Negli
anni ’80 del secolo scorso non c’erano gli
smartphone. Ma ci si divertiva lo stesso, anche senza farsi il
‘selfie’, il quale in realtà rappresenta un
elemento ‘pop’ che mal si accorda con determinate logiche
deontologiche e di
professionalità. Se ci si fa un
‘selfie’ con un
vip, il
giornalista decide di
occupare parte della scena. In sostanza,
entra in ‘campo’, senza mostrare alcun riguardo per il
personaggio portatore di notizie. In questi casi, il
giornalista è solo un
reporter e dovrebbe fare
un passo indietro. Nel
giornalismo radiotelevisivo, al contrario, si è
costretti ad apparire, a causa delle diverse esigenze di
conduzione. E si finisce
in campo per forza. Ma ciò non significa che
l’intervistato diventi un
amico di famiglia, facendo perdere
qualità al proprio
servizio giornalistico. E’ quindi buona cosa mantenere una
giusta distanza, anche nei casi di
evidente empatia umana. I ruoli devono
rimanere distinti, insomma, al fine di non perdere
credibilità professionale. Ciò significa che
l’infotainment degli anni ’80 è stato all’origine dell’esplosione di tutta questa attuale
autoreferenzialità: erano gli anni
dell’edonismo, della voglia di
affermarsi e
apparire. Ed era l’era in cui si diffusero i primi
computer, i
giochi elettronici materialmente
dentro casa, i
compact disk e i primi
canali televisivi commerciali. Dilagava il
consumismo e, fra le tante mode, fece un certo clamore l’avvento delle
fotografie istantanee. Non c’era più bisogno che qualcuno sviluppasse le
immagini impresse su una pellicola dentro una
camera oscura: esse
apparivano per conto loro. E le prime
Polaroid, che oggi fanno quasi sorridere per la loro
tecnologia ‘vintage’, si diffusero capillarmente. Esse vennero definitivamente
‘sdoganate’ da
Sidney Lumet, che in una scena del film
‘Il verdetto’, una pellicola che nel
1982 fece incetta di
riconoscimenti e
premi Oscar, mise tra le mani di
Paul Newman proprio una
Polaroid, al fine di fotografare la propria assistita in un processo. In quella scena venne posto un
tema ben preciso: la
funzione della
fotografia, che stava cambiando. Il personaggio interpretato da
Paul Newman, l’avvocato
Frank Galvin, nell'atto di
fotografare i danni subiti dalla sua assistita,
prende coscienza del proprio
ruolo professionale. La
Polaroid non serviva a
chiedere più soldi durante un
contezioso di malasanità, ma faceva apparire chiaramente, secondo per secondo, il
danno che una
povera partoriente aveva subito per un’evidente
negligenza medica. La funzione della
fotografia era, dunque,
mutata: usciva dal territorio delle
culture contrattualiste ed entrava nel campo di quelle
umaniste, che ponevano
problemi etici molto precisi. Quello era il messaggio che
Sidney Lumet cercò di fornire allo spettatore: il
progresso tecnologico dev’essere utilizzato
nel modo giusto. E le
culture umaniste devono poter
accompagnare lo sviluppo: è questo il tema che dobbiamo affrontare con urgenza, innanzi all’avvento
dell’intelligenza artificiale. Ci dobbiamo far trovare pronti con
norme e
strumenti di fronte
all’avanzamento tecnologico, non
negarlo di sana pianta. E’ un atteggiamento
puerile e
antipolitico, quello di
respingere il progresso. Così facendo si rischia solamente di favorire un
‘positivismo piatto’, la mera esaltazione di una
modernità priva di regole. Stessa cosa vale per le
tematiche ambientali relative al
cambiamento climatico, o lo sviluppo di nuove
tecniche per
curare il cancro e altre
gravi patologie. Insomma,
demonizzare il progresso non serve a nulla e, anzi, favorisce un
dispiegamento distorto dello
sviluppo tecnologico, che lo rende
funzionale unicamente a se stesso. Ed è per questo motivo che
facciamo nostre le parole del collega
Enrico Mentana, in merito alle notizie provenienti dalla casa farmaceutica
Moderna: “Oltre ad averci permesso di fronteggiare la pandemia di Covid 19, i vaccini a Rna messaggero aprono la strada verso altri vaccini che ci potranno preservare dai tumori e da tante altre malattie. Per i ‘No vax’ è la più rosea delle sconfitte: saranno salvati proprio da quel preparato che tanto hanno combattuto e dalle aziende che lo hanno prodotto. Hanno augurato la morte a chi si vaccinava: auguriamo anche a loro una lunga vita”. A piccole dosi.
Direttore responsabile di www.laici.it