziana ha subito, dal momento in cui essa era in grado di sostenere la presenza di
acqua liquida sulla sua superficie. E come sia stato possibile che
l'acqua sul
pianeta rosso sia presente, oggi, solo sottoforma di
ghiaccio. La comprensione dei meccanismi che permettevano un tempo
all'atmosfera marziana di sostenere la presenza di
acqua liquida in superficie rimane un mistero ancora irrisolto. Le condizioni di pressione atmosferica attuale, ovvero
l'1% di quella terrestre, non permettono a
Marte di avere acqua allo stato liquido in superficie. Di conseguenza, gli scienziati ipotizzano che, in passato, esso avesse una
pressione atmosferica maggiore e più
spessa, probabilmente con
nubi di
anidride carbonica che riflettevano la
radiazione infrarossa del pianeta, contribuendo al suo
riscaldamento e, quindi, alle condizioni di temperatura e pressione in grado di
sostenere l'acqua liquida. Cosa caspita gli è capitato a
Marte? Si potrebbe tentare, in futuro, di riportarlo nelle sue
condizioni naturali? Insomma, può
Marte tornare a
risorgere, ritornando nelle sue
condizioni primordiali? Attualmente, la
sonda arabica ha completato la sua raccolta dati principale
dell'atmosfera marziana. E gli scienziati hanno utilizzato il combustibile rimanente, per mettere
Hope su un'orbita che intersechi quella di
Deimos molte volte, così da estendere ulteriormente le
ricerche scientifiche anche nei confronti di questo
satellite rimasto in circolazione
nell’orbita marziana. Probabilmente, dopo un
evento cataclismatico particolare.